Nella regione del Sahel, sconvolta da conflitti inter comunitari e dai gruppi jihadisti, 29 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria.
Tommaso Fabbri di Medici senza frontiere: “Vi spiego come funzionano i salvataggi di migranti”
Il capo missione di Medici senza frontiere replica alle accuse della procura di Catania: “Dito puntato contro di noi, ma è l’Europa che ha fallito”.
Presunti contatti con “persone a terra” in Libia, ipotetici trasferimenti di denaro, “sostegno” agli scafisti. Negli ultimi mesi sulle organizzazioni non governative che si occupano di salvare le vite dei migranti alla deriva nel Mediterraneo sono piovute accuse gravissime. Le parole del pubblico ministero Carmelo Zuccaro, della procura di Catania, sono sembrate macigni. Il magistrato ha parlato di “una proliferazione di unità navali posizionate dalle ong che si incaricano di salvare i migranti. Nei momenti di maggior picco, abbiamo registrato la presenza di tredici assetti navali. Ci siamo interrogati sul fenomeno e su come si possano affrontare costi così elevati senza disporre di un ritorno in termini di profitto economico”.
Tommaso Fabbri, Capo missione di Medici senza frontiere in Italia spiega nel dettaglio quali sono i mezzi, i metodi e le finalità del lavoro in mare della ong. E perché le accuse sono a suo modo di vedere del tutto infondate.
Cosa vi siete detti all’interno di Medici senza frontiere nel momento in cui sono piovute addosso alle ong le accuse dalla procura?
Abbiamo appreso dai media la notizia dell’apertura di un’inchiesta conoscitiva della procura di Catania sulle attività elle ong che fanno ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale. Non siamo mai stati contattati direttamente dalle autorità, benché da parte nostra ci sia sempre stata la massima disponibilità e trasparenza a fornire tutte le informazioni che avrebbero potuto essere utili.
Today @g7 leaders will meet in #Sicily. We’ve a message for them: if you want to stop the tragedy at sea, provide #SAFEPASSAGE! #G7taormina pic.twitter.com/B0VNNVTwj1
— MSF Sea (@MSF_Sea) 26 maggio 2017
Ciò che ci preoccupa molto, però, è l’escalation di avvelenamento del clima che testimoniamo ormai da diversi mesi. Negli scorsi anni le operazioni di salvataggio nel Mediterraneo erano accompagnate dalla vicinanza di tantissimi italiani e soprattutto dal riconoscimento istituzionale del dovere di salvare vite in mare. Oggi ci troviamo in una situazione opposta: di fatto, coloro che fanno ricerca e soccorso in mare (e ancora di più le persone soccorse) rischiano di trovarsi circondati da un’ostilità che, per il paese che ha preso l’iniziativa di lanciare Mare Nostrum, rappresenta un enorme passo indietro.
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Sono stati evocati anche alcuni finanziamenti che sarebbero giunti alle ong dai trafficanti: vi è mai capitato di assistere a transazioni poco chiare?
Medici Senza frontiere è un’organizzazione umanitaria indipendente che opera nella massima trasparenza: i bilanci sono disponibili online sul sito internet della nostra organizzazione. La natura dei nostri fondi è pulita e non ha nulla a che fare con i trafficanti di esseri umani.
I nostri donatori individuali sono oltre 300mila e il loro contributo è stato pari al 94% del totale della raccolta fondi del 2016, come da bilancio pubblicato sul sito e certificato sia internamente che da un ente terzo. Si tratta di singole persone, privati cittadini, quindi siamo obbligati per legge a garantire la protezione dei loro dati che evidentemente non sono pubblici. A questo si aggiunge un 6% di donazione da parte di aziende e fondazioni che selezioniamo attraverso un rigido screening etico, anch’esso pubblico e presente sul sito. Le principali aziende e fondazioni che ci hanno finanziato sono elencate una per una, e sottolineo una per una, nel nostro bilancio online, a pagina 21. La fondazione di George Soros “Open Society”, ad esempio, non risulta tra i finanziatori di Msf Italia (il nome era stato fatto da alcuni esponenti politici, ndr).
Perfino l’Osservatore Romano, però, ha scritto che «la paura che venga meno lo sforzo generoso di molti per il salvataggio dei migranti non deve portare a semplificare il problema negandone l’esistenza». Tecnicamente come funzionano i vostri interventi?
Tutti i salvataggi nel Mediterraneo sono realizzati in accordo con il Centro di Coordinamento della Guardia costiera italiana e nel pieno rispetto del diritto internazionale marittimo, delle norme europee e delle leggi italiane. Sono le autorità italiane competenti a definire quando e come Msf interviene a soccorso di un barcone in difficoltà e dove le persone salvate debbano essere sbarcate. Tutti gli uomini, le donne e i bambini soccorsi dalla nostra organizzazione sono affidati alle autorità italiane, nei porti di sbarco che ci vengono indicati. In quanto organizzazione umanitaria, l’obiettivo delle nostre attività in mare è finalizzato solo ed esclusivamente al salvataggio delle persone. Inoltre, i nostri team a bordo e a terra identificano i casi più vulnerabili e li segnalano alle autorità al porto di sbarco.
