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Nuova frontiera, il mare aperto. Ecco la lista, stilata da Isac e Cnr, delle zone del Mare nostrum più adatte a ospitare impianti eolici offshore.
In generale, dando un’occhiata all’anemometro, l’Italia non è fortunata. Ci sono sì alcuni siti statisticamente più ventosi, alcune zone appenniniche, tutta la Puglia, l’estremità Ovest della Sicilia e le coste occidentali della Sardegna; ma è sempre bonaccia invece per l’intera costa tirrenica. E a volte le caratteristiche di variabilità direzionale e repentini cambiamenti d’intensità ne impediscono un possibile sfruttamento ottimale. Abbiamo un vento bizzoso, qui in Italia.
Per fortuna, per le questioni d’approvvigionamento energetico la dimensione più idonea su cui condurre ragionamenti è una più ampia visuale geopolitica, che esula dai confini nazionali.
Così ci vengono incontro due istituti di ricerca italiani, disegnando un’importantissima e precisissima “mappa del vento” non già italiana ma dell’intera area del Mediterraneo, contenente ottime indicazioni sulla forza del vento, punto per punto, centimetro per centimetro.
Il tutto corredato anche di un suggerimento finale. “Traslocare” le turbine verso il mare aperto.
Questo perché Stretto di Gibilterra, Bocche di Bonifacio, Sardegna, Sicilia, fino alle isole dell’Egeo si rivelano le zone del Mare nostrum più interessanti per lo sviluppo dell’energia eolica, quelle quindi che la dettagliata cartografia realizzata dall’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (Isac) e dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) ha individuato come le più adatte ad accogliere gli impianti eolici off-shore. Si tratta quindi di turbine a vento non impiantate su spiagge o montagne, bensì in mare aperto, cosa vista di buon occhio anche dagli ambientalisti più intransigenti perché annulla l’impatto paesaggistico sulla terraferma.
Gli impianti eolici offshore sono turbine a vento non impiantate su spiagge o montagne, ma in mare aperto: sistema ben visto anche dagli ambientalisti perché riduce l’impatto paesaggistico, e non interferisce con le rotte migratorie degli uccelli.
Inoltre i venti del mare, più intensi e meno turbolenti di quelli di terra, sono addirittura più vantaggiosi per la produzione d’energia elettrica.
“Da alcuni anni – spiega Alfredo Lavagnini, ricercatore dell’Isac di Roma – l’interesse alla installazione dei generatori eolici si sta spostando sempre più dalla terra al cosiddetto eolico offshore; questo perché il vento in mare è più intenso e meno turbolento che sulla terra, con effetti vantaggiosi sia sulla energia prodotta, che è l’aspetto più importante, sia sulla durata delle turbine… E le prospettive future fanno prevedere nei prossimi anni installazioni poggiate sui fondali fino a qualche centinaio di metri di profondità (oggi si arriva ad alcune decine di metri) e, successivamente, centrali eoliche su piattaforme ancorate al fondo marino”.
Di qui la necessità di localizzare le aree di maggiore potenzialità eolica.”Non essendo disponibili sufficienti misure sul mare, neanche da satellite – precisa Lavagnini – la mappa del vento da noi
realizzata deriva da prodotti modellistici, in particolare da 24 anni di analisi del modello di circolazione generale del centro meteorologico europeo di Reading (Ecmwf-European centre for
medium-range weather forecasts). I risultati finali dello studio sono stati poi confrontati con le misure sperimentali rilevate su boe, isole e navi in varie regioni del Mediterraneo”.
Con questa mappa del vento, l’eolico avrà una carta in più da giocare nella scommessa per il futuro energetico alternativo.
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