Sulle Dolomiti sono apparsi degli adesivi che invitano a riflettere sugli impatti dell’overtourism. Dopo Spagna e Grecia, il dibattito arriva anche in Italia.
Alex Cornelissen. Quando salvare gli oceani diventa una missione, con Sea Shepherd
In occasione della prima sosta in Italia della nave Bob Barker di Sea Shepherd, abbiamo incontrato Alex Cornelissen, ceo di Sea Shepherd Global, e fatto un giro sulla nave più temuta dalle baleniere.
Domenica 7 febbraio a Venezia la pioggia cadeva incessante, cielo e laguna sembravano fondersi in un unico colore lattiginoso, mentre la bandiera Jolly Roger di Sea Shepherd, che raffigura un teschio con disegnati un delfino e un capodoglio e un tridente incrociato con un bastone da pastore, garriva al vento.
Le condizioni climatiche avverse non hanno però scoraggiato le centinaia di persone che sono accorse alla darsena di Marina Vento di Venezia, nell’Isola della Certosa, per ammirare la nave Bob Barker, conoscere l’equipaggio e sostenere Sea Shepherd, organizzazione che da quasi quaranta anni si batte per contrastare il massacro delle specie selvatiche che popolano gli oceani e i loro ecosistemi.
Sulla piccola isola veneziana si respiravano entusiasmo e un’energia incredibilmente positiva perché, in fondo, “Sea Shepherd è più di una semplice organizzazione, è un movimento”, ha ricordato nel corso della conferenza stampa Alex Cornelissen, amministratore delegato di Sea Shepherd Global e storico capitano della nave Bob Barker. Sea Shepherd non si è fermata neppure dopo l’inconveniente di sabato, che ha visto la Bob Barker rimanere incagliata in una secca della laguna di Venezia. La nave è poi stata trainata da due rimorchiatori. “In passato abbiamo affrontato numerose situazioni molto pericolose, ma a quanto pare i fanghi della laguna di Venezia non sono da meno – ha scherzato Cornelissen – per fortuna non ci sono stati danni”.
Proprio l’estrema determinazione, l’attivismo concreto e la genuina partecipazione popolare differenziano l’associazione fondata dal capitano Paul Watson nel 1977 dalle altre organizzazioni ambientaliste. Abbiamo chiesto ad Alex Cornelissen cosa pensa delle altre associazioni e come potremmo contribuire a proteggere la vita negli oceani.
Ritiene che le altre organizzazioni ambientaliste potrebbero impegnarsi più attivamente per la protezione dell’ambiente?
Assolutamente sì! Non voglio puntare l’indice contro nessuno, però Wwf e Greenpeace hanno grandi contraddizioni. Ritengo senza senso ad esempio che Greenpeace, la cui missione è proteggere l’ambiente, abbia i freezer colmi di carne e pesce. Come puoi dire di difendere la natura se te la mangi?
Può l’alimentazione vegana avere un impatto positivo sull’ambiente, in particolare quello marino?
Certamente, infatti a bordo delle nostre navi si servono esclusivamente pasti vegani. Ci sono varie ragioni, innanzitutto mangiare carne e pesce ha un grande impatto sull’intero pianeta, inoltre non avrebbe senso attraversare gli oceani per salvare la fauna marina e al tempo stesso mangiare mucche e polli. È ormai evidente che l’unica dieta sostenibile è quella vegana. Abbiamo deciso di adottare questa politica anche per dare un esempio alle persone che ci seguono. Io sono diventato vegano nel 2004, allora era difficile trovare cibo vegan al di fuori degli stati Uniti, oggi in quasi ogni parte del mondo si può trovare un ristorante vegano. È solo questione di tempo perché un ristorante veg riceva una stella Michelin.
L’inquinamento nei mari è perfino peggio della pesca in termini di impatto ambientale. Cosa fate per contrastarlo?
È un problema enorme, qui a Venezia ho portato una strumentazione particolare che utilizziamo per raccogliere la plastica dagli oceani, dopodiché riferiamo i dati raccolti ad un’organizzazione che rileva la percentuale di plastica presente per chilometro quadrato in acqua. In questo modo speriamo di contribuire alla ricerca scientifica e a fornire informazioni dettagliate sull’inquinamento marino. Inoltre nel corso delle nostre missioni navighiamo in acque remote e poco frequentate dalle altre navi, è quindi una buona opportunità per condividere queste esperienze e i dati raccolti con la comunità scientifica. Solcando l’Oceano Antartico si possono ammirare panorami e habitat straordinari, ma anche lì si trova plastica ovunque. È necessario agire su più livelli, pulire le coste, smettere di gettare rifiuti in mare e contenere la produzione e il consumo di plastica.
Qual è stata l’esperienza più intensa che ha vissuto da quando fa parte di Sea Shepherd?
Non basterebbe una giornata intera per raccontarle tutte, ricordo comunque in particolare la prima volta che mi sono imbarcato. Stavamo navigando in prossimità delle Galapagos, prima abbiamo incontrato un enorme branco di delfini, poi ci siamo imbattuti in alcune reti da posta nelle quali era imprigionata una tartaruga marina. Quel giorno ho ammirato la bellezza della vita marina e compreso a fondo l’importanza delle nostre azioni.
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