Nel suo ultimo libro, edito in Italia da Einaudi, il giornalista francese fornisce il suo parere sul perché il nucleare non è un buon investimento per il clima.
Da consumare preferibilmente entro il 2068, parliamo del petrolio della Basilicata
La giunta di Vito Bardi proroga la concessione a Total fino al 2028. Ma il documento della Regione Basilicata prevede la possibilità di estrarre petrolio fino al 2068.
- Undici giorni dopo la scadenza del suo mandato, il presidente uscente della Regione Basilicata Vito Bardi concede la proroga a Total per continuare a estrarre petrolio nel giacimento Tempa Rossa.
- Il 21 e 22 aprile 2024 si vota per eleggere la nuova giunta regionale.
Il 5 aprile, la giunta regionale della Basilicata, sotto la guida di Vito Bardi, ha deliberato il rinnovo della concessione per i prossimi quattro anni dello sfruttamento del giacimento petrolifero Tempa Rossa, estendendo così l’autorizzazione fino al 2028. Una notizia che affligge chi da anni lotta contro l’estrazione e la lavorazione del petrolio. Ma ciò che desta maggior interesse e preoccupazione è la previsione di un’estensione ben più lunga: se i piani della Regione e delle aziende coinvolte, Total, Shell e Mitsui, andranno come previsto, l’estrazione del petrolio in Basilicata potrebbe continuare fino al 2068, ben 18 anni dopo il 2050, termine ultimo fissato dall’Unione europea per compiere la transizione ecologica che impone l’azzeramento delle emissioni dei gas prodotti dalle fonti fossili di energia.
Chi (e dove si) estrae il petrolio in Basilicata
La concessione per lo sfruttamento di Tempa Rossa fu concessa nel 1999, e dopo un lungo iter burocratico e di investimenti, le operazioni di estrazione iniziarono effettivamente nel gennaio del 2021. Total, nel suo piano di proroga, propone di scavare due nuovi pozzi, denominati Gorgoglione 3 e Gorgoglione 4, prevedendo una fornitura di 34 milioni di barili di petrolio.
Il giacimento di Tempa Rossa si estende su un territorio vasto che comprende i comuni di Corleto Perticara e Gorgoglione, con una superficie totale di poco più di 290 chilometri quadrati. La concessione prevede operazioni di scavo e trivellazione su questa vasta area, con impianti di trattamento del petrolio che occupano una superficie di circa 190mila metri quadrati.
La scoperta del petrolio nella valle del Sauro risale al 1989, quando la società belga Fina, successivamente acquisita dalla francese Total, identificò il giacimento per la prima volta, anche se la consapevolezza dell’esistenza di petrolio in Basilicata era già diffusa fin dall’inizio del Novecento. Oltre a Tempa Rossa, la regione ospita un altro importante giacimento chiamato Val d’Agri, con 27 pozzi, di cui venti di proprietà dell’Eni e sette della multinazionale britannica Shell. Nel 2021, Eni è stata condannata in primo grado a risarcire la Regione per danni da sversamenti nell’ambiente.
Entrambi i giacimenti trattano il greggio estratto dal sottosuolo in impianti chiamati “centro oli”, dove si raffinano petrolio, gpl e gas. Il metano raccolto durante l’estrazione, invece, viene convogliato nella rete di distribuzione e concesso gratuitamente alla Basilicata. Infatti, un accordo firmato tra la Regione e le compagnie petrolifere nell’agosto del 2022 prevede che i produttori mettano a disposizione della Basilicata 200 milioni di metri cubi di gas all’anno fino al 2029 in cambio della proroga delle attività di estrazione. Anche questo, quindi, potrebbe aver portato alla recente scelta della giunta di Vito Bardi a rinnovare le concessioni sull’estrazione di petrolio.
Così l’Italia continua a rallentare la transizione
Nella richiesta di proroga presentata a luglio, la Total ha scritto che è prevedibile una “coltivazione” del giacimento “in un arco temporale che si estende fino al 2068”. Inoltre, il documento approvato dalla Regione prevede costi significativi per mantenere in funzione gli impianti di Tempa Rossa fino al 2068: tra 100 e 120 milioni di euro all’anno fino al 2048 e tra 65 e 75 milioni di euro all’anno dal 2049 fino al 2068. Per quanto riguarda le royalty, cioè i proventi delle concessioni che l’azienda deve pagare alla Regione sulla base di quanto greggio viene estratto, si stima che saranno tra 20 e 60 milioni ogni anno, per un totale potenziale di 1,4 miliardi di euro fino al 2068.
Tuttavia, resta da vedere se i potenziali benefici economici compenseranno gli impatti sociali, ambientali ed economici a lungo termine di questa decisione. Su questo punto il dibattito non si è fatto attendere: mentre da una parte c’è chi mette in evidenza i benefici economici e occupazionali derivanti dall’estrazione del petrolio, dall’altra emergono le preoccupazioni ambientali e le critiche riguardo alla dipendenza continua da fonti fossili in un contesto di crescente consapevolezza ambientale e transizione energetica.
Infine, l’approvazione della proroga della concessione è avvenuta undici giorni dopo la scadenza del mandato della giunta regionale, sollevando interrogativi sulla tempistica e sulla trasparenza del processo decisionale. Con le elezioni regionali in programma il prossimo 21 e 22 aprile, la questione dell’estrazione petrolifera diventa un tema centrale della campagna elettorale.
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