Cambiamenti climatici e impatto sull’habitat impongono di ripensare la vita in montagna. E il turismo, che resta un grande volano economico.
Pellicce di visone, Essere Animali dice no all’apertura di un nuovo allevamento
Ci vogliono due minuti. Uno per guardare e condividere questo video che racchiude mesi di indagini con cui il team investigativo di Essere Animali è riuscito a documentare le condizioni dei visoni negli allevamenti italiani e la loro morte nelle camere a gas, anche grazie all’utilizzo di telecamere nascoste e un infiltrato. L’altro per firmare e diffondere
Ci vogliono due minuti. Uno per guardare e condividere questo video che racchiude mesi di indagini con cui il team investigativo di Essere Animali è riuscito a documentare le condizioni dei visoni negli allevamenti italiani e la loro morte nelle camere a gas, anche grazie all’utilizzo di telecamere nascoste e un infiltrato.
L’altro per firmare e diffondere la petizione, sostenuta già da oltre diecimila persone in pochi giorni, con cui chiediamo all’amministrazione comunale di Villadose, una città di cinquemila abitanti in provincia di Rovigo, in Veneto, di fare il possibile per impedire la realizzazione di un allevamento di diecimila visoni nel proprio territorio.
È una battaglia che possiamo vincere, lanciando allo stesso tempo un messaggio più grande a sostegno delle tre proposte di legge che, se approvate, introdurrebbero finalmente anche in Italia il “divieto di allevamento, cattura e uccisione di animali per la produzione di pellicce”. Queste proposte sono firmate da politici di diversi schieramenti ma, nonostante l’ampio consenso che vede l’86 per cento degli italiani contrari a questi allevamenti, sono ferme da oltre tre anni.
Cosa sta succedendo a Villadose, in Veneto
Un allevamento ha presentato una richiesta per modificare la specie allevata: da bovini da carne a visoni da pelliccia. In realtà non si tratta proprio di un nuovo allevamento di visoni, ma presumibilmente di un tentativo di spostare un’attività simile situata nel padovano, all’interno del parco dei Colli Euganei, dove si trova uno degli ultimi allevamenti di visoni ancora attivi in Italia.
Ma c’è anche un parere della commissione tecnica del parco dei Colli Euganei secondo il quale l’allevamento di animali selvatici e alloctoni, come i visoni, sarebbe incompatibile con il piano ambientale del parco stesso. L’attività deve dunque cessare? Per ora l’allevatore è ricorso al Tar (Tribunale amministrativo regionale), ma sta di fatto che ha già cercato di insediare un altro allevamento di visoni a Lendinara, sempre nel rodigino. Questo primo progetto era stato prontamente bloccato grazie ad una nostra mobilitazione, ma ora ci risiamo e c’è pure un nuovo ostacolo.
A Lendinara, infatti, un attento consiglio comunale aveva raccolto le nostre richieste modificando il regolamento comunale e vietando la realizzazione di nuovi allevamenti di visoni, ma questa strada non è percorribile per Villadose, dove gli allevatori, per arginare questo problema, hanno chiesto di variare la specie allevata all’interno di un’attività già esistente.
Quello che si chiede all’amministrazione comunale di Villadose è di utilizzare tutti gli strumenti in suo possesso per scongiurare la nascita di questo allevamento. Un primo passo, anche se solo simbolico, sarebbe l’approvazione di una mozione a sostegno delle sopraccitate proposte di legge. Essere Animali, insieme a Lav Rovigo e ai comitati ambientalisti Lasciateci Respirare e Terre Nostre, ha lanciato una nuova mobilitazione: il 7 ottobre è prevista una conferenza pubblica, con volantinaggi e manifestazioni.
Le pellicce: crudeli e superflue
Secondo alcuni ricercatori i visoni, animali selvatici che vivono lungo i fiumi e i corsi d’acqua, quando sono rinchiusi nelle gabbie degli allevamenti subiscono, per l’impossibilità di nuotare, lo stesso livello di stress provocato dalla privazione dal cibo.
I visoni hanno fame di libertà, fatto che hanno capito i governi di otto paesi europei che hanno già provveduto a vietare questi allevamenti. Emblematico è il caso dell’Olanda, in cui dal 2024 sarà vietato allevare anche i visoni, dopo un iniziale divieto che riguardava solo volpi e cincillà. Dall’emanazione della legge alla chiusura degli allevamenti trascorreranno undici anni. Questo periodo di transizione così lungo sembrerebbe una presa in giro, se non fosse che l’Olanda è addirittura il quarto produttore mondiale di pellicce di visone.
Eppure, nonostante un settore così fiorente, leggete cosa dice il dipartimento dei Diritti civili della Corte dell’Aja contro il ricorso presentato dalla Federazione olandese produttori di pellicce:
Agli allevatori non doveva passare inosservato che indossare pellicce e allevare animali per la produzione di pelli già da molti anni è considerato immorale da una buona parte della società olandese.
Verrebbe da sorridere ma c’è da intristirsi. Infatti, in Olanda i visoni allevati sono 5,5 milioni e in Italia “solo” 200mila, ma nonostante ciò la commissione Agricoltura della Camera dei deputati e la commissione Sanità del Senato non hanno ancora provveduto a inserire in calendario gli atti n. C.288 e C.2148 e il disegno di legge S62 che vieterebbero questi allevamenti.
Verso un futuro senza pellicce
Non ci dobbiamo però demoralizzare. Anzi, questa situazione deve essere uno stimolo per attivarci nuovamente, partecipando a mobilitazioni come quella per impedire la realizzazione dell’allevamento a Villadose.
Anche dal mondo della moda arrivano forti messaggi a sostegno di questa battaglia. Recentemente Giorgio Armani in persona ha ufficializzato il suo impegno a non utilizzare più pellicce. “Il progresso tecnologico raggiunto in questi anni”, ha dichiarato, “ci permette di avere a disposizione valide alternative che rendono inutile il ricorso a pratiche crudeli nei confronti degli animali”.
La direzione è chiara: un futuro senza pellicce, indumenti che la maggior parte delle persone già ripudia, simbolo della sofferenza e dell’uccisione di splendidi animali per futili motivi.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
“Quando scaliamo ci sentiamo libere da tutto”. Le cholitas escaladoras, un gruppo di donne indigene boliviane, rompono gli stereotipi legati all’alpinismo e alla società.
La città governata dalla sindaca Anne Hidalgo sta per approvare un nuovo Piano climatico che prevede oltre 300 ettari di nuove aree verdi.
Tre organizzazioni ambientaliste incassano una storica vittoria contro il governo del Sudafrica: l’espansione del carbone va fermata.
Il rapporto dell’Ispra mostra neanche nel 2023 ci sono stati miglioramenti nella cura del territorio: si continua a cementificare a spron battuto.
Per motivi politici, il governo della Norvegia rinvia l’assegnazione delle licenze per le estrazioni minerarie nei fondali marini.
Un studio ha anticipato di nuovo le previsioni sullo scioglimento pressochè totale del ghiaccio nel mare più settentrionale della pianeta.
Dove sposteremo gli italiani quando saranno loro i migranti climatici? Da questa domanda nasce il libro “Migrare in casa” di Virginia Della Sala.
La capitale dell’Arabia Saudita, Riad, ospita la sedicesima Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulla desertificazione, la Cop16.