La Cop16 sulla biodiversità si conclude con pochi passi avanti. Cosa resta, al di là della speranza?
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Sulle montagne della Nuova Guinea, grazie alle fototrappole, è stata documentata la presenza di un canide selvatico che si credeva estinto da oltre cinquanta anni.
Uno degli aspetti affascinanti della natura è che, per quanto ci sforziamo a classificarla e a cercare di ordinarla secondo i nostri schemi logici, questa rifugge ogni incasellamento, riservandoci così inesauribili sorprese. L’ultima di queste è la (ri)scoperta di un cane selvatico ritenuto estinto da mezzo secolo.
Il cane selvatico delle montagne della Nuova Guinea (Canis dingo hallstromi) assomiglia a un dingo (Canis lupus dingo), canide introdotto dall’uomo in Australia, e sarebbe il cane selvatico più antico ancora in vita. Questi animali sono ritenuti i progenitori degli attuali cani ed erano ritenuti estinti in natura da oltre cinquanta anni.
Alcuni ricercatori della New Guinea Highland Wild Dog Foundation (Nghwdf), guidati dallo zoologo James K. McIntyre, hanno però effettuato una scoperta sorprendente sulle montagne della Nuova Guinea, nella provincia di Papua. Nel 2016, grazie alle fototrappole, hanno infatti documentato la presenza di numerosi esemplari di cane selvatico sul monte Puncak Jaya, identificando almeno quindici individui, tra cui maschi, femmine e cuccioli. “La scoperta e la conferma della sua presenza sono notizie entusiasmanti e rappresentano un’incredibile opportunità per la scienza”, si legge in un comunicato della New Guinea Highland Wild Dog Foundation.
La specie è stata riscoperta nelle foreste degli altipiani della Nuova Guinea, tra i 3.300 e i 4.200 metri sul livello del mare, ed è imparentata (potrebbe anzi appartenere alla stessa specie) con il cane canoro della Nuova Guinea, così chiamato proprio per sue abilità canore. Questa specie di cane, nota per la sua caratteristica voce musicale e per il suo ululato unico, oggi vive solo in cattività ed è minacciata dall’ibridazione con i cani addomesticati.
Il ritrovamento di questo elusivo mammifero non è stato tuttavia improvviso, già tra il 2005 e il 2012 si erano avute segnalazioni di avvistamenti di questa specie, che però non erano state confermate da prove concrete. Lo scorso anno McIntyre e il suo team, con la collaborazione dei ricercatori dell’Università di Papua, si sono imbattuti in un’impronta nel fango che ha fornito loro la conferma della possibile presenza del raro canide. Hanno dunque installato numerose fototrappole in tutta l’area del ritrovamento e le macchine fotografiche hanno “catturato” oltre 140 immagini del cane selvatico. Tramite le analisi del Dna e delle feci i ricercatori hanno confermato il legame di questa specie con il dingo australiano e il cane canoro della Nuova Guinea.
Secondo gli scienziati lo studio di questi animali potrebbe fornirci una migliore e più dettagliata comprensione dell’evoluzione dei canidi. “I reperti fossili indicano che la specie è presente sull’isola da almeno seimila anni – ha spiegato McIntyre – e si ritiene sia arrivato sull’isola assieme all’uomo. Nuove prove suggeriscono tuttavia che potrebbe avere migrato indipendentemente. L’importanza scientifica e storica di questi cani resta fondamentale per comprendere l’evoluzione dei canidi e per comprendere la co-evoluzione di uomini e cani”.
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