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Yakubu. Voglio restare in Ruanda e immortalare il suo fascino
Non voglio fotografare la Kigali City Tower. Il mondo è già pieno di grattacieli. Voglio immortalare il modo in cui viviamo, proviamo emozioni, danziamo, parliamo. guardiamo, camminiamo, vestiamo e ci acconciamo. Voglio mostrare la cultura e le tradizioni del Ruanda. Questo è quanto ha dichiarato Jacques Nkinzingabo, il giovane fotografo ruandese di successo, conosciuto sotto lo
Non voglio fotografare la Kigali City Tower. Il mondo è già pieno di grattacieli. Voglio immortalare il modo in cui viviamo, proviamo emozioni, danziamo, parliamo. guardiamo, camminiamo, vestiamo e ci acconciamo. Voglio mostrare la cultura e le tradizioni del Ruanda.
Questo è quanto ha dichiarato Jacques Nkinzingabo, il giovane fotografo ruandese di successo, conosciuto sotto lo pseudonimo di Yakubu.
Yakubu ha iniziato a interessarsi di fotografia nel 2009, quando faceva ancora il dj e vendeva cd nelle strade, per poi diventare un fotografo professionale nel 2013, specializzato in fotografia documentaria. Yakubu ritrae principalmente le condizioni ambientali e di vita nel corso degli anni, con particolare attenzione ai gruppi socialmente isolati.
Il fotografo ruandese ha ricevuto la sua prima macchina fotografica professionale, che ancora oggi usa, da Dove Nasir, un suo amico e collega americano. Una volta, Nasir ha chiesto a Yakubu quale fosse il suo più grande desiderio. Ecco cosa ha risposto il fotografo ruandese:
Non voglio andare negli Stati Uniti e nemmeno in Europa. Voglio solo una macchina fotografica!
Yakubu si è reso conto che nonostante la fotografia rappresentasse un mercato in crescita, pochi fotografi ruandesi sono interessati a ritrarre il proprio paese.
Sogno di essere il primo fotografo ruandese a mostrare il mio paese al mondo e a fargli vedere cosa sia veramente il Ruanda. Voglio esibirmi in varie parti del mondo per condividere con i miei connazionali le opinioni positive e l’entusiasmo suscitato dalle immagini che ritraggono la bellezza mozzafiato del nostro paese.
Stanco di sentire associare il Ruanda solamente al genocidio e alla riconciliazione, Yakubu intende far capire agli stranieri e ai ruandesi che la diaspora e il genocidio appartengono al passato:
Occorre sapere che il Ruanda oggi è un paese in rapida crescita, pieno di opportunità e fascino, ma anche in cui non mancano le sfide.
Il suo sogno si sta avverando e la sua prima esibizione si terrà questo autunno presso il Goethe Institut, il centro culturale tedesco di Kigali. Il fotografo ruandese parteciperà anche al Bayimba Festival, una evento che raggruppa diverse discipline artistiche, a Kampala, la capitale dell’Uganda.
La serie raffigura il legame fisico tra i piedi e la terra, esplorando il mezzo di trasporto più essenziale. Camminare è sempre stata un’abitudine radicata in Ruanda, in particolar modo nelle zone rurali, dove camminare fino a 10 km al giorno per vendere la merce è una consuetudine. A tal proposito, Yakubu commenta:
Cerco di ritrarre i piedi consumati che hanno percorso lunghe distanze per mostrare che, nel corso del tempo, il legame con la terra ha lasciato un segno fisico indelebile sui piedi dei ruandesi.
La serie esplora lo sviluppo del Ruanda, in quanto Yakubu ritrae nelle sue immagini dei piedi che calpestano le terre rosse della campagna fertile, ma anche le strade d’asfalto della capitale, nel distretto finanziario di Kigali.
Yakubu si focalizza anche sulle acconciature locali, come ad esempio la moda dei dreadlock e l’evoluzione dell’acconciatura tradizionale ruandese, definendoli come “hair liberation”. Il fotografo sostene che la sceltà della propria acconciatura sia sinonimo di libertà.
Secondo il fotografo ruandese, la creatività e l’imprenditorialità sono fondamentali per la rinascita del suo paese. Grazie alla descrizione del fascino del Ruanda contemporaneo, tramite un forte impatto visivo, Yakubu si dimostra un vero e proprio ambasciatore di #TheAfricaTheMediaNeverShowsYou, la campagna di Twitter che mira ad offrire una visione alternativa agli stereotipi sull’Africa come continente afflitto, fornendo un’immagine più vivace del continente.
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