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C’è un movimento che non ha leader, non fa comizi, non scende in piazza. Ma lavora ogni giorno per costruire una società che guarda al futuro. È il partito della sostenibilità.
C’è la deriva ultranazionalista, persino xenofoba dovuta alla crisi economica e alla “paura” dell’invasione da parte di persone che scappano da altri continenti. E poi c’è un’altra deriva che in pochi notano o raccontano. Una deriva silenziosa che non porta con sé odio, ma serenità, che non contrappone, ma unisce, che non addita, ma abbraccia. Il riferimento è al percorso che milioni di persone, in Italia come in Europa, hanno intrapreso verso la sostenibilità, una forma di sviluppo etica che guarda al futuro del pianeta e alle prossime generazioni. Lo ha dimostrato l’Austria con l’elezione il 22 maggio di Alexander Van der Bellen. Una dimostrazione che va al di là della “paura”, ancora questa parola, ultranazionalista rappresentata dall’avversario Norbert Hofer. L’indipendenza di Van der Bellen e la sua storia legata al Partito dei verdi, infatti, sono stati il vero collante che ha portato il 50,3 per cento di austriaci a sceglierlo come nuovo presidente.
Una maggioranza composta soprattutto da persone con un alto grado di istruzione (pari al 76 per cento), donne, il 60 per cento, e dagli abitanti di città quali Vienna, Graz, Linz e Salisburgo, più improntati verso l’accoglienza rispetto alle regioni di montagna come il Tirolo o alle campagne del Burgenland che confinano con l’Ungheria. Nessuno pensa che ogni voto ricevuto da Van der Bellen sia un voto verde, ma altrettanto non si può pensare che qualsiasi candidato al posto suo sarebbe riuscito a sconfiggere Hofer.
Una situazione analoga l’ha vissuta l’Italia in occasione del referendum sulle trivellazioni. In quella occasione il 31,18 per cento dei votanti si è recato alle urne e 13,3 milioni di persone hanno seguito la loro coscienza ambientalista. Dati che ben si sposano con quelli del secondo Osservatorio nazionale sullo stile di vita sostenibile realizzato da LifeGate insieme all’istituto di ricerca Eumetra Monterosa. In dodici mesi le persone che si sono dichiarate appassionate ai temi legati alla sostenibilità è cresciuto in modo esponenziale arrivando al 29 per cento (14,5 milioni di italiani). Anche in questo caso si tratta di donne, persone giovani che vanno dai 18 ai 24 anni e con un grado di istruzione che va dal diploma alla laurea.
Una crescita così rapida da impressionare persino un esperto come Renato Mannheimer: “È una rivoluzione. Il motore culturale più potente della società è la sostenibilità. Una quantità rilevante – un terzo degli italiani – che coinvolge soprattutto i giovani, le donne e le persone più istruite”. Se agli appassionati si aggiungono anche gli italiani interessati alla sostenibilità, pari al 33 per cento e a circa 16,5 milioni di italiani, coloro che in Italia si considerano coinvolte su questi temi supera largamente la metà della popolazione: 62 per cento, ovvero 31 milioni (erano 21 milioni nel 2015).
Esattamente le caratteristiche che contraddistinguono la fetta di popolazione austriaca che ha votato per Hofer. Numeri che, in queste proporzioni, evocano la nascita di un nuovo movimento. Il partito della sostenibilità. Un inedito corpo elettorale attratto da ciò che di meglio ha da offrire la società contemporanea.
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