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Diritti umani e lavoro minorile. Sotto accusa i costruttori di batterie per smartphone e computer
Secondo Amnesty International il cobalto utilizzato nelle batterie dei dispositivi elettronici e nelle auto verrebbe estratto e lavorato anche da minori.
È in tutte le batterie agli ioni di litio che abbiamo in uso su smartphone, computer, veicoli elettrici. È il cobalto, minerale che per la maggior parte proviene dalla Repubblica democratica del Congo. Quest’ultimo verrebbe estratto in miniere dove spesso sono impiegati minori, che raccolgono, puliscono e trasportano il prezioso minerale.
È quanto rivelato dall’ultimo rapporto di Amnesty International, “This is what we die for”, redatto in collaborazione con l’Ong Afrewacht. L’associazione che si occupa di diritti umani, lavora e indaga in Congo fin dal 2011, dove ha visitato svariate miniere e intervistato decine e decine di minori.
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Un lavoro a ritroso, che ha ripercorso tutta la filiera del cobalto, dalle miniere appunto, fino ad arrivare al gigante minerario cinese Zheijang Huayou Cobalt Ltd, e alle tre aziende che producono batterie: Ningbo Shanshan e Tianjin Bamo in Cina e L&F Materials in Corea del Sud.
Da Apple a Samsung. Il cobalto proviene dallo sfruttamento minorile
Qui le batterie prodotte finiscono nei dispositivi elettronici dei maggiori produttori di smartphone e pc: Ahong, Apple, Byd, Daimler, Dell, Hp, Huawei, Inventec, Lenovo, Lg, Microsoft, Samsung, Sony, Vodafone, Volkswagen e Zte.
Alla richiesta da parte dell’associazione di confermare la fornitura di cobalto proveniente da queste aziende, molte non hanno saputo dare una risposta, mentre altre hanno “respinto l’evidenza di rifornirsi” del minerale. Come però riporta Amnesty “Nessuna delle 16 aziende è stata in grado di fornire informazioni dettagliate”.
Nel rapporto si legge come la Repubblica democratica del Congo sia una delle nazioni più povere al mondo, colpita da decenni da povertà e guerre civili. Le piccole miniere artigianali sono spesso le uniche fonti di sopravvivenza per intere famiglie.
Passo praticamente 24 ore nei tunnel. Arrivo presto la mattina e vado via la mattina dopo. Riposo dentro i tunnel.
Paul, 14 anni
Lo confermano le voci dei bambini, raccolte nel rapporto: “Passo praticamente 24 ore nei tunnel. Arrivo presto la mattina e vado via la mattina dopo. Riposo dentro i tunnel”, racconta Paul, 14 anni, orfano e impiegato in miniera già dall’età di 12 anni. “Mia madre adottiva voleva mandarmi a scuola, mio padre adottivo invece ha deciso di mandarmi nelle miniere”. O la testimonianza di Arthur, 13 anni: “Ho lavorato nelle miniere perché i miei genitori non potevano permettersi di comprarmi cibo e vestiti. Papà è disoccupato, mia madre vende carbone”.
Un mercato globale privo di qualsiasi controllo, indispensabile per l’intera catena di fornitura dell’elettronica di consumo, ma che conta decine e decine di persone vittime di condizioni di salute e di lavoro pessime e disumane.
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