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Fabrice Weissman, di Medici senza frontiere, attacca dopo l’ennesimo bombardamento subito dalle strutture dell’organizzazione umanitaria.
“Siamo preoccupati. Non si tratta di un singolo episodio ma di una serie. Una lunga serie”. Fabrice Weissman del Centro di riflessione sull’Azione e i Saperi umanitari, think tank della divisione francese di Medici Senza Frontiere, commenta con amarezza l’ennesimo attacco subito dalle strutture e dal personale dell’associazione.
Teatro dell’ultima carneficina, il 15 febbraio, il territorio settentrionale della Siria, tra le città di Aleppo e Idlib. Alcuni raid aerei hanno colpito due scuole e cinque ospedali, tra cui quello situato a Ma’arat Al Numan, gestito da Msf, che è stato centrato da quattro razzi. Farhan Haq, portavoce del segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha spiegato che il bilancio – ancora provvisorio – è “di quasi cinquanta civili uccisi, inclusi dei bambini”.
Secondo quanto riferito da Medici senza frontiere, nell’ospedale a perdere la vita sono state sette persone: cinque pazienti (tra i quali un bambino), un accompagnatore e un guardiano. Tre membri del personale dell’organizzazione umanitaria sono stati feriti e due risultano dispersi, mentre altri pazienti mancano ancora all’appello. “La distruzione dell’ospedale impedirà alle circa 40mila persone che vivono nella zona di potersi curare. Ad oggi, non sappiamo se la struttura riaprirà in un altro luogo”, ha dichiarato Massimiliano Rebaudengo, capo della missione di Msf.
“Ciò che sta accadendo – prosegue Weissman – è inquietante. Non è una novità che durante i conflitti armati vengano colpite anche strutture civili, comprese quelle sanitarie. Ma siamo stati attaccati più volte nello Yemen, poi in Afganistan e adesso in Siria. Questa è una strategia del terrore che punta a lanciare un messaggio alla popolazione, ovvero che non si è sicuri mai, in nessun luogo. Neppure negli ospedali”.
“Ma quello che spaventa di più – aggiunge – è che dietro a tutto questo non ci siano bande incontrollate, ma nazioni potenti. È stato così con gli Stati Uniti in Afganistan, con la coalizione guidata dall’Arabia Saudita nello Yemen e ora con il bombardamento in Siria, che con ogni probabilità è opera del governo di Assad, fiancheggiato dalla Russia”.
L’ospedale di Ma’arat Al Numan era dotato di trenta letti, due blocchi operatori, un servizio di consulenza e una sala di pronto soccorso. Impiegava cinquantaquattro persone ed accoglieva circa 1.500 pazienti al mese.
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