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In Islanda il primo progetto per ridurre le emissioni di CO2, pompandola nel sottosuolo. In pochi mesi si trasforma in roccia.
È da tempo che se ne parla e molti sono gli esempi di cattura e di stoccaggio della CO2 (in gergo tecnico Ccs, ovvero Carbon capture and sequestration). Nello specifico il sistema viene oggi impiegato in alcune centrali termoelettriche, a gas o carbone, per ridurre le emissioni in atmosfera del processo di combustione.
Ma i costi della tecnologia e soprattutto il problema di trovare gli spazi adatti dove stoccare l’anidride carbonica evitando fuoriuscite non controllabili, rendono questo sistema ancora poco utilizzato. Per questo il nuovo esperimento chiamato Carbfix e ideato da un team di scienziati internazionali, potrebbe cambiare le sorti della cattura e dello stoccaggio della CO2.
In Islanda, terra ricca di rocce basaltiche, i ricercatori hanno infatti dimostrato che è possibile pompare il gas nel sottosuolo e soprattutto che questo, in determinate condizioni fisico chimiche, si trasforma in una roccia carbonatica.
Lo studio, pubblicato su Science, dimostra per la prima volta che è possibile stoccare la CO2 in maniera permanente e stabile. E ciò che più colpisce sono i tempi di trasformazione. Se una roccia impiega ere geologiche per diventare tale, con Carbfix l’anidride carbonica precipita in roccia carbonatica in meno di 2 anni. Un battito di ciglia per la geologia.
In più è stato dimostrato come il 95 per cento del gas, pompato tra i 400 e gli 800 metri di profondità, tra le rocce basaltiche (di origine vulcanica) si trasforma in roccia. Percentuale decisamente elevata. “I nostri risultati – si legge nell’articolo – dimostrano che lo stoccaggio a lungo termine delle emissioni di CO2 di origine antropica attraverso la mineralizzazione può essere molto più veloce di quanto precedentemente ipotizzato”.
“Le rocce carbonatiche nono fuoriescono dal sottosuolo, è ciò dimostra che abbiamo sviluppato un metodo sicuro e a ridotto impatto per stoccare la CO2”, ha dichiarato Juerge M. Matter, a capo dell’esperimento. “D’altra parte il basalto è la roccia più comune della Terra, il che significa avere enormi potenzialità di stoccaggio”. La base dell’esperimento è stata la centrale geotermica di Hellisheidi, poco fuori la capitale islandese. Qui dal 2012 vengono pompate nel sottosuolo 5 mila tonnellate di CO2 l’anno, trasformate successivamente in roccia.
Perché la trasformazione abbia successo, servono però enormi quantità d’acqua. Il gas infatti viene miscelato con il liquido per abbassarne il pH e far sì che agisca chimicamente con i basalti circostanti. In proporzione si usa il 95 per cento di acqua, contro il 5 per cento di anidride carbonica. Secondo i ricercatori sarebbe comunque possibile utilizzare l’acqua di mare. Oltre al fatto che costruire centrali con questi sistemi richiederebbe costi elevatissimi. Per ora si tratta del primo passo che potrebbe portarci a trovare la soluzione per ridurre le emissioni climalteranti.
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