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Cosa ha detto Donald Trump sul clima e sull’Accordo di Parigi che ha definito un trattato ingiusto perché redistribuisce la ricchezza americana agli altri stati.
“Gli Stati Uniti si ritireranno dall’Accordo di Parigi sul clima, ma cominceranno nuovi negoziati sia per rientrare nell’Accordo di Parigi che in un trattato completamente nuovo che sia più equo per gli Stati Uniti, le sue imprese, i suoi lavoratori, la sua gente, i suoi contribuenti. Quindi ne usciamo, ma cominciamo a negoziare e vedremo se riusciremo a raggiungere un accordo che sia così giusto. Se ci riusciamo, alla grande. Se non ci riusciamo, bene lo stesso”.
Con queste parole il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha aperto il suo atteso (è cominciato con più di 20 minuti di ritardo) quanto scontato (la notizia era circolata già con un giorno di anticipo) discorso per annunciare l’uscita di Washington dall’Accordo di Parigi. Il primo e unico trattato che ha visto l’intera comunità internazionale unita per contrastare i cambiamenti climatici. A fare compagnia agli Stati Uniti ci sono solo Siria e Nicaragua, che però ha deciso di restarne fuori perché ha giudicato l’accordo troppo blando.
Per dichiarazioni e commenti, leggi anche: Donald Trump sceglie l’isolazionismo: Stati Uniti fuori dall’Accordo di Parigi
Trump ha precisato che “questo include la fine dell’implementazione degli Intended nationally determined contributions”, cioè le promesse di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra avanzate volontariamente dai singoli governi di tutto il mondo, “e, molto importante, la fine del Fondo verde per il clima che costa agli Stati Uniti una fortuna immane”. Il Green climate fund, in inglese, ha come obiettivo di sostenere economicamente i paesi in via di sviluppo nel loro percorso verso l’adattamento ai cambiamenti del clima attraverso progetti e piani nazionali di medio periodo. Il fondo dovrebbe disporre di 100 miliardi di dollari (circa 91 miliardi di euro) l’anno fino al 2020. L’Unione europea è oggi il maggior finanziatore del fondo con 14,5 miliardi di euro già erogati al 2014.
Quello che non è andato giù a Trump, in ogni caso, è il fatto di non poter fare quello che vuole, mentre – secondo lui – paesi come India e Cina sono liberi di fare il bello e il cattivo tempo: “In base all’accordo, la Cina potrà aumentare le sue emissioni di CO2 per un numero di anni sconcertante. Tredici. I cinesi possono fare ciò che vogliono per tredici anni, noi no”. E, dulcis in fundo, “l’attuale accordo di fatto blocca lo sviluppo del carbone pulito in America” per cui Trump ha promesso l’apertura di nuove miniere in giro per il paese nel giro di due settimane.
Per chiudere, o quasi perché ci sarebbe da dire molto di più, Trump ha citato un articolo ospitato dal Wall Street Journal che afferma, secondo le sue parole che “gli Stati Uniti sotto l’amministrazione Trump continueranno a essere la nazione più pulita e amica dell’ambiente sulla Terra. Saremo i più puliti, avremo l’aria più pulita, avremo l’acqua più pulita. Saremo amici dell’ambiente senza mettere fuori mercato le nostre imprese e non perderemo posti di lavoro”. Perché, in base al motto America first dice, “cresceremo, cresceremo rapidamente”.
Forse, ma solo perché la maggior parte delle imprese, a cominciare da quelle che animano la Silicon Valley, e degli stati americani più progressisti, come California e New York, faranno finta che questo discorso non sia mai stato pronunciato.
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