Le emissioni di gas serra continuano a crescere senza sosta e senza paura. Perché i primi a essere incoscienti e a sfidare il clima siamo noi.
La Cop 21 al via tra promesse, appelli, arresti. E una certezza: non si può fallire
Atmosfera tesa a Parigi alla vigilia della Cop 21: la polizia ha reagito ad una manifestazione non autorizzata in place de la République. Decine di arresti.
La conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, Cop 21, prende il via ufficialmente nella mattinata di lunedì 30 novembre, con gli interventi dei capi di stato e di governo. Ma già nel pomeriggio di domenica le delegazioni di 196 paesi partecipanti hanno effettuato la prima riunione plenaria, che ha rappresentato – di fatto – l’avvio dei negoziati.
Il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, ha lanciato un appello ai rappresentanti degli stati presenti: “Alla conferenza di Durban ci siamo impegnati ad ottenere un accordo che possa limitare la crescita della temperatura media globale a due gradi centigradi, entro la fine del secolo. Per farlo, serve un forte impulso politico: è questo che chiedo ai 150 capi di stato e di governo che prenderanno la parola in occasione dell’inaugurazione della conferenza”.
I delegati hanno a disposizione due settimane per tentare di trovare un accordo. Il tutto si svolge in un immenso spazio realizzato a Le Bourget, qualche chilometro a nord di Parigi. Centinaia di padiglioni, decine di sale per riunioni, sessioni plenarie, incontri riservati, conferenze stampa. Un’area, chiamata “Generazione clima”, è interamente dedicata alle organizzazioni non governative. Attorno, un enorme dispiegamento di forze dell’ordine, controlli serrati ad ogni ingresso. L’intero sito, da sabato, non è più territorio francese: fino alla fine dell’evento è gestito direttamente dalle Nazioni Unite.
L’atmosfera non è certamente distesa. Dopo gli attentati del 13 novembre, il governo francese ha deciso di imporre uno “stato d’emergenza” in tutta la nazione. Nei giorni precedenti all’avvio della Cop 21, a ventiquattro militanti ecologisti è stata imposto l’obbligo di residenza lontano da Parigi: dovranno presentarsi in commissariato tre volte al giorno e non potranno uscire di casa durante la notte, fino al 12 dicembre (giorno successivo alla chiusura della conferenza dell’Onu). Secondo Reporterre, quotidiano transalpino di riferimento per l’informazione ambientalista, i ragazzi (tutti di età compresa tra ventisette e trent’anni, ha spiegato il giornale) “sono stati trattati come terroristi”. Il loro avvocato ha parlato di “attentato alla libertà di manifestare”. Mentre la segretaria del partito Europe Ecologie – Les Verts, Emmanuelle Cosse, ha spiegato che “è inaccettabile che degli ecologisti diventino dei bersagli”.
In città, la tensione non ha tardato a manifestarsi: nel primo pomeriggio di domenica alcune migliaia di attivisti hanno sfidato il divieto di organizzare manifestazioni imposto dal governo. Place de la République, che avrebbe dovuto essere teatro della Marcia mondiale per il Clima delle associazioni, è stata invasa da decine di migliaia di scarpe: un paio sono state inviate anche da papa Bergoglio. Un modo per dire: “Noi ci siamo comunque”.
Dopo alcune ore, però, alcune decine di persone si sono mischiate ai manifestanti pacifici, tentando di forzare i posti di blocco della polizia, che nel frattempo aveva circondato l’area. Ne sono scaturiti scontri e lanci di lacrimogeni: quasi trecento persone sono state fermate dagli agenti.
Assieme alla Marcia mondiale centinaia di eventi sono stati annullati nella capitale transalpina. La società civile è stata perciò costretta a riorganizzare la propria mobilitazione. Il primo obiettivo dichiarato dalle associazioni è di diventare i “whistleblower” (lanciatori d’allerta) della Cop 21: “Saremo i portavoce delle popolazioni più vulnerabili e meno ascoltate del pianeta. Seguiremo tutti i dibattiti: ogni volta che nei negoziati ci sarà una battuta d’arresto, tenteremo di proporre delle soluzioni. Se ciò non basterà, renderemo pubblica la questione”, ha spiegato Célia Gautier, rappresentante per la Francia della Réseau Action Climat (rete internazionale formata da oltre settecento ong ecologiste). Così, ogni mattina i rappresentanti delle Ong si riuniranno per eleggere i “fossili del giorno”, ovvero i tre paesi che si saranno distinti per il loro contributo negativo.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Con le promesse attuali dei governi sul clima, il riscaldamento globale toccherà i 2,6 gradi nella migliore delle ipotesi; 3,1 gradi nella peggiore.
Il leader dell’Azerbaigian, che a novembre ospita la Cop29, è stato accolto in Italia come un partner strategico. Cruciali le intese sul gas. Ma non sono mancate le critiche degli attivisti per la linea dittatoriale che continua a perseguire.
Azerbaigian, il partito al governo vince le parlamentari ma nel Paese della Cop29 non c’è democrazia
Il partito del presidente Ilham Aliyev conferma la maggioranza dei seggi, ma gli osservatori internazionali parlano di voto non democratico. Nuova ondata di repressioni nel petrol-Stato che a novembre ospiterà la Conferenza delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici
L’ultimo caso riguarda un attivista del movimento per la democrazia. Sarebbe stato detenuto per due giorni e torturato. Aveva aiutato un giornalista a lasciare il paese di nascosto.
Riuniti a Bonn per cercare di preparare il terreno per la Cop29 sul clima di Baku, i rappresentanti di quasi 200 nazioni sono apparsi bloccati.
Dopo le critiche, il presidente Aliyev espande il comitato organizzativo di Cop29 a 42 elementi, includendo 12 donne. Le donne sono storicamente sottorappresentate nei principali vertici sul clima.
L’attuale ministro dell’Ambiente e delle Risorse naturali dell’Azerbaigian ed ex alto dirigente della compagnia petrolifera nazionale sarà il presidente della Cop29, in programma a Baku il prossimo novembre.
La Cop28 è finita, ma bisogna essere consapevoli del fatto che il vero test risiede altrove. Dalla disinformazione al ruolo delle città, ciò che conta avviene lontano dai riflettori.