Nella regione del Sahel, sconvolta da conflitti inter comunitari e dai gruppi jihadisti, 29 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria.
La mia storia d’amore con un profugo sudanese. Nata nella giungla di Calais
Marguerite Stern, militante del gruppo Femen, volontaria nella giungla di Calais, si è innamorata di un profugo. Ecco perché ha deciso di raccontare tutto.
“Qualche mese fa ho cominciato ad aiutare la comunità sudanese presente nella giungla di Calais. Ho insegnato francese in una scuola per rifugiati nel bel mezzo della bidonville. Rientravo a Parigi quando potevo. Piangevo tutte le lacrime che avevo e poi tornavo. Mi dicevo che non avrei dovuto farmi coinvolgere troppo. Ma un giorno mi sono innamorata. Si sa: capita quando meno te l’aspetti. Ora ho paura che me lo portino via”. A parlare è Marguerite Stern, militante francese del gruppo Femen, noto in tutto il mondo per le proteste in topless delle sue attiviste.
Racconta al giornale L’Obs la storia del suo incontro con un profugo sudanese, a partire dal “percorso a ostacoli compiuto al suo fianco per depositare una domanda d’asilo. Ci svegliavamo alle cinque di mattina per essere alle sei davanti agli uffici. In fila fino all’apertura, alle nove, insieme a decine di altri migranti. Ma trattavano solo una trentina di dossier al giorno: chi arrivava tardi rientrava alla bidonville, e riprovava il giorno dopo”.
Volontaria nella giungla di Calais
Stern nel frattempo, continuava ad impartire lezioni di lingua: “Mi ero ripromessa di non abbandonare i miei allievi, ma non ho potuto mantenere i miei propositi. Nel frattempo mi chiedevo in cosa mi stessi imbarcando. Non sapevo se continuare la battaglia militante, sul campo, o offrire alla persona che mi faceva sobbalzare il cuore una vita normale”. Un giorno, finalmente, l’appuntamento all’Ufficio immigrazione: “Mi dissi che era l’ultima tappa: in Sudan era stato perseguitato per ragioni etniche, imprigionato e torturato. Purtroppo, però, non ha prove per dimostrarlo. E così la sua domanda è stata rigettata”.
Stern racconta ancora che il suo ragazzo presenterà un ricorso alla Corte nazionale per il Diritto d’asilo: “È la prassi abituale. Ma stavolta la risposta sarà definitiva. Ci vorranno dai sei agli otto mesi. Nel frattempo, vive in una struttura per richiedenti asilo nel nord della Francia. Vorrei portarlo con me a Marsiglia, ma perderebbe la possibilità di beneficiare di un aiuto finanziario dallo stato, e lui si rifiuta di dipendere da me”. Se le autorità transalpine negheranno al profugo sudanese lo status di rifugiato, “dovrà tornare al suo paese e forse sarà di nuovo imprigionato”.
“Dietro ogni profugo c’è una storia. Spesso tragica”
Ciò che insegna questa racconto, al di là della vicenda intima e personale, è che dietro ciascuno richiedente asilo, c’è sempre una storia. Spesso tragica: “Non si attraversa il Mediterraneo rischiando di morire se si ha qualcosa da perdere. Dietro ciascun dossier sul tavolo dell’Ufficio immigrazione c’è la speranza di poter finalmente vivere in modo decente. Dietro le implicazioni politiche, economiche e giuridiche, ci sono dei drammi personali. Il privilegio di essere nati qui non deve portarci a rifiutare coloro che non hanno avuto la stessa fortuna. Dar loro dei diritti, a noi non toglie nulla”.
“È per questo – conclude la militante femminista – che mi sono detta che raccontando la mia storia, condividendo il mio dolore e la paura che un giorno possano strapparmi la persona che amo, tutti voi possiate comprendere”.
In atto lo sgombero della bidonville
Alla giungla di Calais la polizia francese ha iniziato alla fine di febbraio uno sgombero. L’obiettivo è eliminare il campo abusivo, e dislocare un po’ ovunque in Francia i profughi. Molti di loro, però, secondo quanto riportato dall’emittente transalpina Rtl, non demordono, fuggono dai centri d’accoglienza e tornano nella regione di Calais. Nella speranza di riuscire ad imbarcarsi per la loro meta: il Regno Unito.
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