Grazie al Protocollo di Montréal abbiamo ritardato di 15 anni uno degli effetti più gravi del riscaldamento globale: la fusione totale dei ghiacci artici.
Come fanno i CFC a ‘bucare’ l’ozono?
Cerchiamo di capire come gas naturali e i prodotti chimici, tra cui azoto e cloro, producono una riduzione dello strato di ozono.
Da sempre l’ozono ha alcuni nemici naturali presenti nell’atmosfera. Uno di questi è l’azoto (N). Inoltre nell’ultimo secolo lo è diventato anche il cloro. Infatti a causa dell’uomo esso è aumentato di concentrazione, fino a spezzare il delicato equilibrio esistente nella stratosfera.
Vediamo in dettaglio come i CFC, combinandosi con le molecole di ozono, provochino l’assottigliamento dello strato di ozono:
L’immissione di cloro nella stratosfera avviene tramite i CFC (clorofluorocarburi). I CFC (composti da cloro, fluoro e carbonio) hanno una vita media piuttosto lunga che ne facilità l’accumulo e non reagiscono facilmente con altre sostanze. Infatti vengono scomposti solamente dalla radiazione solare che ne scinde la molecola liberando così il cloro (Cl).
Una volta libero, il cloro è in grado di reagire con l’ozono (O3) sottraendogli una molecola d’ossigeno (O) e formando così monossido di cloro (ClO) con liberazione di ossigeno(O2)
Cl+O3 = ClO + O2
La molecola di monossido di cloro (ClO) quando incontra un’altra molecola d’ossigeno (O) si scinde, liberando nuovamente il cloro (Cl), che è libero di “distruggere” un’altra molecola di ozono (O3) realizzando così il ciclo catalitico del cloro.
ClO + O = Cl + O2
La produzione industriale di CFC è cominciata negli anni 20 e il perpetuarsi di questo ciclo nel corso degli anni ha fatto sì che si sia verificata una riduzione media del 3% dell’ozono.
Fortunatamente anche il cloro ha i suoi “nemici naturali”, come il metano (CH4), grazie ai quali lo strato naturale d’ozono potrà tornare a formarsi in un arco di tempo di circa 50 anni a partire dal momento in cui l’utilizzo dei CFC e similari
cesserà completamente in tutto il mondo.
L’appellativo di “buco” è dovuto al fatto che la riduzione non è uniforme su tutto il pianeta, ma infatti si concentra prevalentemente sul continente antartico con riduzioni che hanno raggiunto anche il 70%. Gli ultimi dati sono fortunatamente buoni, infatti il buco dell’ozono si sta chiudendo.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Il buco dell’ozono si sta chiudendo. Un risultato ottenuto grazie alla cooperazione tra stati e l’applicazione di accordi ambientali. Un esempio da seguire.
Uno studio ha dimostrato che la stratosfera si è ridotta di 400 metri negli ultimi 40 anni e continuerà a farlo se non diminuiranno le emissioni di CO2.
Il buco dell’ozono che si era sviluppato sopra l’Antartide a partire da agosto è stato uno dei più ampi e tenaci di sempre.
Il servizio europeo Copernicus ha spiegato che il buco dell’ozono nel 2020 è tornato ad essere uno dei più ampi e profondi degli ultimi anni.
Secondo l’Ipcc, l’ozono troposferico e il black carbon contribuiscono direttamente al riscaldamento globale. Combattere per un pianeta meno inquinato significa quindi contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico e a salvare gli ecosistemi.
Secondo le previsioni scientifiche, il buco dell’ozono quest’anno sarà particolarmente ridotto, per via di un fenomeno stratosferico.
Le indicazioni fornite dagli scienziati nel 2016 sono state confermate da uno studio delle Nazioni Unite: il buco dell’ozono si sta chiudendo.
In una dichiarazione pubblicata sulla rivista scientifica americana Bioscience, oltre 15mila scienziati di 184 Paesi, valutando i progressi dal 1992 a oggi, concludono che presto “sarà troppo tardi” per salvare la Terra. L’appello è firmato esattamente da ben 15.364 studiosi. Nel 1992 la Union of Concerned Scientists aveva radunato più di 1700 scienziati e lanciato il “World Scientists’ Warning