
Temendo la presenza di rifiuti tossici, la Groenlandia ha interrotto l’estrazione dell’uranio. Ora potrebbe essere costretta a ricominciare. O a pagare 11 miliardi di dollari.
Secondo un nuovo studio i consumatori sarebbero disposti a pagare di più se i marchi offrissero informazioni più dettagliate sui propri prodotti.
“Datemi la verità, invece che amore, denaro o fama”, scriveva in Walden ovvero Vita nei boschi il grande pensatore Henry David Thoreau, e sarebbe quello che pensano anche molti consumatori, almeno secondo il risultato di un nuovo studio.
Un nuovo studio condotto da Label Insight, ente che certifica la trasparenza tra marchi, distributori e consumatori, ha rivelato che la domanda dei consumatori per la trasparenza dei prodotti è in aumento. Gli acquirenti desiderano informazioni sempre più dettagliate sui prodotti che scelgono e sono inclini a essere più fedeli ai brand che forniscono le informazioni più chiare.
Label Insight ha effettuato un sondaggio su un campione di circa duemila consumatori, per comprendere cosa questi ultimi richiedono ad un marchio, i criteri in base a cui effettuano le loro scelte e in che modo le informazioni di cui dispongono influenzano il loro comportamento di acquisto e la fedeltà verso una specifica marca. Il 40 per cento degli intervistati sostiene che sarebbe disposto a passare ad un nuovo marchio, se offrisse una completa trasparenza sul prodotto. “Questo studio rivela ciò che più conta per i consumatori – ha dichiarato Patrick Moorhead, responsabile marketing di Label Insight – ed emerge una chiara correlazione tra la trasparenza del prodotto e la fiducia dei consumatori e una maggiore fedeltà alla marca”.
[vimeo url=”https://vimeo.com/160803542″]
Il 94 per cento degli intervistati ha detto di essere più fedele ad un marchio che offre la massima trasparenza, tale trasparenza è particolarmente richiesta ai prodotti alimentari. Le giovani mamme intervistate, tra i 18 e i 34 anni, sono quelle più interessate ad avere informazioni dettagliate sugli alimenti che acquistano. L’86 per cento di loro ha affermato di essere disposto a pagare di più per avere prodotti alimentari sicuri e trasparenti, mentre tra gli altri intervistati il 73 per cento ha espresso tale richiesta. Il 53 per cento delle giovani mamme ha infine dichiarato di utilizzare applicazioni per verificare le affermazioni riportate sulle etichette dei prodotti.
La maggior parte dei consumatori, il 77 per cento, ha dichiarato di ritenere una marca di cibo trasparente quando fornisce un elenco completo degli ingredienti utilizzati. Il 54 per cento chiede invece approfondite informazioni nutrizionali, mentre le certificazioni sono determinanti per l’acquisto per il 51 per cento degli intervistati. Altre informazioni richieste sono relative al metodo di produzione, importanti per il 40 per cento dei consumatori, e alla provenienza dei prodotti (35 per cento).
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Temendo la presenza di rifiuti tossici, la Groenlandia ha interrotto l’estrazione dell’uranio. Ora potrebbe essere costretta a ricominciare. O a pagare 11 miliardi di dollari.
Un elenco delle parole che l’amministrazione Trump sta scoraggiando o cancellando da siti e documenti delle agenzie federali, legate al clima e ai diritti.
L’organizzazione della Cop30 nella foresta amazzonica porta con sé varie opere infrastrutturali, tra cui una nuova – contestatissima – autostrada.
L’ex presidente delle Filippine è accusato di crimini contro l’umanità per le migliaia di omicidi extragiudiziali nell’ambito della sua lotta alla droga.
Incidente nel mare del Nord tra una petroliera e una nave cargo: fiamme e fumo a bordo, si teme lo sversamento di combustibile in mare.
Saudi Aramco, ExxonMobil, Shell, Eni: sono alcune delle “solite” responsabili delle emissioni di CO2 a livello globale.
A23a, l’iceberg più grande del mondo, si è fermato a 80 km dalla Georgia del Sud, dove ha iniziato a disgregarsi.
Una causa intimidatoria per fermare chi lotta per la difesa delle risorse naturali e contro le giganti del petrolio. È quanto sta vivendo Greenpeace per le proteste contro il Dakota access pipeline.
Si è appena conclusa a Roma la seconda parte della Cop16 sulla biodiversità. Tre giorni di negoziati che sembrano portare finalmente al raggiungimento di nuovi obiettivi per la tutela del Pianeta, sperando che non sia troppo tardi.