Le proteste antigovernative in Israele, l’attentato in Cisgiordania, i raid israeliani in Siria. Il Medio Oriente è una polveriera.
Mine e ordigni inesplosi. Per bonificare la Siria ci vorranno trent’anni
L’associazione francese Handicap International lancia l’allarme: in Siria sono già decine di migliaia le persone mutilate.
Sei anni di guerra hanno reso il territorio della Siria un tappeto di mine, bombe e armi inesplose. Talmente tante che per bonificare interamente il paese ci vorranno almeno decine di anni di lavoro. A denunciare l’ennesima, nefasta conseguenza a lungo termine del conflitto è l’associazione francese Handicap International, che in un rapporto pubblicato il 15 marzo a Parigi traccia anche un bilancio complessivo delle sue conseguenze: 250mila morti, un milione di feriti, 12,5 milioni di persone che dipendono ormai unicamente da aiuti umanitari e 4,6 milioni di rifugiati. Finora.
Le bombe inesplose colpiscono chiunque, alla cieca
“La popolazione siriana – spiega la Ong – è quotidianamente colpita da bombardamenti, tiri di mortaio, razzi, missili, ordigni improvvisati, bombe sganciate da elicotteri. Questi congegni provocano ustioni, amputazioni, fratture complesse. Feriscono e uccidono alla cieca”.
Nessuno, infatti, è al riparo in Siria. Né le donne che si avventurano per cercare cibo, né i bambini che giocano tra le macerie, né gli anziani che si spostano per cercare riparo. Handicap International spiega di aver già fornito protesi a seimila cittadini siriani dall’inizio del conflitto: “Ma sono decine di migliaia coloro che hanno bisogno di arti artificiali e rieducazione”.
A Kobane, dieci munizioni per metro quadrato
Basti pensare che uno studio realizzato nell’aprile 2015 dalla stessa associazione, nella città settentrionale di Kobane, ha rivelato la presenza in media di dieci munizioni per metro quadrato nel centro urbano. A ciò si aggiunge un’ulteriore minaccia per la popolazione – ha spiegato Emmanuel Sauvage , coordinatore regionale dell’associazione, nel corso di una conferenza stampa – ovvero il fatto che le cariche esplosive dei numerosi ordigni artigianali utilizzati dalle fazioni in campo “sono considerevolmente più potenti rispetto alle normali mine anti-uomo”.
“Tutti questi ordigni – ha aggiunto l’attivista – vengono chiamati ‘residui esplosivi di guerra’. Possono deflagrare in ogni momento, e la loro raccolta ad oggi non può essere neppure avviata, per ragioni di sicurezza. Occorrerà una mobilitazione senza precedenti da parte della comunità internazionale per sminare la Siria. E per arrivare ad azzerare i rischi, ci vorranno almeno trent’anni”. A patto che le ostilità vengano arrestate immediatamente.
Aggiornato il: 30/03/2017
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