Il paese del Caucaso punta su eolico, solare e idroelettrico. Ma il legame con il petrolio è ancora forte. Quali progetti ci sono nel cassetto e che ruolo gioca l’Europa.
Cosa è riuscito a fare Donald Trump in due anni da presidente degli Stati Uniti
Il 20 gennaio 2019 Donald Trump sarà da due anni alla guida degli Stati Uniti. Ambiente, società, esteri: ecco il bilancio dei primi 24 mesi di lavoro.
Il 20 gennaio 2019 il presidente degli Stati Uniti Donald Trump festeggerà i primi due anni alla Casa Bianca. Anni densi di decisioni, la maggior parte delle quali ha diviso in due l’America, tra i sostenitori delle scelte radicali del miliardario e coloro che invece vi si sono opposti con fermezza.
- Il primo anno di Donald Trump da presidente
- La politica di rottura su clima e ambiente
- Il sostegno alle fonti fossili
- Il pugno duro su migranti e omosessuali
- Le scelte dirompenti su Israele, Iran e Unesco
- Il secondo anno di Donald Trump da presidente
- La riforma fiscale pro-ricchi
- I dazi doganali e la politica protezionistica
- CO2 “libera” per i costruttori di auto e sostegno ai petrolieri
- Il rilancio della filiera del carbone
- La Corte suprema “spinta” a destra
- Il dialogo con la Corea del Nord e il ritiro dalla Siria
- Il braccio di ferro sul muro alla frontiera meridionale
Il primo anno di Donald Trump da presidente
Nei primi dodici mesi alla guida della sua nazione, Donald Trump aveva già marcato una distanza enorme con il suo predecessore, il democratico Barack Obama.
La politica di rottura su clima e ambiente
Il primo giugno 2017 aveva annunciato la volontà di abbandonare l’Accordo di Parigi sul clima, confermando le proprie posizioni risolutamente climatoscettiche. In realtà, per uscire dall’Accordo sono necessari tre anni più un ulteriore anno di preavviso, il che significa che a decidere in via definitiva sarà – di fatto – il suo successore (salvo rielezione di Trump).
In pratica, però, in tutte le Conferenze sul clima delle Nazioni Unite organizzate negli anni della presidenza dell’uomo d’affari hanno visto gli Stati Uniti impegnati in un rallentamento del processo di transizione ecologica necessario per salvare il mondo dai cambiamenti climatici.
Il sostegno alle fonti fossili
Sempre nel primo anno di attività, Trump ha ottenuto dal Congresso la revoca del divieto di caccia ai predatori che era stato introdotto da Barack Obama. Quindi ha annunciato la ripresa delle esplorazioni petrolifere nell’oceano Artico (con l’italiana Eni in prima linea). Ha poi ridotto in modo drastico l’estensione di due aree protette nello stato dello Utah. E ha rilanciato i grandi progetti di nuovi oleodotti: il Keystone XL e il Dakota Access.
Trump ha inoltre abolito il Clean power plan, norma che imponeva alle centrali termiche di ridurre le proprie emissioni di CO2 del 32 per cento, entro il 2030, rispetto ai livelli del 2005.
Alla testa dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente (Environmental protection agency, Epa) è stato scelto poi un sostenitore delle fonti fossili, Scott Pruitt. Sostituito il 20 aprile 2018 da Andrew R. Wheeler, ex lobbista pro-carbone. Il 24 agosto 2017 ha quindi firmato una raccomandazione finalizzata ad incrementare le esplorazioni minerarie.
Il pugno duro su migranti e omosessuali
In materia di migrazioni, ha quindi fatto discutere imponendo il cosiddetto Muslim ban, testo che vieta in modo permanente l’ingresso sul territorio statunitense ai cittadini di sette nazioni giudicate “ostili”. E ha ritirato la partecipazione del suo paese dal Global compact on migration, l’accordo sulle migrazioni delle Nazioni Unite. Ha quindi cercato di smantellare la riforma sanitaria “Obamacare” del suo predecessore e ha cancellato dal sito internet della Casa Bianca la pagina dedicata al tema dei diritti Lgbt.
Il 20 giugno 2018 il presidente americano ha però dovuto fare retromarcia sulla questione della spietata separazione dei bambini dai genitori imposta ai migranti che hanno varcato illegalmente la frontiera con il Messico. La vicenda aveva suscitato sdegno in tutto il mondo e alla fine anche Donald Trump si è convinto a fare un passo indietro, firmando un decreto presidenziale che ha in parte rimediato al problema. Il provvedimento, tuttavia, conferma la separazione degli adulti e non vale per le famiglie (bambini inclusi) che erano già state divise prima della firma del decreto.
Le scelte dirompenti su Israele, Iran e Unesco
In politica estera, ha fatto scalpore la decisione dirompente di riconoscere Gerusalemme come capitale dello stato d’Israele (con conseguente spostamento dell’ambasciata da Tel Aviv alla Città santa), che ha suscitato una violenta reazione in Palestina. Ha infine rifiutato di certificare l’accordo con l’Iran raggiunto da Obama ed è uscito dall’Unesco (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura), definendola “un organismo anti-israeliano”.
Il secondo anno di Donald Trump da presidente
Anche nel corso del suo secondo anno da presidente, Donald Trump ha seguito la sua linea di rottura. Chi si aspettava infatti una strategia politica più diplomatica è rimasto deluso.
