Coding, ecco la nuova sfida dell’era digitale

Cosa c’è dietro a tutti i pulsanti che schiacciamo? Il mondo in cui viviamo ci chiede di iniziare a scoprirlo fin da piccoli, sia a scuola che a casa, semplicemente giocando…

Smartphone, tablet, smart tv, fotocamere digitali, applicazioni e videogiochi: in un mondo in cui la tecnologia è diventata l’inseparabile compagna del nostro vivere quotidiano, avvicinarsi fin da piccoli al linguaggio informatico è un passaggio piuttosto naturale. Un modo, questo, per diventare protagonisti consapevoli della realtà che ci circonda, non più subendola, ma riuscendo a interpretarla e addirittura scriverla. In altre parole l’epoca che stiamo vivendo chiede a tutti noi, e soprattutto alle nuove generazioni, un grosso sforzo: quello di mettere alla prova la nostra intelligenza per non limitarci più a essere semplici e passivi fruitori della tecnologia, ma di imparare le logiche del coding, ovvero del linguaggio informatico che si cela dietro a ogni pulsante che schiacciamo.

L'evento A scuola di coding organizzato da Clementoni al Museo della scienza e della tecnologia di Milano. I relatori: Pier Luca Lanzi Massimo Banzi Giovanni Clementoni Donatella Solda. moderati dal giornalista Giuseppe DeFilippi
I relatori Pier Luca Lanzi, Massimo Banzi, Giovanni Clementoni, Donatella Solda e il giornalista e moderatore Giuseppe De Filippi presenti all’evento A scuola di coding

Coding: impararlo giocando

Quale modo migliore per rendere tutto ciò possibile se non quello di inventare giocattoli che aiutino i bambini a prendere confidenza fin da piccolissimi con i primi elementi della programmazione? Tra le prime a credere in questo principio è stata Clementoni, azienda italiana che da più di cinquant’anni indirizza i suoi sforzi nel mondo del gioco educativo e che da cinque anni ha deciso di investire anche nell’ambito della robotica educativa, diventando leader del segmento in Europa.

Per parlare di queste tematiche l’azienda di Recanati ha recentemente organizzato, presso il Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, un interessante evento sul tema del coding e della robotica educativa legati all’apprendimento dei bambini.

A intervenire sull’argomento sono stati Giovanni Clementoni, AD dell’azienda, Pier Luca Lanzi, professore del Politecnico di Milano (Dipartimento di elettronica, informazione e bioingegneria), Massimo Banzi, co-fondatore del famoso Arduino e Donatella Solda, dirigente Miur (Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca) per la digital transformation.

Pur portando esperienze e prospettive differenti sul tema, tutti hanno concordato su una questione chiave: il fatto che esercitare il pensiero computazionale fin dall’età prescolare aiuti i bambini a sviluppare le capacità logiche, il pensiero critico e creativo e persino l’abilità nel risolvere problemi, con un beneficio generale sullo sviluppo delle competenze future.

Cambiare la mentalità: da fruitori a creatori di tecnologia

L’incontro è stato introdotto da un video messaggio del 2013 in cui Barack Obama faceva una vera e propria chiamata alle armi alle nuove generazioni della sua nazione: “Non comprate un nuovo videogioco, fatene uno voi!” declamava l’ex presidente degli Stati Uniti.

Un tentativo, quello del governo americano, di portare a un “cambio di mentalità”, come sottolineato in conferenza dal professor Lanzi: “In America ci sono state anche star dello sport e dei social che hanno voluto testimoniare come anche per loro non sia stato così difficile provare ad approcciarsi al coding e di come esso abbia cambiato le loro menti e la loro percezione della tecnologia”. Un modo per insistere sul fatto che chiunque può avvicinarsi al pensiero computazionale, pur non avendo una particolare preparazione o inclinazione per l’argomento.

L'evento  A scuola di Coding organizzato da Clementoni al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano
L’evento A scuola di Coding organizzato da Clementoni al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano

Scuola digitale: ecco come si sta muovendo l’Italia

Sulla scia di questo filone internazionale anche il nostro Paese ha voluto fare un grande sforzo, impegnandosi nel contesto sicuramente più idoneo per innescare una rivoluzione culturale tra le nuove generazioni: la scuola.

