La finanza ha la fondamentale responsabilità di traghettare i capitali verso la transizione energetica. Se ne è discusso al Salone del Risparmio 2022.
Green bond, le emissioni sfonderanno il tetto dei 200 miliardi
Non accenna a fermarsi la marcia trionfale dei green bond, le obbligazioni che servono a finanziare progetti per il clima. Anzi. Se nel 2016 gli entusiasti della finanza sostenibile potevano cantare vittoria per i 93 miliardi di dollari di emissioni, per questo 2017 si punta molto più in alto. Vale a dire, secondo le stime
Non accenna a fermarsi la marcia trionfale dei green bond, le obbligazioni che servono a finanziare progetti per il clima. Anzi. Se nel 2016 gli entusiasti della finanza sostenibile potevano cantare vittoria per i 93 miliardi di dollari di emissioni, per questo 2017 si punta molto più in alto. Vale a dire, secondo le stime di Moody’s, a 206 miliardi di dollari. In altri termini, poco più del pil del Portogallo nel 2015. Una stima più ardita rispetto a quella di Bloomberg New Energy Finance, che si ferma a 123 miliardi di dollari. Se ne è discusso a Londra, nel corso di un evento internazionale organizzato dalla Climate Bonds Initiative.
Un verde ricco di sfumature
Di fronte a questo vero e proprio boom dei green bond, che ormai vengono emessi da istituzioni anche molto diverse tra loro, gli investitori hanno bisogno di vederci chiaro. Perché vogliono essere sicuri di finanziare progetti realmente sostenibili. Per questo, spiega un’analisi di Bloomberg, si inizia a parlare di “sfumature di green”. Le obbligazioni “verde scuro” sono quelle allineate a criteri ambientali molto rigidi, mentre quelle “verde chiaro” possono essere usate per sostenere una gamma più ampia di progetti. S&P Global intanto lavora a un sistema per dare un punteggio ai green bond, sulla base della loro trasparenza, della loro governance e del loro contributo effettivo alle misure di mitigazione o adattamento ai cambiamenti climatici.
I primi green bond di Stato
Gli Stati, che nei prossimi anni dovranno lavorare di gran lena per i progetti ambientali, non stanno a guardare. La prima in assoluto a emettere green bond sovrani, a dicembre 2016, è stata la Polonia, seguita dalla Francia che ha stupito tutti con una maxi-emissione da 7 miliardi di euro. Un azzardo riuscito, visto che i green bond francesi sono letteralmente andati a ruba nell’arco di poche ore. Nell’arco delle prossime settimane si aspettano novità anche dalla Nigeria, mentre gli analisti tengono d’occhio Cina, Svezia, Lussemburgo, Marocco, Bangladesh e Italia.
Lo strapotere della Cina
A fare indiscutibilmente la parte del leone, però, è la Cina. Stando alle stime della Banca Popolare Cinese, per risolvere i gravissimi problemi ambientali che flagellano il gigante asiatico bisognerà investire, ogni anno, una cifra compresa tra i 2 e i 4 miliardi di yuan (289-579 miliardi di dollari). Lo Stato può coprire al massimo il 15 per cento di questa enorme cifra. Al resto devono provvedere i capitali privati. Già lo scorso anno, la Cina ha emesso green bond per un valore di 36 miliardi di dollari, vale a dire un terzo del mercato globale. Ma siamo ancora lontani dalla meta. 36 miliardi, infatti, corrispondono al 2 per cento del mercato obbligazionario cinese: per raggiungere gli obiettivi sanciti dal governo, bisognerà salire al 20 per cento. Non a caso, l’esecutivo di Pechino sta già ipotizzando di favorire la crescita del settore a suon di incentivi fiscali.
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