Nuovo record per i combustibili fossili nel 2023, nonostante la crescita delle rinnovabili

Secondo i dati dell’Energy Institute, quello passato è stato l’anno che ha “bruciato” più energia di sempre: crescono sia il fossile che le rinnovabili.

  • Nel 2023 si è registrato il record assoluto globale di consumi di energia, con il 2 per cento in più dell’anno precedente.
  • Le fonti rinnovabili sono in grande ascesa, ma nonostante questo quelle fossili hanno toccato un nuovo record mondiale.
  • L’Europa è il continente più virtuoso, ma India e Africa sono ancora troppo legate alle fonti di energia tradizionali.

Nel 2023 il consumo globale di energia ha battuto il record assoluto, con un aumento del 2 per cento rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 620 exajoule. Dove un joule, unità di misura dell’energia, equivale alla potenza di un watt al secondo, mentre un exajoule è pari a un miliardo di miliardi di joule.

E così, per far fronte a tutta questa richiesta, nello stesso anno sono cresciute tantissimo le fonti rinnovabili, ma allo stesso tempo l’uso di combustibili fossili ha raggiunto il record globale. A lanciare quello che da una parte è un segnale di speranza e dall’altro un allarme per la sostenibilità sono i dati pubblicati nella 73a edizione annuale della Statistical review of world energy dell’Energy Institute in collaborazione con KPMG e Kearney.

Un pieno di energie (fossili)

Secondo il rapporto, il consumo di combustibili fossili nel 2023 è cresciuto dell’1,5 per cento, attestandosi a 505 exajoule, con il carbone in crescita dell’1,6 per cento e il petrolio del 2 per cento, superando per la prima volta i 100 milioni di barili.
Nonostante l’energia eolica e solare abbiano contribuito a spingere la produzione globale di elettricità rinnovabile a livelli record, rappresentando il 74 per cento di tutta l’elettricità netta aggiuntiva, i combustibili fossili costituiscono ancora l’81,5 per cento del mix energetico complessivo. Qui, a volere essere positivi, si può leggere una buona notizia, perché questo 81,5 rappresenta una leggera diminuzione rispetto all’82 per cento dell’anno scorso.

Le emissioni di CO2 derivanti dall’energia hanno superato per la prima volta le 40 gigatonnellate, con un aumento del 2 per cento. Questa situazione pone un serio interrogativo sulla capacità globale di mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici, come sottolineato dalla Presidente dell’Energy Institute, Juliet Davenport: “L’energia è fondamentale per il progresso umano, ma ora è anche fondamentale per la nostra stessa sopravvivenza: con un aumento della temperatura globale vicino a 1,5°C, il 2023 è stato l’anno più caldo dall’inizio delle misurazioni e gli impatti sempre più gravi dei cambiamenti climatici si sono fatti sentire in tutti i continenti. Il 2023 ha visto un consumo record di combustibili fossili e emissioni record di energia, ma anche una generazione record di energie rinnovabili, guidata da un’energia eolica e solare sempre più competitiva”.

Del resto, secondo la stessa Agenzia internazionale per l’energia, l’aumento della domanda globale di petrolio, gas e carbone è destinato a raggiungere il picco entro il 2030, quindi quello del 2023 potrebbe non essere ancora l’ultimo record negativo, nonostante sulla carta sia già iniziato il phasing out, la fase della progressiva uscita dal fossile.

La rincorsa dei Paesi in via di sviluppo

Il rapporto evidenzia anche che soprattutto i paesi in via di sviluppo stanno aumentando il loro uso di carbone, gas e petrolio. In India, il consumo di combustibili fossili è aumentato dell’8 per cento, rappresentando quasi tutta la crescita della domanda energetica, con una quota dell’89 per cento del consumo complessivo.

In Africa, i combustibili fossili rappresentano il 90 per cento del consumo energetico complessivo, mentre le energie rinnovabili (esclusa l’energia idroelettrica) rappresentano solo il 6 per cento dell’elettricità: un paradosso ma solo in teoria, per un continente in realtà ricchissimo di potenziali fonti energetiche naturali e rinnovabili, ma carente di investimenti e infrastrutture. Secondo l‘amministratore delegato dell’Energy Institute, Nick Wayth “il progresso della transizione è lento: nelle economie avanzate osserviamo i primi segnali di un picco della domanda di combustibili fossili” ovvero di un rallentamento parziale, in contrasto però “con le economie del Sud del mondo per le quali lo sviluppo economico e il miglioramento della qualità della vita continuano a guidare la crescita dei combustibili fossili”.

L’Europa virtuosa, ma non basta 

Come abbiamo visto, nel peso complessivo le rinnovabili sono comunque cresciute di più rispetto alle fonti fossili, il che lascia ben sperare: però, avvisa Simon Virley, vicepresidente e responsabile dell’energia e delle risorse naturali di Kpm nel Regno Unito, “con le emissioni di CO2 che raggiungono livelli record, è tempo di raddoppiare i nostri sforzi per ridurre le emissioni di carbonio e fornire finanziamenti e capacità per costruire più fonti energetiche a basse emissioni di carbonio nel sud del mondo, dove la domanda sta crescendo a un ritmo rapido”.

Interventi più decisi e coordinati per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e aumentare l’adozione di energie rinnovabili a livello globale: sembra essere questa la ricetta suggerita dal rapporto dell’Energy Institute. Con l’Europa che, pure tra mille polemiche e dietrofront sulle diverse direttive e leggi discusse o promosse, come l’ultima Nature restoration law, continua a fare la propria parte: per la prima volta dalla rivoluzione industriale, nel nostro continente i combustibili fossili sono scesi al di sotto del 70 per cento del consumo di energia primaria, spinti dal calo della domanda e dalla crescita delle energie rinnovabili. La domanda di gas in Europa, in particolare, ha continuato a crollare dopo l’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022, che ha causato il collasso delle importazioni di gasdotto in Europa. Secondo il rapporto, la domanda complessiva di gas è diminuita del 7 per cento nel 2023, dopo un calo del 13 per cento l’anno precedente.

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