Nella regione del Sahel, sconvolta da conflitti inter comunitari e dai gruppi jihadisti, 29 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria.
Housam, il rifugiato siriano che accoglie i profughi ad Atene
Ha 25 anni ed ha passato anni in fuga dalla guerra in Siria. Ora Housam ha deciso di mettere la sua esperienza al servizio dei profughi.
“Caro sole, brilla un po’ anche per noi. Qui fa freddo. Non ci lasciano passare, ma non abbiamo alcun posto dove andare”. Housam, ragazzo siriano di 25 anni, era stato immortalato nel campo profughi di Idomeni, alla frontiera tra Grecia e Macedonia, con un cartello in mano, scritto in inglese. Tentava così di far arrivare al mondo la voce delle migliaia di persone bloccate in mezzo al nulla, come lui, dopo viaggi estenuanti scappando da guerra e povertà.
“Cher soleil, brille un peu pour nous, il fait froid ici..” #Idomeni pic.twitter.com/DxOPf7Boy1
— helenesergent (@helenesergent) 16 marzo 2016
60.000 profughi bloccati in Grecia
Un anno dopo, il quotidiano francese 20Minutes lo ha ritrovato ad Atene, nel quartiere popolare di Exarchia. Il campo di Idomeni non esiste più, dopo lo smantellamento ordinato dalle autorità nel maggio del 2016. Ma l’emergenza profughi non è ancora superata: proprio alla periferia della capitale greca, circa mille persone vivono nelle tende o in ripari improvvisati nell’ex aeroporto di Hellenikon. Molti di loro hanno depositato una domanda d’asilo, ma ci vogliono mesi per ottenere una risposta. Di conseguenza, sono circa 60mila le persone che risultano ancora bloccate in tutta la Grecia.
Il y a un an je rencontrais Housam à Idomeni. Mardi, je l’ai retrouvé par hasard à Athènes. Son histoire, à lire icihttps://t.co/YWz3SfToWO
— helenesergent (@helenesergent) 18 marzo 2017
Così, Housam ha deciso di impegnarsi per dare loro un aiuto: “Quando ero a Idomeni, c’erano tre volontari, anche loro rifugiati, con i quali avevo lavorato in Libano e in Siria per la fondazione Jafra”, un’associazione umanitaria che offre supporto nei campi profughi. In sei decidono quindi di fondare una “filiale” gestita dagli stessi rifugiati: la “Jafra R2R”, dove la sigla sta per “Refugees to Refugees”.
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“L’idea è di dimostrare che siamo in grado di organizzarci in modo autonomo, che non siamo qui solo per ricevere senza dare nulla indietro. In questo modo possiamo cambiare l’immagine che spesso la gente ha di noi. Abbiamo un bagaglio di esperienza che possiamo trasmettere, e questo rappresenta il miglior modo per creare ponti tra le diverse comunità”. Così, l’associazione ha dato un senso alle sofferenze patite da Housam: prima nel campo profughi di Idomeni, poi in quello di Lagkadikia, poi ad Atene, le attività di sostegno ai profughi si sono moltiplicate grazie a una serie di donazioni.
La speranza di poter riprendere gli studi a Parigi
E anche per Housam si apre una prospettiva. Era studente di giurisprudenza in Siria, al primo anno di corso, quando scoppiò la guerra. Dovette interrompere l’università e dopo due anni passati prima in Libano, poi in Turchia, è approdato in Grecia: “Il mio obiettivo è di proseguire gli studi, per questo mi sono registrato al programma di rilocalizzazione e ho ricevuto una risposta da parte della Francia. Ho effettuato un’intervista all’ambasciata qualche settimana fa”.
L’attesa è febbrile, ma le attività ad Atene non si fermano: di recente Housam e i suoi amici sono riusciti ad aprire un nuovo centro d’accoglienza, affittando un edificio alla ong Praksis. La struttura è dedicata alle donne rifugiate che viaggiano sole o con i loro bambini. Inoltre, sette famiglie sono state accolte in alcuni appartamenti. “Se riuscirò davvero ad andare a Parigi – ha promesso il ragazzo – proseguirò questo lavoro multiculturale anche lì”.
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