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I sussidi ai combustibili fossili come fonte d’energia, si legge nel nuovo World Energy Outlook della International Energy Agency, hanno raggiunto i 550 miliardi di dollari nel 2013. Più di quattro volte quelli elargiti a favore delle energie rinnovabili. Un ostacolo agli investimenti in efficienza e in fonti pulite. E se si calcolassero anche i costi
I sussidi ai combustibili fossili come fonte d’energia, si legge nel nuovo World Energy Outlook della International Energy Agency, hanno raggiunto i 550 miliardi di dollari nel 2013. Più di quattro volte quelli elargiti a favore delle energie rinnovabili. Un ostacolo agli investimenti in efficienza e in fonti pulite. E se si calcolassero anche i costi ambientali e alla salute, la cifra decuplicherebbe.
L’International Energy Agency è un’agenzia intergovernativa – non un’associazione ambientalista. È l’agenzia dei Paesi sviluppati che elabora scenari sulle questioni energetiche. Per fare qualche esempio, secondo la Iea circa 2 milioni di barili al giorno di greggio e di prodotti raffinati vengono utilizzati in Medio Oriente per generare elettricità. Ma in assenza di sussidi, le principali fonti rinnovabili sarebbero competitive rispetto alle centrali elettriche alimentate a petrolio.
In Arabia Saudita, il costo in più di un’autovettura due volte più efficiente rispetto alla media delle vetture circolanti è recuperabile in 16 anni: questo periodo di ritorno dell’investimento si ridurrebbe a 3 anni se la benzina non fosse sussidiata.
I sussidi alla produzione di combustibili fossili in Italia arrivano a 2,7 miliardi di euro l’anno.
Messo così, il World Energy Outlook 2015 pubblicato il 10 novembre sembra più una denuncia sugli abusi degli aiuti pubblici a petrolio, gas e carbone. I sussidi alle fonti fossili – vi si legge – hanno raggiunto i 550 miliardi di dollari nel 2013, più di quattro volte quelli elargiti a favore delle energie rinnovabili, frenando così in modo surrettizio gli investimenti in efficienza e in fonti pulite.
Cinque anni fa era ancora peggio. I sussidi ammontavano a 523 miliardi di dollari, in aumento di circa il 30% rispetto al 2010 ed erano addirittura sei volte superiori agli incentivi erogati a favore delle fonti rinnovabili. Già allora nel World Energy Outlook 2011 dell’Iea si leggeva: “I sussidi alle fonti fossili, aumentati a causa del rialzo dei prezzi del greggio, continuano ad essere prevalentemente concentrati in Medio oriente e nord Africa, dove la spinta verso una loro riforma sembra essersi esaurita”.
La stima della Iea non tiene conto degli aiuti indiretti, cioè del fatto che l’industria delle fossili non paga, bensì scarica sulla collettività le esternalità negative, cioè i danni a salute, ambiente e clima che produce. Per non parlare delle guerre.
Se si calcolassero anche questi aspetti, come di recente ha fatto il Fondo Monetario Internazionale, risulterebbe che a petrolio, gas e carbone vanno aiuti pubblici, diretti e indiretti, per 10 volte tanto: 5.300 miliardi di dollari all’anno, vale a dire il 6,5% del Pil mondiale e 10 milioni di dollari ogni minuto.
Le emissioni mondiali potrebbero iniziare a calare già nel giro di 5 anni e senza costi aggiuntivi. Ma solo se, sottolinea la Iea nel suo Special Report on Energy and Climate Change, i governi taglieranno i sussidi alle fonti fossili, evitando di costruire nuove centrali a carbone e puntando su rinnovabili ed efficienza energetica. Eliminando tutti questi sussidi impliciti ed espliciti le emissioni di gas serra calerebbero del 20%, e sarebbe un passo avanti decisivo nella lotta al riscaldamento globale.
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