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Acqua, dov’è finito l’emendamento che garantiva la gestione pubblica
Nel 2011 si è votato per diversi referendum. Insieme al quesito sul nucleare e a quello sul “legittimo impedimento”, due erano sull’acqua pubblica. Il più importante chiedeva l’abrogazione della possibilità di concedere ad aziende private la gestione dei servizi idrici. Passò con il 95 per cento dei sì e l’affluenza fu pari al 55 per
Nel 2011 si è votato per diversi referendum. Insieme al quesito sul nucleare e a quello sul “legittimo impedimento”, due erano sull’acqua pubblica. Il più importante chiedeva l’abrogazione della possibilità di concedere ad aziende private la gestione dei servizi idrici. Passò con il 95 per cento dei sì e l’affluenza fu pari al 55 per cento.
Con lo scopo di recepire l’esito del referendum un gruppo di deputati del Partito democratico (Pd), Sinistra, ecologia e libertà (Sel) e Movimento 5 stelle (M5s), hanno poi presentato una proposta di legge, che in realtà risale al 2007, il cui articolo 6 dispone l’affidamento del servizio idrico esclusivamente a enti di diritto pubblico.
La novità di cui si parla in questi giorni riguarda l’emendamento approvato dal Pd, col parere positivo del Govern, in Commissione ambiente alla Camera dei deputati che cancella l’articolo 6 e dispone l’affidamento diretto del servizio idrico solo “in via prioritaria” – non più esclusiva – a società interamente pubbliche. Resterebbe così la possibilità per i privati di entrare nella gestione del servizio idrico, anche se non “in via prioritaria”.
La polemica politica
I deputati del M5s e quelli del gruppo parlamentare Sinistra italiana hanno protestato, ritirando la propria firma al disegno di legge (ddl) e lanciando l’hashtag #AcquaNonSiVende. Inoltre, su Twitter ricordano che il governo oggi vuole privatizzare l’acqua, “ma nel 2011 tra i 27 milioni di votanti c’era anche Renzi”.
Il Governo oggi vuole privatizzare l’acqua, ma nel 2011 tra i 27mln di votanti c’era anche Renzi. #AcquaNonSiVende pic.twitter.com/EykjHd9KPx
— M5S Camera (@M5S_Camera) 15 marzo 2016
“Il nostro interesse è che sia garantito un servizio di qualità per tutti gli italiani […] e che siano create le condizioni perché si facciano gli investimenti necessari”, ha detto Chiara Braga, responsabile ambiente del Pd. “Non sapendo più cosa dire nel merito i grillini la buttano ‘in caciara’ per tentare di consolidare una leggenda metropolitana confezionata dalla Casaleggio e associati, e cioè che il Pd starebbe tradendo il referendum”, ha affermato, invece, Enrico Borghi, deputato democratico.
Norme troppo vaghe
La norma cancellata dall’emendamento del Partito democratico prevedeva per le imprese che gestiscono il servizio idrico, l’obbligo di diventare aziende completamente pubbliche; estromettendo così del tutto le imprese private e quelle in compartecipazione pubblico-privato.
Ora, secondo il Servizio studi della Camera dei deputati, questa parte del disegno di legge sarebbe scritta in modo troppo vago, in particolare quando prescrive di trasformare le società idriche da società per azioni in “enti di diritto pubblico”, senza specificare meglio come.
Inoltre, sempre secondo lo stesso ente, non sarebbero chiari l’ammontare di spesa e la relativa copertura finanziaria per acquistare o rimborsare le quote di capitale delle società idriche in mano ai privati. I promotori della legge avevano previsto che queste spese avrebbero dovuto essere finanziate tramite “anticipazioni della cassa Depositi e Prestiti”. I tecnici di palazzo Montecitorio fanno notare che non viene però specificato quanto l’operazione potrà costare, né come e quando tali anticipazioni sarebbero restituite.
Non meno generico risulta, però, l’emendamento Pd che cancella il controverso articolo 6 del disegno di legge. Secondo il nuovo testo, infatti, il servizio idrico andrà affidato in “via prioritaria” a soggetti pubblici. Un’espressione troppo vaga per il ministero dello Sviluppo economico che ha espresso parere negativo all’emendamento.
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