Opinione

Elezioni in Francia. Perché l’estrema destra potrebbe non avere la maggioranza assoluta

Dopo il primo turno delle elezioni legislative in Francia, il quadro politico lascia immaginare che l’estrema destra potrebbe arrivare a una “non-vittoria”

I risultati del primo turno delle elezioni legislative in Francia hanno portato due certezze e una quasi certezza. Le prime due riguardano la maggioranza presidenziale e di governo, nonché le scelte dello stesso capo di Stato Emmanuel Macron.

La certezza dopo il primo turno delle elezioni in Francia: chi ha perso

Più ancora che un grande vincitore, a questa tornata elettorale c’è di certo un grande sconfitto, ovvero proprio il partito del presidente e i suoi alleati coalizzati sotto l’insegna di Ensemble pour la République. Il risultato dei centristi è infatti nettamente al di sotto sia di quello dell’estrema destra, che ha certamente vinto questo primo turno, sia di quello della sinistra, che si è presentata unita nel Nuovo Fronte Popolare.

Il presidente della Francia Emmanuel Macron
Il presidente della Francia Emmanuel Macron © Kay Nietfeld – Pool / Getty Images

La seconda certezza è legata al rischio che si è assunto in prima persona Macron con la decisione di sciogliere l’Assemblea Nazionale dopo le elezioni europee, clamorosamente perse, anch’esse, dal campo centrista. Un azzardo che ha lasciato sconcertati anche moltissimi dei suoi fedeli sostenitori, e che sta portando effettivamente il Rassemblement National, ovvero la destra estrema di Jordan Bardella e Marine Le Pen alle porte del potere.

Perché il partito nato dal nazifascismo potrebbe arrivare a una non-vittoria

La quasi-certezza è che, tuttavia, queste porte potrebbero alla fine rimanere chiuse per gli eredi del Front National. Ovvero del partito che fu fondato da Jean-Marie Le Pen, dalle ex Waffen-SS Pierre Bousquet e Léon Gaultier, da simpatizzanti neonazisti come François Duprat e nostalgici dell’Algeria francese come Roger Holeindre, membro dell’Organisation de l’armée secrète (Oas, gruppo terroristico clandestino che si stima responsabile della morte di 1.700 persone). Se gli eredi di questo ameno gruppetto di nazi-fascisti, oggi, sono la sempre sorridentissima figlia di Jean-Marie e un ragazzino pettinatissimo e firmato dalla testa ai piedi, le origini restano quelle. Ed è per questo che il Rassemblement National potrebbe vincere solo… se gli altri glielo permettessero.

Proviamo a tradurre tutto ciò in termini elettorali. Prima premessa: il sistema elettorale francese prevede uno scrutinio maggioritario con due turni, in ciascuna circoscrizione, al fine di eleggere i 577 membri dell’Assemblea Nazionale. Per essere eletti al primo turno i candidati devono ottenere almeno il 50 per cento più uno dei voti espressi (nonché un numero di suffragi uguale ad almeno il 25 per cento del totale degli iscritti sulle liste elettorali). Qualora in una circoscrizione data nessuno raggiunga tali soglie, è organizzato un ballottaggio al quale partecipano non solo i due candidati che erano arrivati in testa, ma anche quelli successivi a condizione di aver ottenuto un numero di voti pari ad almeno il 12,5 per cento degli aventi diritto. Così, in molte circoscrizioni si sono qualificati per il secondo turno tre, se non quattro candidati.

I ballottaggi possono essere anche a tre o quattro candidati

Complessivamente, mentre gli scrutini sono ancora in corso nella serata, su 286 circoscrizioni i cui risultati sono stati diffusi, ci sono soltanto 25 deputati eletti al primo turno (di cui effettivamente venti del Rassemblement National). Ad essi si aggiungono 151 “triangolari” e tre “quadrangolari”.

Seconda premessa: i risultati. Le stime a livello nazionale danno l’estrema destra in testa al primo turno con circa il 33,1 per cento dei voti; il Nuovo Fronte Popolare secondo con il 28 per cento; la coalizione presidenziale terza con il 20,3 per cento. In quarta posizione ci sono invece Les Républicains, ovvero i conservatori moderati, con il 10,2 per cento. E proprio su questi ultimi si gioca una prima partita.

