Almeno 46 persone sono morte in Kenya a causa del crollo di una diga situata a nord della capitale Nairobi. La rottura è avvenuta nella zona della città di Mai Mahiu, nella valle del Rift: la furia dell’acqua ha trascinato con sé numerose abitazioni e ha inondato le principali vie di comunicazione, rendendo complicati anche i soccorsi.
Il bilancio provvisorio delle vittime in Kenya è di 29 adulti e 17 bambini
Il gravissimo incidente è stato provocato dalle piogge torrenziali che dal mese di marzo hanno colpito a più riprese la zona. Il bilancio delle vittime è ancora provvisorio: a riferire i numeri è stato Joyce Ncece, responsabile delle operazioni di soccorso nella provincia di Nakuru, dove si trova la diga. Secondo le informazioni disponibili, si tratterebbe di 29 adulti e 17 bambini.
Several people have been taken to a health facility in Mai Mahiu due to flash floods affecting Kamuchiri Village.
The floodwaters are reported to have originated from a nearby river that broke its banks.
Il diluvio era stato previsto dai servizi meteo del Kenya: nella giornata di venerdì 26 aprile il governo aveva lanciato un appello alla popolazione a prepararsi. Al contempo, lo stesso esecutivo aveva fatto sapere che, a partire da marzo, a causa delle inondazioni nella nazione africana erano già morte 66 persone.
Il peso di El Niño sulle piogge torrenziali che colpiscono il Kenya
Occorrerà verificare quale sarà il prosieguo della stagione umida, cominciata appunto a marzo e che dovrebbe durare fino alla seconda metà di maggio o all’inizio di giugno. Non si tratta d’altra parte del primo caso: nel 2018 la rottura di una diga nella stessa provincia aveva provocato la morte di 48 persone.
Nell’Africa orientale, quest’anno le piogge si uniscono poi agli effetti del fenomeno meteorologico El Niño, che consiste nel riscaldamento della temperatura superficiale dell’oceano Pacifico centro meridionale e orientale. Un fattore che contribuisce a portare forti piogge soprattutto in alcune zone del Pianeta: la porzione meridionale degli Stati Uniti, l’America Latina, l’Asia centrale e, appunto, l’Africa orientale.
L’Alta corte di Londra ha riconosciuto i timori di processo ingiusto: Assange potrà ricorrere in un nuovo appello contro l’estradizione richiesta dagli Stati Uniti.
La Corte penale internazionale ha chiesto l’arresto del primo ministro di Israele Netanyahu, del ministro della Difesa Gallant e dei leader di Hamas per crimini di guerra.