La riforma fiscale pro-ricchi
Proprio alla fine del primo anno di attività il Senato ha approvato la riforma fiscale che, dall’anno successivo in poi, ha disposto una drastica riduzione delle imposte per i cittadini statunitensi. Un taglio di 1.400 miliardi di dollari spalmato su dieci anni, del quale beneficeranno soprattutto i più ricchi.
È stato calcolato infatti che l’1 per cento di cittadini con un reddito superiore ai 500mila dollari risparmierà nel 2019 60 miliardi di dollari. Esattamente la stessa somma che si dividerà il 54 per cento di americani che guadagnano tra 20mila e 100mila dollari all’anno.
I dazi doganali e la politica protezionistica
Nel corso del 2018, poi, Donald Trump ha scelto la carta protezionistica in materia di commercio estero. A gennaio, ha imposto una tassa del 30 per cento alle importazioni di pannelli solari provenienti dall’Asia. Misura con la quale punta – teoricamente – a salvaguardare le produzioni americane.
Ha proceduto a decisioni analoghe su acciaio e alluminio, sottoponendo anche tali materie prime a dazi doganali. E suscitando le ire non solo dei produttori asiatici ma anche dell’Unione europea. Gli Stati Uniti di Donald Trump hanno quindi concluso nuovi accordi commerciali con Messico, Canada e Corea del Sud.
CO2 “libera” per i costruttori di auto e sostegno ai petrolieri
Ha quindi minacciato di seguire la stessa linea sul comparto automobilistico. E ha alleggerito gli standard richiesti ai produttori americani in termini di emissioni di CO2. All’inizio di dicembre, poi, è stata annunciata la volontà di sopprimere entro tre anni tutte le sovvenzioni per l’acquisto di auto elettriche e di sistemi basati sulle energie rinnovabili. La decisione è stata confermata dal consigliere economico della Casa Bianca Larry Kudlow.
Inoltre, a settembre, Washington ha avviato il procedimento legale col quale si punta a modificare la normativa in materia di emissioni di metano. Una scelta che consentirà alle compagnie petrolifere di poter liberare più gas nell’atmosfera nel corso delle loro attività di estrazione del combustibile fossile.
Il rilancio della filiera del carbone
Come se non bastasse, all’inizio di dicembre il governo americano ha proposto di abrogare un’altra norma che era stata adottata nel corso dei mandati di Obama: quella che limita le emissioni di gas ad effetto serra delle nuove centrali elettriche a carbone.
Il progetto di Trump è di autorizzare la dispersione nell’atmosfera di 1.862 chilogrammi di CO2 per megawattora prodotto, contro le attuali 635. “Si tratta di imposizioni ingiuste. Vogliamo uniformare le regole del gioco”, ha affermato Wheeler.
La Corte suprema “spinta” a destra
Sulla giustizia, intensa è stata anche l’azione sulla Corte suprema, la stessa che aveva ad esempio bloccato in un primo momento il Muslim Ban. Da tempo Donald Trump voleva infatti far sì che l’organismo fosse il meno possibile incline a rallentare la sua azione di governo. Così, è riuscito ad agosto ad imporre l’ingresso nella Corte dei giudici conservatori Neil Gorsuch e Brett Kavanaugh. Modificando così radicalmente gli equilibri all’interno dell’organismo, che ora “pende” decisamente a destra.
Il dialogo con la Corea del Nord e il ritiro dalla Siria
In tema di politica estera, il secondo anno di presidenza Trump è stato segnato principalmente dalla riapertura – benché difficoltosa – del dialogo con la Corea del Nord. Un riavvicinamento delle diplomazie dei due paesi culminato il 12 giugno con lo storico incontro con il leader nordcoreano Kim Jong-un, avvenuto a Singapore.
Più di recente, alla fine del 2018, il presidente americano ha annunciato il ritiro delle truppe dalla Siria, concedendo quattro mesi al Pentagono per far rientrare i circa duemila soldati ancora impegnati nella nazione mediorientale.
Il braccio di ferro sul muro alla frontiera meridionale
Sulla questione delle migrazioni, Donald Trump ha deciso di mantenere una linea di totale chiusura. Convinto della necessità di costruire un muro alla frontiera con il Messico, ha chiesto al Congresso di finanziare il progetto. Dopo le elezioni di midterm, tuttavia, la maggioranza alla Camera è in mano all’opposizione democratica. Che finora si è rifiutata di concedere i fondi.
Ne è scaturito il cosiddetto “shutdown”, ovvero il blocco parziale dell’amministrazione pubblica, in attesa dell’approvazione del bilancio. “Non so quando il governo riaprirà. Ma posso dirvi che non riaprirà fino a quando non avremo un muro, o una recinzione, come vogliano chiamarla”, ha affermato il presidente parlando nello studio ovale dopo una chiamata ai militari Usa per gli auguri di Natale.
A novembre, inoltre, il governo americano ha annunciato la volontà di impedire ai migranti arrivati non legalmente sul proprio territorio di depositare una domanda d’asilo. La norma dovrebbe essere applicata a tutti coloro che entrano senza passare attraverso un varco ufficiale. Infine, il presidente ha mantenuto una totale chiusura di fronte alla carovana di migranti partita dall’America centrale per tentare di raggiungere la frontiera degli Stati Uniti.
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