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Il New deal europeo su clima e energia che guarda al 2030

L’annuncio è arrivato il 24 ottobre, intorno all’una, con un tweet di Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio europeo, dopo una riunione durata diverse ore. L’Unione europea ha nuovi obiettivi di riduzione della CO2, di incremento dell’efficienza energetica e di aumento del fabbisogno energetico coperto dalle rinnovabili.   Deal! At least 40% emissions cut by

L’annuncio è arrivato il 24 ottobre, intorno all’una, con un tweet di Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio europeo, dopo una riunione durata diverse ore. L’Unione europea ha nuovi obiettivi di riduzione della CO2, di incremento dell’efficienza energetica e di aumento del fabbisogno energetico coperto dalle rinnovabili.

 

 

Il nuovo pacchetto clima e energia che andrà a sostituire il famoso, quanto ormai superato, 20-20-20 ha i seguenti obiettivi.

 

 

Primo. Riduzione delle emissioni di CO2 del 40 per cento rispetto ai livelli registrati nel 1990. È un target vincolante per i 28 paesi che fanno parte dell’Unione europea. Finora l’obiettivo era una riduzione dei gas serra del 20 per cento entro il 2020.

 

Secondo. Energia pulita. L’Unione europea si impegna a coprire il fabbisogno elettrico per il 27 per cento da fonti di energia pulite, rinnovabili. Oggi la quota è ferma al 14 per cento. Questo significa che entro i prossimi 15 anni la produzione di energia rinnovabile dovrà raddoppiare.

 

Terzo. Efficienza energetica, anche in questo caso lo spreco di energia dovrà essere tagliato del 27 per cento, ma questa quota potrà essere rivista in base alle oscillazioni dei consumi energetici e alle nuove tecnologie. Non è un caso che questo obiettivo verrà rivisto tra cinque anni, nel 2020, tenendo presente che la speranza dell’Ue è di arrivare a un taglio degli sprechi del 30 per cento rispetto al 1990.

 

L’efficienza energetica, poi, si lega a un altro target molto caro all’Unione europea: ridurre la dipendenza energetica da paesi extra europei e quindi la bolletta energetica. Nel 2012, infatti, le importazioni hanno pesato per il 53 per cento del fabbisogno energetico europeo, per una spesa complessiva pari a un miliardo di euro al giorno, un quinto di tutti i soldi usciti dalle casse di Bruxelles per le importazioni. L’88 per cento di tutto il petrolio consumato è stato importato, così come il 66 per cento di gas naturale. Per non parlare dell’uranio che va ad alimentare le centrali nucleari presenti in Europa: il 95 per cento proviene dall’estero, tra cui Australia e Canada.

 


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© Carl Court/Getty Images

Secondo Van Rompuy, quest’ultimo punto è strettamente legato a un quarto obiettivo: creare una rete elettrica orizzontale tra paesi dove le connessioni dovranno essere pari al 15 per cento entro il 2030. Questo significa che per 100 megawatt di elettricità prodotta, ogni paese avrà la possibilità di importare o esportare 15 megawatt ai paesi confinanti. Le interconnessioni servono sia come assicurazione in caso di un calo improvviso della produzione di energia “domestica”, cioè prodotta all’interno del paese, sia per migliorare il mercato europeo perché finalizzato a limare eccessi o riduzioni della domanda e dell’offerta di energia.

 

Immagine in evidenza: il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy © Rob Stothard/Getty Images

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