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Materiali preziosi e terre rare. Perché l’industria deve puntare ad un’economia circolare
L’economia europea è vulnerabile rispetto all’approvvigionamento di materie prime. Il riciclo può portare a: “Prezzi delle materie prime più stabili, tassi più alti di sviluppo tecnologico”.
Si tratta di elementi come il platino, l’indio, il tellurio, il cobalto e le terre rare ad essere oggi elementi di rischio per l’economia europea. In uno scenario che vede il “settore hi-tech assorbire una quota nella produzione globale di metalli per oltre 7 milioni di tonnellate ogni anno – pari a un valore economico superiore a 77 miliardi di dollari – è evidente che il recupero di materie rinnovabili da reimmettere nel ciclo produttivo diventi fondamentale per un’industria sostenibile”.
Materiali preziosi, una miniera che viene dall’economia circolare
È quanto emerge dal primo focus sulla circular economy (economia circolare), organizzato dal Consorzio Remedia in occasione del suo decennale. Il Consorzio si occupa di gestire i rifiuti elettronici giunti a fine vita, recuperando i materiali preziosi in essi utilizzati. Ad oggi ha gestito in totale quasi 290.000 tonnellate di rifiuti tecnologici, evitando l’estrazione di quasi 80 mila tonnellate di risorse minerali e fossili, il consumo e l’inquinamento d’acqua per un totale di 705 mila metri cubi e il consumo della superficie di suolo pari a 382 ettari di territorio. Oltre il 92 per cento dei rifiuti tecnologici raccolti e trattati nel 2014 è stato avviato a recupero. Di questi la metà è rappresentata dai metalli.
Numeri in grado di mostrare quale possa essere l’impatto di questo settore industriale, tanto più che la maggioranza dell’estrazione e produzione di terre rare è concentrata in pochi Paesi: Cina (90 per cento delle terre rare), Russia e Sudafrica (90 per cento del platino), Repubblica Democratica del Congo (cobalto), Brasile (77 per cento di neodimio).
Per questo è necessario focalizzare le risorse per lo sviluppo di un’economia circolare, che preservi il valore dei prodotti il più a lungo possibile, eliminando il concetto di rifiuto: “Prezzi delle materie prime più stabili, tassi più alti di sviluppo tecnologico grazie all’eco-innovazione, produttività e qualità ambientale del suolo, resilienza e occupazione sono alcuni dei benefici che la penetrazione sensibile dell’economia circolare può portare all’Europa. In particolare, per quanto riguarda le industrie di rigenerazione e riciclo rappresentano già un milione di posti di lavoro in tutto il mondo. Lo sviluppo di questo nuovo modello economico porterebbe una vigorosa crescita di questi numeri”, ha dichiarato Danilo Bonato, direttore generale di Remedia.
Scenario confermato anche dalle stime della Fondazione Ellen MacArthur: “per i prodotti industriali complessi, l’economia circolare nell’Ue offre un’opportunità di riduzione netta dei costi annuali dei materiali pari a 340-380 miliardi di dollari in uno scenario intermedio, mentre arriva a 520-630 miliardi di dollari nello scenario di transizione avanzata. Questa stima corrisponde al 3-3,9 per cento del Pil dell’Ue nel 2010”.
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