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Trento, quando immigrazione e integrazione funzionano
A Trento due storie di integrazione. Quella di Boubakari, rifugiato scampato dalla guerra e Rodica, che ha lasciato la propria terra per stabilirsi in Italia. Ora gestiscono entrambi un’attività.
Quella di Demelle Boubacary, 23 anni del Mali, è una storia come ce ne sono a centinaia. Un viaggio lungo mesi, attraverso il Sahara prima, per arrivare a Tripoli e infine in Italia via Lampedusa. Solo che il finale questa volta è diverso. A Trento oggi gestisce un negozio, lavora stabilmente e ha messo su famiglia.
Boubakari scappa dal Mali a soli 17 anni. Direzione Libia, da raggiungere attraverso il deserto. “Nel Sahara ho perso molti amici”, racconta col viso contrito e gli occhi che ripercorrono chissà quali immagini e ricordi. Ricordi ancora vivi perché il racconto si blocca immediatamente.
Un viaggio lungo una vita
Una volta arrivato in Libia, precisamente a Tripoli, il ragazzo trova lavoro. Si stabilisce. Nel 2011 cade il Governo Gheddafi e nel Paese scoppia la guerra civile. “Qui dovevo scegliere. O morire combattendo o morire in mare”. Gli amici lo spingono a prendere il largo, nonostante le riserve del giovane.
Arrivato a Lampedusa, Boubakari viene portato a Genova via nave per poi partire alla volta del centro di prima accoglienza di Marco di Rovereto, in provincia di Trento. Qui comincia il percorso per la richiesta d’asilo. Percorso seguito da Cinformi (Centro informativo per l’immigrazione), unità operativa del Dipartimento della Salute e Solidarietà sociale della Provincia autonoma di Trento, che lavora nelle procedure amministrative per i documenti di soggiorno e per favorire l’integrazione di quelli chiamati come “migranti forzati”.
I migranti vengono così seguiti in un percorso non solo burocratico, ma formativo, cercando di impiegare al meglio il tempo a disposizione e fornendo loro degli strumenti per muoversi sul territorio. Per imparare la lingua e trovare magari un primo impiego.
Quando immigrazione significa integrazione
A questo punto Boubakary insieme all’amico Fofana Soma Makan, incontrato nel viaggio da Lampedusa e Genova, pensano in grande e decidono di aprire un’attività in proprio. Partecipano così al progetto “Re-Lab: start up your business” sostenuto dal Fondo Europeo per i Rifugiati e, sempre seguiti da Cinformi, vincono un finanziamento per avviare “All’ombra del Baobab”, un piccolo negozio di prodotti tipici africani, dove oggi vendono dal cibo agli accessori d’abbigliamento. La volontà di vivere, di costruirsi un futuro è stata più forte: “A me non interessava un Paese in particolare. Ma la mia dignità. La possibilità di vivere e lavorare”.
Dalla Moldavia al Trentino
Rodica viene dalla Moldavia e a Trento ha potuto realizzare il sogno che aveva da bambina: gestire un negozio di alimentari. In questo caso di prodotti tipici russi, moldavi, ucraini. Parla correntemente tre lingue – russo, ucraino e italiano – e sta imparando la quarta, il romeno. Anche in questo caso è grazie al sostegno offerto da Cinformi che la giovane donna ha potuto seguire un percorso formativo e conoscitivo su come iniziare un’attività imprenditoriale e poter così accedere ai fondi messi a disposizione dalla Provincia per l’avvio di nuove attività imprenditoriali.
“A Trento ci sono molte persone dell’Est Europa”, racconta Rodica. “Quando entrano nel mio negozio hanno l’opportunità di vedere qualcosa del loro Paese, qualcosa che gli ricorda casa”. Certo si tratta di una scommessa un rischio. “Ma quando un lavoro si fa col cuore allora tutto si alleggerisce e si trovano le forze per far sì che tutto vada al meglio”.
Due storie diverse, ma in fondo simili. Di chi lascia la propria terra, spesso costretto, per coltivare una speranza per il futuro. Non ci sono soluzioni oggettive uguali per tutti. Ma queste storie mostrano che l’accoglienza, la formazione e l’integrazione è possibile. Non ci sono alternative.
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