Si tratta di un’area di 202 chilometri quadrati nata grazie agli sforzi durati 16 anni delle comunità locali e nazionali a Porto Rico.
Dopo 15 anni i leoni tornano in Ruanda
Grazie ad un progetto della Ong African Parks sette leoni sono stati reintrodotti nel Parco nazionale dell’Akagera, in Ruanda.
Diecimila anni fa i leoni (Panthera leo) cacciavano, silenziosi e fatali come spiriti della selva, in quasi tutto il pianeta. Questo grande felino era il secondo grande mammifero più diffuso dopo l’uomo, oggi sopravvivono in natura tra i 20mila e i 40mila leoni, vestigia dell’antica grandezza della specie, eppure piano piano i leoni si stanno riappropriando di quegli spazi che l’uomo gli ha sottratto.
Il ritorno del re
Lo scorso marzo, ad esempio, dopo quasi venti anni di assenza in Gabon è stata documentata la presenza di un leone. Oggi è la volta del Ruanda, in questo caso il ritorno del leone non è spontaneo ma frutto della reintroduzione.
Reintrodotti sette leoni
Nel Paese i leoni mancavano da quindici anni, gli ultimi esemplari popolavano il Parco nazionale dell’Akagera e furono avvelenati dagli allevatori di bestiame in seguito al genocidio che ha devastato il Ruanda e che ha lasciato il parco incustodito. Proprio nel parco la Ong African Parks ha deciso di reintrodurre sette leoni, prelevati dal Sudafrica.
Animale simbolo dell’Africa
“Il ritorno dei leoni nel Parco dell’Akagera è una pietra miliare nell’ambito della conservazione, sia per il parco sia per il Paese – ha dichiarato Peter Fearnhead, amministratore delegato di African Parks. – Ripristinare la biodiversità originaria dei parchi nazionali rappresenta un elemento chiave del nostro modello di conservazione e siamo lieti di aver restituito alla nazione, con la collaborazione del governo del Ruanda, uno degli animali simbolo dell’Africa”.
Ampliare l’areale dei leoni
I felini reintrodotti sono cinque femmine e due maschi, donati da due riserve sudafricane. L’obiettivo del progetto è di ampliare l’areale di diffusione dei leoni, riportandoli nei territori dai quali sono stati sradicati con la violenza, per aumentare la diversità genetica delle popolazioni e per garantire un futuro al re della savana.
L’inarrestabile declino dei leoni
Un recente studio ha evidenziato come la popolazione di leoni in Africa si sia ridotta del 68 per cento in soli cinquanta anni. Le cause del declino sono il bracconaggio, la caccia massiccia delle loro prede e la distruzione dell’habitat.
Le notizie che arrivano dal Gabon e dal Ruanda lasciano però intravedere uno spiraglio di luce per il futuro di questa specie. Il re non è ancora pronto per abdicare.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Un pomeriggio di confronto sui temi della biodiversità in occasione della presentazione del primo Bilancio di sostenibilità territoriale della Sardegna.
I leoni sono tornati nel parco nazionale dell’Akagera, meravigliosa riserva che si estende per 112mila ettari nel Ruanda orientale. È solo questione di tempo prima che il numero delle visite salga alle stelle, per la gioia delle Community freelance guides, le guide indipendenti locali. Dopo aver capito che il numero delle guide del parco era
Un aumento del 30% rispetto all’anno precedente, che risente anche delle conseguenze dei cambiamenti climatici.
Hieracium australe è la pianta spontanea che si può trovare solo a Milano, sulle mura medievali del Castello sforzesco.
ll Volcán de Fuego in Guatemala è il più attivo dell’America centrale. Alle sue pendici gli abitanti di Trinidad cercano di vivere senza paura.
Abbiamo già tutto quello che serve per difendere il mare, dobbiamo solo impegnarci. Parola di Emilio Mancuso, biologo marino e presidente di Verdeacqua.
Siamo stati al seminario organizzato da Rewilding Apennines in Abruzzo per cercare di capire qual è lo stato del rewilding in Italia e quali sono le prospettive future. Ecco cosa è emerso.
Lo ha fatto sapere la Provincia di Trento che ha agggiuno che “da un primo esame esterno della carcassa dell’orsa F36 non è stato possibile avanzare ipotesi sulla causa della morte”.