Segnate da un calo senza precedenti dell’affluenza, le elezioni legislative in Francia hanno premiato il movimento En Marche. A pezzi il Partito socialista.
Elezioni Francia, tutto quello che c’è da sapere sui candidati alla presidenza
Il 23 aprile e il 7 maggio la Francia sceglierà il successore di François Hollande alla presidenza della Repubblica. Il risultato è quanto mai incerto.
Philippe Poutou, Jean Lassalle, Jacques Cheminade, François Fillon, Benoît Hamon, Emmanuel Macron, Nicolas Dupont-Aignan, Jean-Luc Mélenchon, Nathalie Arthaud, Marine Le Pen e François Asselineau. Sono questi i nomi degli undici candidati alle elezioni presidenziali che si tengono in Francia in due turni: il primo nella giornata di domenica 23 aprile, quindi il ballottaggio tra i due leader che avranno ottenuto più voti il 7 maggio.
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Solo quattro candidati possono vincere le elezioni francesi
Benché gli aspiranti presidenti siano numerosi, solamente una manciata può concretamente ambire ad accedere al secondo turno. Si tratta in particolare di Mélenchon, candidato di sinistra della coalizione La France Insoumise; Macron, che ha fondato un proprio movimento di centro; Fillon del partito Les Républicains (la destra, già Unione per un movimento popolare, partito dell’ex presidente Nicolas Sarkozy) e Le Pen, leader del Front national di estrema destra.
I sondaggi indicano in questi quattro nomi i “papabili”, con un grado particolarmente ampio di incertezza. Il socialista Hamon sembra lontano dal ballottaggio, visto che non arriverebbe nemmeno al 10 per cento delle preferenze a causa della spaccatura storica (e forse insanabile) che ha colpito il suo partito.
Il Partito socialista dilaniato e la rinuncia di Hollande (primo caso in Francia)
Il Partito socialista (Ps), infatti, ha attraversato il quinquennio della presidenza di François Hollande sperimentando un’inesorabile discesa nei consensi. Molti degli elettori che diedero la propria preferenza all’attuale inquilino dell’Eliseo, infatti, sono rimasti delusi. Un’emorragia di voti sperimentata anche durante le elezioni amministrative che ha convinto lo stesso Hollande – primo caso nella storia della quinta Repubblica francese – a rinunciare a presentarsi per un secondo mandato. Così, alle elezioni primarie si è assistito allo scontro tra Manuel Valls – membro dell’ala consevatrice del partito e sostenitore delle politiche moderate da lui stesso adottate negli ultimi anni (è stato, infatti, primo ministro da marzo 2014 a dicembre 2016) – e lo stesso Hamon, leader della sinistra interna, particolarmente critico soprattutto nei confronti di alcune scelte governative (lavoro, ambiente, terrorismo, energia, economia).
Un confronto talmente duro da aver convinto Valls e una parte non indifferente dei responsabili del Ps a voltare clamorosamente le spalle al candidato vincente (benché ciò vìoli anche le regole interne al partito), spostandosi nel campo di Macron. Quest’ultimo, infatti, benché ex ministro delle Finanze dello stesso Valls e per cinque anni stretto consigliere di Hollande, è riuscito ad imporsi mediaticamente come “il nuovo”. Ha fondato un proprio movimento battezzato En Marche!, e lo ha definito “né di destra, né di sinistra”.
La cavalcata della sinistra di Mélenchon
Hamon, inoltre, si è trovato schiacciato anche sull’altro fianco. Il suo programma, infatti, è apparso fin da subito troppo simile a quello di Jean-Luc Mélenchon, tanto che migliaia di elettori progressisti si sono mobilitati per chiedere ad uno dei due di ritirarsi per non rischiare di disperdere i voti. Ciò non è tuttavia avvenuto, e i sondaggi oggi sembrano premiare la coerenza di “JLM”, che con una campagna elettorale a tambur battente è dato ormai stabilmente in terza posizione nei sondaggi, con questi ultimi che indicano anche un’altissima quota di persone ancora indecise, circa un quarto dell’elettorato.
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A destra, invece, dopo aver vinto le primarie, François Fillon ha dovuto affrontare un pesante scandalo politico-giudiziario legato a presunti lavori fittizi procurati ad alcuni familiari (in particolare alla moglie Pénélope). Nessuna sorpresa nel campo del Front national: Marine Le Pen è da anni la leader incontrastata del movimento.