L’esistenza del business dei trafficanti è una conseguenza della mancata previsione di canali regolamentati che consentano ai rifugiati e ai migranti di raggiungere l’Europa in modo legale e sicuro. Solo colmando questa lacuna sarebbe possibile colpire in modo definitivo le reti di trafficanti e porre fine alle ingiustificate morti in mare.
Spesso le vostre navi aspettano ai limiti delle acque territoriali libiche. C’è chi sostiene che ciò abbia cambiato il modo di operare degli scafisti, che sanno di poter “contare” sulla vostra presenza…
Il fattore di stimolo delle partenze causato dalle operazioni di soccorso in mare è una bufala che in questi anni abbiamo sentito ripetere a più riprese, senza che nessuno sia mai stato in grado di dimostrarla nei numeri o con evidenze incontrovertibili. In questi anni abbiamo intervistato centinaia di persone a bordo delle nostre navi e nessuna ci ha mai riferito di essere partita nella convinzione di venire recuperata appena superate le acque territoriali.
After 3 medical evacuations, we have now 1446 #people in this situation. We are asking support to transfer at least 400, but nothing so far. pic.twitter.com/IigZvznNSc — MSF Sea (@MSF_Sea) 26 maggio 2017
Ma basta l’analisi dei numeri a dimostrare la sciocchezza di questa affermazione. Innanzitutto, l’unico periodo di studio che abbiamo a disposizione è rappresentato dai primi quattro mesi del 2015, dopo la chiusura di Mare Nostrum. In quel lasso di tempo le partenze non diminuirono affatto, nonostante l’ampia pubblicità che venne data alla fine dell’operazione. Mentre la mortalità aumentò di ben 30 volte, come conseguenza della privatizzazione del soccorso. In secondo luogo, i flussi sono determinati da dinamiche complesse più legate ai cosiddetti fattori di spinta. I flussi hanno continuato a crescere dal 2014 al 2017, principalmente per effetto dell’evoluzione delle situazioni nei paesi di origine e per il deteriorarsi delle condizioni in Libia. Ci sono state oscillazioni: la diminuzione dei siriani nel 2015 per l’apertura della rotta balcanica (40mila nel 2014, circa 7.500 nel 2015); meno eritrei per le maggiori difficoltà incontrate lungo il percorso in Sudan e l’arresto di una rete di trafficanti in Italia e in altri paesi europei; più nigeriani per l’aggravarsi della situazione nel nord del paese. Ma in generale, il trend di crescita risale al 2015. Ovvero ben prima dell’aumentata presenza in mare delle navi di soccorso delle ong. E si è riprodotto immutato nel corso del 2016.
Infine, il fatto che le ong e le attività di soccorso non costituiscano un fattore attrattivo determinate è ulteriormente corroborato dall’aumento del 46 per cento degli attraversamenti avvenuti nel 2016 lungo la rotta del Mediterraneo occidentale (anche in questo caso soprattutto da nazionalità africane), dove non esistono affatto operazioni di soccorso in mare condotte dalle ong.
È vero che in alcuni casi avete attraversato le acque libiche spegnendo i trasponder?
No, episodi di questo genere non si sono mai verificati sulle nostre navi.
Esistono contatti tra le navi delle ong e soggetti presenti in Libia? Nelle settimane scorse si è parlato di un colloquio radio tra «persone a terra in Libia» e altre su una nave. Da quest’ultima sarebbe stato affermato: «Potete mandarli… Noi siamo qui…».
Lo ripeto: le nostre navi operano nella piena legalità, sotto il coordinamento della Guardia costiera italiana e in linea con la normativa internazionale. Medici senza frontiere non ha contatti e non scambia mai alcuna informazione con i network di trafficanti che operano in Libia o in altri paesi.
UPDATE: The #Prudence has left port and will be where it is needed most by Monday. NGO SAR boats make the difference between life and death. pic.twitter.com/cl1ppgBIn1
— MSF Sea (@MSF_Sea) 13 maggio 2017
Il governo sembra aver reagito alle accuse in ordine sparso: chi schierandosi con le ong, chi con la Procura. Avete l’impressione che dalle istituzioni manchi supporto alle vostre attività?
La nostra presenza in mare, come quella di altre ong, è il risultato di un fallimento, quello dell’Europa e dei suoi stati membri nel gestire in maniera umana ed efficace i flussi migratori. Da una parte, ci sono le restrizioni di accesso legale che ancora oggi rendono praticamente impossibile chiedere protezione internazionale in Europa e che costringono chi fugge ad affidarsi a trafficanti senza scrupoli per avventurarsi in pericolosi traversate per mare.
Dall’altra, si registra una sempre più ingiustificabile assenza, quella di una “Mare Nostrum” europea: un meccanismo dedicato e proattivo di salvataggio di vite umane messo in atto dall’Ue nel Mediterraneo a supporto della meritevole azione svolta dalla Guardia Costiera italiana e degli obblighi legali imposti all’Italia dal diritto internazionale marittimo.
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