Ha vinto Hillary Clinton, 45esimo presidente degli Stati Uniti d’America. Questo sarebbe stato il titolo il 9 novembre se invece del sistema dei grandi elettori, ovvero fondato sulla conta dei distretti elettorali, si fosse contato il voto popolare, cioè quello di ogni singolo americano a livello federale. Clinton avrebbe infatti ottenuto, stando agli ultimi aggiornamenti,
Le elezioni americane viste dall’altra parte del muro. Il Messico vuole fermare Trump
Donald Trump s’è alienato il voto latino. E i messicani si organizzano per sostenere Hillary Clinton. Per paura che una vittoria repubblicana rallenti l’economia.
“Donald Trump? Tutto il Messico voterebbe per Hillary Clinton”. Manuel Hidalgo, 60 anni, taxista di Uber nel tempo libero e proprietario di un laboratorio di ozonoterapia, non ha dubbi appena si parla delle elezioni americane. “Ci ha dato degli stupratori, dei criminali, e vuole farci pagare il muro. Come può una persona dire tante stupidaggini?”. Per Estrella Stella Pacheco, 51 anni, impiegata all’hotel NH Reforma, Trump è un nemico. “Io sono stata un’immigrata illegale negli Stati Uniti per tre anni per sostenere i miei figli. Non posso pensare a un presidente che odia tanto i messicani come quel Trump. Io ho lavorato duramente in America”.
Nessun candidato presidenziale americano aveva mai suscitato tanta animosità a sud del Rio Grande
Su giornali e televisioni messicane non si parla d’altro in questi giorni: fermare Donald Trump. Sono tante le preoccupazioni, dal controllo dell’immigrazione alla deportazione di amici e parenti arrivati negli Stati Uniti per lavorare, fino al timore economico del potenziale crollo delle rimesse, i soldi mandati dai migranti verso il Messico. Nel 2015, secondo la Banca centrale del Messico, 25 miliardi di dollari (22,7 miliardi di euro) di rimesse sono entrati nel paese. Una cifra troppo importante per l’economia messicana.
Lo strappo di Trump
Mexico will pay for the wall!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 1 settembre 2016
Al inicio de la conversación con Donald Trump dejé claro que México no pagará por el muro.
— Enrique Peña Nieto (@EPN) 31 agosto 2016
Le relazioni tra Trump e i latinos si sono definitivamente guastate dopo l’invito da parte del presidente Enrique Peña Nieto a Città del Messico il 31 agosto. Appena rientrato in patria, dopo un incontro fugace nella capitale, Trump non ha esitato a tornare ad attaccare gli immigrati messicani il pomeriggio stesso, a Phoenix, Arizona. “Chiunque sia entrato nel paese illegalmente sarà deportato”, ha tuonato durante l’intervento promettendo di farne una priorità del suo mandato. “E sarà il Messico a pagare per il muro, nessun dubbio”.
I social network e la stampa messicana si sono infuocati nel giro di qualche ora. “Non solo Nieto non ha richiesto ufficialmente a Trump le scuse per aver definito i messicani criminali e stupratori, ma ha permesso al candidato repubblicano di continuare ad insultare i tanti messicani che sorreggono gli Stati Uniti con il loro lavoro”, spiega Silvio Margain y Leon, un designer di Città del Messico.
Perché i messicani voterebbero Clinton
Per cercare di contenere la rabbia popolare che da oltre un mese non accenna a placarsi, Nieto ha chiesto al ministro delle Finanze Luis Videgaray, responsabile dell’invito a Trump, di dimettersi. Poco è servito. Secondo un sondaggio di Telesur meno del 2 per cento dei messicani in patria supportano “the Donald”. Il 74 per cento voterebbe invece per la candidata democratica. Negli Stati Uniti, ben l’80 per cento dei 24 milioni di latinos voterà per Clinton. Guai anche per Peña Nieto: solo il 22 per cento apprezza il suo operato, un crollo di popolarità dovuto proprio all’affaire Trump.
Intanto i messicani partono all’assalto delle elezioni americane, nella speranza di influenzare il voto. In molti spingono su parenti e amici residenti al di là del confine per votare Clinton.
“Io ho una cugina che vive a San Antonio, lei voterà Hillary”, spiega Manuel, mentre affronta il traffico della capitale. “Con lei stiamo spingendo tutti i suoi amici e conoscenti messicani a registrarsi e votare per Clinton. Faremo qualsiasi cosa. Per mail, Whatsapp, telefono”. Un supporto che ogni giorno aumenta, anche da parte delle élite messicane, giacché la “latinofobia” di Trump non accenna a fermarsi.
La scorsa settimana ha attaccato Carlos Slim, il ricco tycoon messicano, accusandolo di essere il manovratore dietro la scandalo sessuale che ha seriamente danneggiato la sua campagna. “Dietro il New York Times non ci sono giornalisti ma lobbisti di Slim (che ha una quota del noto quotidiano, nda), che è messicano e sostiene Clinton. Non possiamo permettere a corporation straniere di decidere il corso delle elezioni”, ha detto Donald. Qualsiasi cosa, pur di vincere il voto dell’America arrabbiata. Costi pure azzerare i rapporti con uno degli stati alleati più importanti degli Stati Uniti.
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