Il partito, infatti, è reduce da una divisione interna lacerante, con il presidente Eric Ciotti che ha deciso di allearsi con Bardella e Le Pen, contrariamente a ciò che voleva la stragrande maggioranza dei dirigenti. Ebbene, nel 34 per cento raggiunto dal Rassemblement National, sono già di fatto conteggiati in molti casi i voti del “gruppo Ciotti”. È probabile, in altre parole, che il 10,2 per cento che ha votato per i conservatori moderati abbia di fatto già operato una scelta, rifiutando l’estrema destra. Al secondo turno molti di loro potrebbero astenersi. O perfino votare per un candidato di centro o di sinistra (magari se socialista moderato o ecologista) pur di fare “barrage” contro gli estremisti.

Macron e la sinistra ritireranno i candidati arrivati terzi, per unirsi contro il RN

La seconda partita si gioca poi, inevitabilmente, tra centristi e sinistra. E le scelte non si sono fatte attendere, soprattutto in vista dei tanti “triangolari” emersi dopo il primo turno. Il presidente Macron ha immediatamente lanciato un appello “di fronte al Rassemblement National, per una larga alleanza chiaramente democratica e repubblicana al secondo turno”. Poco dopo, il primo ministro Gabriel Attal è stato ancor più esplicito: “Questa non è una serata come le altre. L’estrema destra è alle porte del potere e dobbiamo impedire che abbia una maggioranza assoluta”. Perciò, i candidati di Ensemble pour la République arrivati in terza posizione “si ritireranno dalla corsa”, al fine di sostenere “un altro candidato che difenda come noi i valori della Repubblica”.

Contemporaneamente, il leader de La France Insoumise (gruppo preponderante numericamente nella coalizione di sinistra) Jean-Luc Mélenchon ha spiegato che “conformemente ai nostri principi e alle nostre posizioni sostanti, in nessun luogo permetteremo al Rassembement National di vincere. Ed è per questo che, dove l’estrema destra è in testa e noi siamo arrivati terzi, ci ritireremo”.

Perché le proiezioni sui seggi che circolano vanno prese con le pinze

È chiaro, in questo senso, che le tante “proiezioni” su possibili risultati in termini di seggi rischiano di lasciare il tempo che trovano. Una di quelle più diffuse in Francia – effettuata da Ipsos Talan per France Télévisions, Radio France, France 24/RFI e LCP – indica che le elezioni potrebbero concludersi con 230-280 seggi per l’estrema destra, 125-165 per la sinistra e 70-100 per il centro, con i conservatori moderati tra 41 e 61. Ma gli istituti demoscopici hanno esitato per settimane a pubblicare questi dati, proprio perché la situazione è estremamente fluida e incerta in Francia (d’altra parte, alle legislative del 2022 i sondaggi davano il Rassemblement National tra 10 e 40 seggi, mentre alla fine ne conquistò 89…).

Probabilmente, alla fine i “triangolari” potrebbero essere circa 300, e se davvero i “terzi” si ritireranno ovunque (o quasi), sarà estremamente difficile per il partito di Bardella e Le Pen riuscire a conquistare quei seggi.

Le tre conclusioni che si possono trarre (per ora)

Le conclusioni che si possono trarre sono perciò tre: primo, la politica francese è sempre più chiaramente divisa in tre grandi poli, ciascuno dei quali ha – a fasi alterne – circa un terzo dell’elettorato dalla propria parte. La seconda è che, malgrado la sua vittoria netta, l’estrema destra potrebbe ancora una volta perdere contro un “fronte repubblicano” che le impedirà di “sfondare”. Per avere conferme, in questo senso, occorrerà verificare le liste definitive dei candidati al secondo turno, ma sembra chiaro che se quel “fronte” terrà, il Rassemblement National potrebbe ottenere una maggioranza relativa, ma non assoluta.

Resta, certo, il dato politico di quasi 12 milioni di voti andati ad un partito ultra-radicale, dopo sette anni di presidenza centrista che si era presentata proprio come baluardo contro l’ascesa dell’estremismo lepeniano. È questa la terza conclusione, condita da un’affluenza alle urne in netta ascesa, soprattutto laddove i candidati del Rassemblement National sono andati meglio. Segno che l’estrema destra, di fatto, sembra essere riuscita a mobilitare il grande partito degli astensionisti, molto più di tutti gli altri partiti: un dato davvero estremamente preoccupante. Sul quale tutto il “fronte repubblicano” dovrebbe riflettere. Nessuno escluso.

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