A parlare dei progetti messi in atto in questo campo in Italia dal Ministero dell’Istruzione è stata la dottoressa Donatella Solda, che ha presentato un primo bilancio del Piano nazionale per la scuola digitale, una politica che impegna oltre 1,2 miliardi di euro in un orizzonte temporale di 3-5 anni: “Il piano ha generato in un solo anno uno shock d’innovazione nella scuola italiana, avvicinandola in molti casi a livelli d’avanguardia globale. Solo per fare un esempio: dal 2015 oltre 1,3 milioni di studenti ha avuto un’esperienza di programmazione, collocando così l’Italia al secondo posto dopo gli Stati Uniti, per partecipazione alla campagna dell’Ora del codice (un’iniziativa nata per far sì che ogni studente, in ogni scuola del mondo, svolga almeno un’ora di programmazione ndr) e per numero di iniziative organizzate nella Settimana europea della programmazione – EU Code Week”.

Dati incoraggianti, che si uniscono a una serie di risultati registrati grazie all’iniziativa Programma il futuro (http://programmailfuturo.it/), realizzata dal Miur, (contestualmente al piano di riforma de #labuonascuola) con il Cini – Consorzio interuniversitario nazionale per l’informatica. Un piano pensato proprio per “fornire alle scuole una serie di strumenti semplici, divertenti e facilmente accessibili per formare gli studenti ai concetti di base dell’informatica”.

 

Una demo di Evolution Robot all evento A scuola di coding organizzato da Clementoni al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano
Una demo di Evolution Robot, uno dei nuovi robot Clementoni che insegnano ai bambini le logiche della programmazione informatica

I codici cambiano la logica resta

Particolarmente apprezzata da Donatella Solda è stata la scelta di Clementoni di investire sulla robotica educativa: “E’ sbagliato pensare che il rendimento scolastico dipenda esclusivamente dalle ore passate in aula. Un grosso peso lo hanno anche le attività con cui i ragazzi impegnano il loro tempo libero. Ecco perché il fatto che nascano strumenti ludici che fanno propri quegli stessi principi su cui si basano gli sforzi del progetto della scuola digitale è stata per noi la realizzazione di un sogno. Questo è il segno che non solo si sta trasformando il sistema scolastico, ma che stiamo andando tutti nella stessa direzione”.

E di sogni ha parlato nel corso della conferenza milanese anche Giovanni Clementoni: “La nostra azienda è nata per perseguire un sogno: fare giochi educativi. Mio padre (il fondatore Mario Clementoni ndr) diceva sempre che il modo migliore di imparare per i bambini è con il gioco. Su questo principio la nostra azienda si è evoluta fino ad oggi, tentando di interpretare il gioco educativo del suo tempo”.

Proprio in quest’ottica sono nati i nuovi robot umanoidi e i giochi della linea Scienza&Gioco Tecnologica che insegnano le basi della programmazione, muovendosi nello spazio, compiendo missioni e afferrando oggetti in base agli input dati dal bambino: “All’interno di questi giochi ci sono i contenuti di sempre, ma la differenza è che danno la possibilità al bambino di interpretare il gioco dal di dentro, introducendolo in questo mondo”, ha spiegato Giovanni Clementoni, “Quelli della mia generazione hanno in qualche modo subito la tecnologia, senza capirne la provenienza e le potenzialità. Oggi invece ingegneri e creativi mettono insieme le loro competenze per dare una rappresentazione nuova della realtà in un terreno comune che è proprio quello del coding”.

E se i sistemi e i tempi cambiano, i principi alla base della logica no: “Probabilmente tra vent’anni nessun programmatore userà gli stessi codici di oggi, ma il pensiero logico-computazionale resterà sempre lo stesso”, ha concluso Clementoni, in sintonia anche col professor Lanzi che ha raccontato: “Quando avevo 13 anni a scuola non ci facevano nemmeno toccare i computer, perché costavano troppo. Dettavamo gli algoritmi in italiano e il professore li traduceva in codice. Oggi i bambini hanno a disposizione tecnologie molto diverse da quella che avevamo noi all’epoca, ma l’approccio al problema è sempre lo stesso. Il concetto è imparare ad astrarre e pensare a cosa succederà. Se assorbi tutto ciò da quando hai quattro anni è ancora meglio.”

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