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5 ragioni per cui coltivare ogm è pericoloso

Nel nostro Paese il dibattito sugli ogm si è ulteriormente acceso dopo che ben 39 associazioni si sono unite per spingere il Governo italiano e l’opinione pubblica a prendere una netta posizione rispetto alle coltivazioni biotech.   Le piante ogm coltivate nel mondo. La maggior parte delle specie geneticamente modificate coltivate globalmente sono la soia,

Nel nostro Paese il dibattito sugli ogm si è ulteriormente acceso dopo che ben 39 associazioni si sono unite per spingere il Governo italiano e l’opinione pubblica a prendere una netta posizione rispetto alle coltivazioni biotech.

 

Le piante ogm coltivate nel mondo. La maggior parte delle specie geneticamente modificate coltivate globalmente sono la soia, il mais, il cotone e la colza. Secondo quanto riporta la dottoressa Manuela Giovannetti, Professore ordinario presso il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa, ammontano a circa 176 milioni di ettari in tutto il mondo. Specie che trovano il loro utilizzo nell’industria e nella produzione di mangimi per gli allevamenti animali. Le loro caratteristiche sono quelle di essere immuni agli erbicidi e agli insetti patogeni.

 

Gli effetti ambientali. “Il dibattito sulla sicurezza degli ogm si ha fin dal 1998”, spiega la dottoressa Manuela Giovanetti. “Il tema è stato trattato da ben note riviste scientifiche che già allora si chiedevano quali potrebbero essere stati gli effetti ambientali a cui avremmo dovuto andare incontro”.

 

ogm
Il dibattito sugli ogm è tutt’altro che chiuso. Il mais è una delle specie vegetali più utilizzate. Scott Olson / Getty

 

1. Trasferimento dei geni modificati ai batteri del suolo

Questo è uno dei problemi che si era posta l’Oms già nel 1996, ovvero “quali possono essere i problemi per la salute umana?”. Soprattutto agli inizi i microbiologi utilizzavano dei frammenti di DNA in grado di produrre una certa resistenza agli antibiotici. Si è notato che questi frammenti passavano ai batteri del suolo per poi trasferirsi in batteri patogeni e quindi potenzialmente pericolosi per la salute. Per questo motivo questa pratica è stata via via abbandonata.

 

2. Ibridazione tra ogm e piante selvatiche

In gergo “outcrossing”. È uno degli aspetti più temuti, ovvero “piante della stessa specie ma non ogm possono venire contaminate?”. La risposta è sì. Ad esempio la colza ha un raggio di ibridazione di ben 3 chilometri, per il mais invece si va dai 50 metri ai 200-300 metri. La domanda resta aperta “Quali sono i limiti della coesistenza?”.

3. Nascita di super infestanti

In questo caso la contaminazione avviene tra specie diverse (ad esempio mais-infestante), ovvero il frammento che porta la resistenza agli erbicidi va ad ibridare proprio le specie che si vogliono debellare. È quello che si è e si sta registrando in varie monoculture intensive, dove alcune piante hanno registrato una resistenza tre volte superiore al normale. Ciò porta ad un massiccio uso di pesticidi.

 

4. Nascita di insetti super resistenti

Per resistere agli insetti dannosi, il DNA delle piante è stato integrato con un gene estratto da un particolare batterio, in grado di uccidere le larve degli insetti fitofagi. Queste piante producono una neuro tossina, mortale per gli insetti che si nutrono di esse. Qual è il problema? Che questo ha causato quella che in gergo viene definita “pressione selettiva”, ovvero la selezione naturale di insetti resistenti alla tossina. Ora gli agricoltori per affrontare il problema devono realizzare delle aree cuscinetto coltivate con piante non modificate, in modo tale da poter diminuire la pressione selettiva e di conseguenza “controllare” le nascite di insetti super resistenti.

 

5. Rilascio tossine transgeniche nel suolo

Le tossine prodotte dalle piante ingegnerizzate vengono rilasciate attraverso le radici. Dai tessuti radicali passano così al suolo, dove rimangono attive molti giorni dopo il raccolto.

 

Bibliografia:

1.Frank Gebhard, Cornelia Smalla. 1998. Transformation of Acinetobacter sp. Strain BD413 by Transgenic Sugar Beet DNA.

2.Ellstrand N. C. 2001. When transgenes wander, should we worry? Plant Physiology, 125, 1543-1545.

Rieger et al. 2002. Pollen-mediated movement of herbicide resistance between commercial canola fields. Science, 296, 5577, pp. 2386 – 2388

Stewart et al. 2003. Genetic modification: Transgene introgression from genetically modified crops to their wild relatives. Nature Reviews Genetics 4, 806-817.

3.MacArthur M. 2000. Triple-resistant canola weeds found in Alberta. The Western Producer.

4. The Economics of Within-Field Bt Corn Refuges, AgBio Forum, 2000).

Insect resistance to Bt crops: evidence versus theory. Tabashnik, Gassmann, Crowder, Carrière. Nature Biotechnology, February 2008.

5.PNAS. Field-evolved resistance by western corn rootworm to multiple Bacillus thuringiensis toxins in transgenic maize. 2014

Insecticidal toxin in root exudates from BT corn. Nature. Vol. 402. December 1999.

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