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Stefano Boeri. La forestazione urbana per Milano e per il futuro delle città
L’architetto Stefano Boeri sostiene la candidatura di Milano per ospitare il Congresso forestale mondiale del 2021. La parola chiave è forestazione urbana. La sfidante da temere: Seul.
Milano e l’Italia sono in gara per ospitare il quindicesimo Congresso forestale mondiale in programma nel 2021, dopo quello che si è tenuto a Durban, in Sudafrica, nel 2015. A contendersi la vittoria c’è anche la capitale della Corea del Sud, Seul. L’architetto Stefano Boeri, che ha progettato il pluripremiato Bosco Verticale, ha partecipato ai lavori del Comitato sulle foreste (Committee on Forestry, Cofo) che si è tenuto a Roma dal 16 al 22 luglio per sostenere la candidatura milanese nel solco dell’esperienza dell’esposizione universale dello scorso anno. Il tema portato avanti da Boeri e dall’Italia è quello della forestazione urbana e della tutela della biodiversità nelle grandi città.
Il Congresso forestale mondiale è organizzato dalla Fao, l’organo delle Nazioni che si occupa di agricoltura, mentre lei è un architetto e lavora per le città. Un contrasto solo in apparenza. Quali sono le differenze tra i congressi passati e quello che vorrebbe ospitare Milano?
Una delle grandi sfide del futuro è la forestazione urbana. Dobbiamo immaginarci un rapporto nuovo tra boschi, foreste e città. Il mio sostegno alla candidatura italiana, dunque, è dovuta al fatto che da anni sto lavorando a un progetto di città che ruota intorno a tre aspetti. Il primo è bloccare la loro crescita, l’espansione indiscriminata attraverso una cintura di boschi che reintroduca il concetto di confine. Noi avevamo cominciato con Milano nel 2006, in collaborazione con la provincia. Il progetto prevedeva di piantare 9 milioni di alberi intorno al capoluogo lombardo per ricostruire un bordo ed evitare la cementificazione senza controllo.
La sua idea però va oltre la cintura verde.
La nuova sfida, e il secondo punto del programma, è portare i boschi e la biodiversità all’interno delle città. Gli alberi, le foglie hanno una capacità straordinaria di assorbire la CO2 che causa il riscaldamento globale. Una caratteristica fondamentale soprattutto in ambito urbano dove non c’è solo un problema climatico, ma anche di inquinamento e di eccesso di produzione di polveri sottili che minacciano la qualità dell’aria. Sempre a Milano abbiamo studiato la realizzazione di un “fiume verde” per sostituire i sette scali merci ferroviari abbandonati che corrono all’interno della metropoli per quasi 30 chilometri.
Qual è il terzo aspetto?
È quello legato al Bosco Verticale. Oggi è possibile concentrarsi su un tipo di architettura che prevede fin dall’inizio la natura come sua parte essenziale. Il Bosco Verticale è stato un esperimento pienamente riuscito e ogni anno migliora perché le piante crescono e diventano sempre più grandi e verdi.
In futuro pensa sia possibile sovvertire questo aspetto, cioè non più adattare la natura all’architettura, bensì viceversa?
In realtà già il Bosco Verticale anticipa questo concetto perché il progetto prevede anche la realizzazione di un parco intorno ai due grattacieli che ospiteranno piante importantissime per la biodiversità locale. Un’anticipazione della questione dei corridoi ecologici, cioè della creazione di spazi orizzontali che collegano i parchi e i boschi che già fanno respirare la città, garantendo la sopravvivenza delle specie animali che li popolano e incrementando il potenziale di contrasto ai cambiamenti climatici. Ottimo, dunque, anche pensare – laddove esiste già il verde – ad architetture che tengano conto di queste opportunità.
Quando sorvoliamo le metropoli, queste assomigliano a cellule impazzite, cancerogene, all’interno di un tessuto sano e naturale. La forestazione urbana può aiutare a guarire dal male rappresentato dalla città diffusa (o urban sprawl)?
Da una parte la soluzione sono i boschi e le foreste orbitali. Dall’altra invece non bisogna immaginare una chemioterapia che distrugga l’urbanizzazione, che si è mangiata tutta l’Italia settentrionale, e che rischia di distruggere anche la qualità della vita. Al contrario, bisogna immaginare un modo nuovo di integrare gli alberi anche dal punto di vista sociale, economico e culturale. Quando parliamo di alberi parliamo di vite, di una somma di individui con un corpo e un volto, che hanno un valore e una storia. Gli alberi devono riconquistare il ruolo da protagonista che hanno sempre avuto per le nostre città. Persino nelle città diffuse che hanno rovinato il paesaggio italiano.
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