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Ungheria. La foto dei detenuti che alzano un muro davanti ai nostri occhi
Uno dei paesi principali, quello che fa più discutere per le scelte politiche e perché sulla rotta dei profughi per raggiungere l’Europa settentrionale è l’Ungheria. Tra le azioni decise dal governo di Viktor Orbán c’è la costruzione di un muro lungo il confine con la Serbia per arginare il flusso di persone che entrano illegalmente
Uno dei paesi principali, quello che fa più discutere per le scelte politiche e perché sulla rotta dei profughi per raggiungere l’Europa settentrionale è l’Ungheria. Tra le azioni decise dal governo di Viktor Orbán c’è la costruzione di un muro lungo il confine con la Serbia per arginare il flusso di persone che entrano illegalmente nel paese portando al collasso, secondo fonti interne, i costi legati al welfare, alle spese per l’accoglienza. Il muro, una volta completato, sarà lungo 175 chilometri e alto quattro metri tra filo spinato, reti metalliche e mattoni. L’Ungheria ha fatto sapere che alla costruzione lavorano 900 persone, tra esercito e detenuti.
Queste foto mostrano bene quanto espresso a parole in centinaia di articoli. Ce n’è una, in particolare, che sembra d’altri tempi, potrebbe essere scambiata per un fotogramma tratto da uno dei film più apprezzati del nostro tempo, Le ali della libertà di Frank Darabont. Eppure è stata scattata l’11 settembre 2015 e un giorno forse verrà ricordata come una delle foto che non si capisce come possano essere state realizzate in un periodo storico dove l’Unione europea aveva cancellato i confini interni e dove internet stava sbriciolando quelli internazionali. Dove era “impossibile essere un’isola di prosperità in un mare di sofferenza”.
Invece bisogna far sapere a tutti che è una fotografia di oggi, bisogna far sapere a tutti cosa sta succedendo in Ungheria e all’interno dei confini dell’Unione europea in queste ore. Non bisogna cedere al “già visto” o al “tanto non cambia nulla”. Natalie Nougayrède, editorialista del Guardian ed ex direttore del quotidiano francese Le Monde, ha scritto che “per evitare che l’Europa si frammenti sulla questione dei profughi, le battaglie d’opinione saranno importanti quanto le trattative tra governi”.
Per questo al posto di muri abbiamo bisogno di ponti fisici, uguali e opposti a quel muro in costruzione in Ungheria. Ponti morali in grado di abbattere le barriere del populismo per evitare di perdere le conquiste raggiunte con fatica dopo la fine della Seconda guerra mondiale.
L’immagine in evidenza è stata scattata l’11 settembre da Christopher Furlong/Getty Images e mostra un gruppo di detenuti ungheresi al lavoro per costruire il muro per fermare i profughi in arrivo dalla Serbia
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