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La vita di Dario Fo, il giullare che vinse il Nobel per la Letteratura
Dario Fo, Nobel per la Letteratura nel 1997, se n’è andato il 13 ottobre 2016. Aveva 90 anni.
Se n’è andato per problemi polmonari a 90 anni e sette mesi Dario Fo, che nella sua vita “esageratamente fortunata”, come lui stesso amava ripetere, fu scrittore, drammaturgo, attore e scenografo, attivista politico e pittore. Era ricoverato da 12 giorni all’ospedale Sacco di Milano. La sua attività teatrale e drammaturgica – che comprende quasi un centinaio di testi – gli valse il premio Nobel per la Letteratura nel 1997.
L’autore di Mistero Buffo era nato il 24 marzo del 1926 a Leggiuno-Sangiano, un paesino del lago Maggiore, figlio di un capostazione. Nel 1954 sposò Franca Rame, da cui ebbe il figlio Jacopo l’anno successivo e con la quale iniziò un sodalizio – di vita e artistico – durato sessant’anni. Insieme hanno condiviso tutto, dal teatro, con la Compagnia Dario Fo-Franca Rame, fondata nel 1958, all’impegno politico.
La giovinezza, la guerra e la passione per il racconto
La passione per il teatro, per l’improvvisazione, per il racconto Fo lo deve all’ambiente famigliare, particolarmente vivace dal punto di vista culturale. L’attore nacque in provincia di Varese, a Leggiuno-Sangiano, un paesino sul lago Maggiore. Il padre, Felice Fo, era capostazione e attore in una compagnia teatrale amatoriale. Fu proprio qui che Fo iniziò ad appassionarsi ai racconti del nonno materno e del padre, misti alla cronaca locale, che lo ispirarono per la sua produzione drammaturgica.
Negli anni della Seconda guerra mondiale, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, si arruolò come volontario della Repubblica sociale italiana: questo fatto, che negli anni Settanta scatenò numerose polemiche, dato che Fo era intellettuale di sinistra, fu spiegato dall’artista come il tentativo di scampare alla deportazione in Germania come lavoratore o come militare di leva.
L’arte e Brera
Tutti conoscono Fo come “il giullare”, come l’autore di Mistero Buffo, ma in pochi sanno che uno dei suoi talenti più grandi riguarda la pittura. Dalla provincia di Varese, Fo si era infatti ben presto trasferito a Milano, per frequentare l’Accademia di Belle Arti di Brera, terminata nel 1950. Parallelamente all’attività di attore e drammaturgo, Dario non smise mai di dipingere. La mostra “Lazzi, sberleffi, dipinti“, allestita a Milano nel 2012 a Palazzo Reale, è stato il tentativo di rendere giustizia a un’immensa produzione poco o per nulla conosciuta ma fondamentale sia per l’attore, sia per l’arte pittorica italiana.
La collaborazione con la Rai, la radio, il teatro
Inizia prestissimo: è il 1952 quando scrive e poi interpreta per la radio trasmissioni come Poer nano, messa poi in scena anche all’Odeon. Del 1953 è “Il dito nell’occhio”, satira sociale e politica realizzata con Franco Parenti e Giustino Durano; e ancora, del 1954 è “Sani da legare”, spettacolo che Fo dedica alla vita quotidiana nell’Italia dei conflitti politici. Nel periodo romano (l’attore si trasferisce nella Capitale poco dopo il matrimonio con Franca Rame), Fo continua la collaborazione con la Rai, scrivendo pezzi di satira sociale insieme alla moglie per Canzonissima. La censura, però, interviene così spesso che i due decidono di dedicarsi solo al teatro. Da grande innovatore, Fo sceglie di recitare le proprie opere non in teatro (classico luogo del “teatro borghese”, come lui stesso lo definisce), ma in luoghi “alternativi”, come piazze, fabbriche, case del popolo, per avvicinare un diverso pubblico, un pubblico “subalterno”, fino a quel momento poco considerato.
Dario Fo e Franca Rame
L’amore della sua vita, partner nella quotidianità così come sul palco, è stata Franca Rame. I due si sono sposati nel 1954, si sono trasferiti a Roma e qui hanno avuto un figlio, Jacopo, nel 1955; dal 1958 hanno fondato la “Compagnia Dario Fo-Franca Rame”. Sono rimasti insieme per sessant’anni e hanno condiviso tutto, dall’arte – scrivevano e recitavano insieme e il lavoro dell’uno è stato sempre di stimolo per l’altra e viceversa – all’impegno politico.
Mistero buffo e il teatro popolare
L’opera forse più famosa di Fo è appunto Mistero buffo: messa in piedi dalla Compagnia nella stagione 1969-1970, rappresenta la sua appassionata ricerca nel mondo della cultura popolare medievale – i testi stessi ne riecheggiano la parlata. Mistero buffo è una “giullarata”, in cui lo studio per la lingua e il grammelot – un miscuglio di dialetto padano, termini antichi e neologismi dello stesso Fo – si fondono con la critica sociale e la satira. Questo straordinario lavoro, andato in scena negli anni più volte (l’ultima ancora a maggio 2016) è stato ripreso anche da Paolo Rossi, allievo di Dario Fo, che ha riproposto nel 2012 lo spettacolo al Piccolo di Milano intitolandolo “Il Mistero buffo nella versione pop 2.0”.
Il Nobel per la Letteratura
Era il 9 ottobre del 1997 quando l’accademia svedese ha annunciato di aver assegnato il premio Nobel per la Letteratura a Dario Fo con la seguente motivazione: “Perché, seguendo la tradizione dei giullari medievali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi”. Un riconoscimento inaspettato che ha fatto scalpore, risultando gradito a una certa parte della cultura italiana, e spiazzandone un’altra parte, che aveva sperato in un altro vincitore. Lo stesso Dario Fo ha affermato “Con me hanno voluto premiare la Gente di Teatro”.
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