Circa 40.000 persone hanno sostenuto le richieste indigene, che si oppongono a un progetto di revisione del trattato fondativo della Nuova Zelanda.
A Mosul, in Iraq, centomila bambini ostaggio della guerra all’Isis
L’Unicef ha lanciato un nuovo allarme sulla condizione dei bambini a Mosul, in Iraq, da mesi teatro di una cruenta battaglia contro lo Stato Islamico.
“Stiamo ricevendo notizie allarmanti dai quartieri occidentali di Mosul, in Iraq. Si parla di numerosi bambini che hanno perso la vita nel disperato tentativo di scappare dall’inferno della guerra, che nelle ultime ore si sta intensificando”.
Bambini usati come scudi umani o costretti a combattere
La denuncia è arrivata il 5 giugno dall’Unicef: l’organizzazione internazionale ha spiegato che i minori ancora presenti nella porzione della città irachena in mano agli jihadisti dello Stato Islamico sono anche “utilizzati come scudi umani e in alcuni casi obbligati a partecipare ai combattimenti”. “Circa centomila bambini – ha aggiunto l’agenzia delle Nazioni Unite – sono costretti a vivere in condizioni di pericolo estremo, immobilizzati nella città vecchia e in altre aree di Mosul ovest, nelle quali il fuoco incrociato delle parti in conflitto non risparmia neppure ospedali e presidi sanitari”.
Da ormai sette mesi l’esercito iracheno e le forze della coalizione internazionale tentano di liberare i quartieri occidentali, ultimo bastione urbano in Iraq in mano agli integralisti islamici. Ciò ha già provocato la fuga di oltre 750mila persone, che hanno lasciato le loro case a partire dallo scorso mese di ottobre.
Il risultato è che molte zone sono ormai “terra di nessuno”. Da settimane, uomini, donne e bambini risalgono ad esempio il grande viale del quartiere di al-Rifai a Mosul ovest, carichi di bustoni o trascinando carriole stracolme. Vestiti, quadri, stoviglie, mobili. C’è chi trascina perfino un ventilatore da soffitto: “Ma non si tratta di persone in fuga con i loro averi, bensì di sciacalli che saccheggiano le abitazioni abbandonate”, riferisce la stampa internazionale. Effetti collaterali di una guerra cruenta e logorante.
La coalizione internazionale evita per ora la città vecchia
Il 2 giugno l’esercito di Baghdad ha annunciato di aver liberato buona parte di Mosul: i combattimenti più violenti sono ora concentrati nei quartieri di Al-Shifaa, Al-Saha et Al-Zinjili. Il generale Haidar al-Obeidi, delle forze d’élite anti-terrorismo ha spiegato infatti che “i soldati hanno per ora evitato di entrare nel dedalo di stradine tortuose della città vecchia, sia par le difficoltà logistiche che per via del grande numero di civili ancora presenti nella zona”.
Nel frattempo, a Mosul est la vita riprende a poco a poco. Un reportage dell’emittente francese France Info ha riferito di abitanti che tentano di riorganizzare le loro esistenze. Alcuni negozi, ad esempio, ricominciano ad aprire: “Possiamo vendere di nuovo biancheria intima femminile, cravatte e anche t-shirt con scritte in inglese. Tutto ciò era vietato quando il quartiere era controllato dall’Isis”, ha raccontato un commerciante.
A Mosul est la vita riprende dopo la liberazione
Un barbiere riferisce di essere tornato a poter esercitare liberamente il proprio mestiere: “Prima, gli jihadisti avevano imposto un taglio identico a tutti e il divieto di rasare le barbe. Mi sono anche rifiutato di mandare i miei figli a scuola: ho visto i loro quaderni di matematica, nei quali per insegnare le operazioni facevano addizionare scatole di munizioni o bombe”.
https://www.youtube.com/watch?v=RKseZzSL2jM
Ma l’eco della guerra vicina arriva fortissima: un uomo appena fuggito da Mosul ovest racconta di “decine di sepolture di civili al giorno. I combattenti Isis lanciano i loro colpi di mortaio dai cumuli di macerie nei quali si nascondono le famiglie. Quando la coalizione internazionale replica, uccide tutti. È un massacro”.
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