Le proposte: in economia è scontro frontale
Ma quali sono le principali proposte in campo? Alle presidenziali 2017, soprattutto in ambito economico, si scontrano visioni diametralmente opposte. Da una parte i social-liberali e i liberisti (Macron e Fillon) che continuano a predicare una politica fondamentalmente basata sull’austerità, con tagli drastici ai posti di lavoro pubblici (rispettivamente 120mila e 500mila) e alla spesa pubblica (la promessa è di risparmi per decine di miliardi di euro). Mentre il rilancio sarebbe affidato principalmente alla semplificazione, all’innovazione e al sostegno alle imprese. Non dissimile la posizione di Marine Le Pen, anche lei pronta alla politica dei tagli.
Di senso opposto sono le proposte di Hamon che ha vinto le primarie socialiste proponendo (primo caso europeo dopo la Finlandia) l’introduzione di un reddito di cittadinanza. Circa 600 euro al mese, dapprima solo per i francesi di età compresa tra 18 e 25 anni. Una proposta sostenuta con forza da numerosi celebri economisti, tra i quali spicca il nome di Thomas Piketty.
Ancor più “di rottura”, poi, il programma di Mélenchon, che per uscire dalla crisi punta tutto su una politica di stampo marcatamente keynesiano: 100 miliardi di euro di nuovi investimenti. Il che farebbe salire nel medio termine quasi al 5 per cento il rapporto tra debito e prodotto interno lordo, ma che consentirebbe di riavviare il motore economico della Francia e quindi, grazie ai nuovi introiti in termini di tasse, di far tornare sotto controllo anche il bilancio (con il vantaggio di avere disoccupazione e povertà in calo).
L’ecologia al centro dei programmi dei candidati di sinistra
Anche per quanto riguarda ambiente ed energia le differenze appaiono estremamente marcate. Come sottolineato dal quotidiano Le Monde, per Mélenchon e Hamon, l’ecologia è “il cuore del programma. Per loro, è al contempo un mezzo per rispondere alle numerose sfide climatiche e un progetto di società più sobria, più rispettosa delle risorse e capace di creare nuovi posti di lavoro”. Entrambi i candidati di sinistra propongono di abbandonare il nucleare e di passare progressivamente a una produzione di energia al 100 per cento proveniente da fonti rinnovabili. Un obiettivo da centrare entro il 2050, sviluppando tutte le risorse pulite (solare, eolico, idroelettrico, geotermico, energia delle maree, ecc.). Coerentemente, Mélenchon e Hamon promettono anche di eliminare via via l’uso delle fonti fossili e assicurano che imporranno uno stop a tutti i progetti legati allo sfruttamento dello shale gas (gas da scisto): “Per loro, i posti di lavoro che verrebbero creati non sarebbero sufficienti a giustificare i rischi ambientali che si correrebbero”.
Inoltre, il candidato socialista e quello della France Insoumise vogliono imporre uno stop progressivo ai motori diesel e chiedono di introdurre alcuni princìpi ecologici direttamente nella Costituzione. Mélenchon vuole vietare la produzione e la commercializzazione di prodotti geneticamente modificati (ogm), mettere al bando tutti i pesticidi pericolosi e bloccare il progetto di costruzione di un nuovo aeroporto nei pressi di Nantes, giudicato un mostro ecologico dagli ambientalisti.
Per Macron e Fillon l’ambiente va difeso nell’economia di mercato
Macron e Fillon, invece, osserva ancora Le Monde, “vogliono inquadrare l’ecologia nel contesto dell’economia di mercato. Puntano alla chiusura delle centrali a carbone esistenti e a un piano di isolamento termico delle abitazioni, ma sulle energie rinnovabili appaiono moderati”. Entrambi “sostengono il nucleare come alternativa a minore impatto per il clima in termini di CO2”, anche se “Macron vuole ridurre la dipendenza dall’atomo del 50 per cento entro il 2025”. Il candidato centrista propone anche di aumentare il prezzo dei diritti alle emissioni di agenti inquinanti a 100 euro per tonnellata (Fillon chiede che si arrivi a 30). Infine, per Marine Le Pen l’ecologia è declinata in senso nazionalista. La candidata di estrema destra vuole infatti “riaffermare l’indipendenza energetica della Francia e il savoir-faire domestico. Di qui il sostegno alla filiera del nucleare e la non esclusione dello sfruttamento delle fonti fossili”. Le Pen, inoltre, non nomina mai nel proprio programma la lotta ai cambiamenti climatici.
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