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Greenpeace: Amazon e Netflix in ritardo, i colossi cinesi ancora a carbone
Internet e il settore information technology (It) consumano il 7 per cento di tutta l’elettricità mondiale, con una stima di crescita al 12 per cento entro quest’anno. Una domanda che crescerà all’aumentare della rete a livello globale e dei dati scambiati all’interno di essa. Sono questi alcuni dei dati riportati dall’ultimo rapporto “Clicking Clean:Who is Winning
Internet e il settore information technology (It) consumano il 7 per cento di tutta l’elettricità mondiale, con una stima di crescita al 12 per cento entro quest’anno. Una domanda che crescerà all’aumentare della rete a livello globale e dei dati scambiati all’interno di essa. Sono questi alcuni dei dati riportati dall’ultimo rapporto “Clicking Clean:Who is Winning the Race to Build a Green Internet?”, redatto da Greenpeace.
La ricerca prende in esame i vari attori della rete a livello globale, dai provider di servizi, ai big di internet, alle piattaforme di video streaming. Ne risulta un quadro spaccato, con un forbice molto ampia. Se da un lato colossi come Apple, Google e Facebook stanno lavorando o hanno già raggiunto il 100 per cento di impiego di energia rinnovabile per alimentare i propri data center, dall’altro piattaforme come Amazon e Netflix risultano essere ancora in ritardo. Senza contare i big asiatici, come Alibaba, Baidu e Tencent, che alimentano i propri server col carbone.
I più virtuosi
Il peso nel mercato energetico di una tra le industrie più energivore del pianeta è dunque evidente. Ed evidenti sono le implicazioni future: se le maggiori società scegliessero di utilizzare fonti rinnovabili per alimentare i propri data center, aumenterebbe ulteriormente la domanda di energia rinnovabile, ridurrebbe di conseguenza l’uso di combustibili fossili.
È quello che stanno facendo Apple, Google e Facebook già da tempo. Tanto che il primo motore di ricerca al mondo quest’anno raggiungerà il 100 per cento di energia rinnovabile per i propri server. Nel ranking stilato da Greenpeace figurano in positivo anche le piattaforme di messaggistica, come Skype o Whatsapp, mentre tra i social network, oltre ai già citati, si posizionano Instagram e Linkedin. Male invece Twitter, con appena un 10 per cento di energia rinnovabile e Amazon Web Services, con un 17 per cento. “Nonostante gli annunci in fatto di rinnovabili, Amazon continua a mantenere i suoi clienti all’oscuro circa le proprie decisioni energetiche”, ha dichiarato Luca Iacoboni, responsabile campagna clima ed energia di Greenpeace Italia in una nota stampa. “Tutto questo è alquanto preoccupante, soprattutto se teniamo conto che l’azienda sta allargando le proprie attività in aree geografiche in cui sono utilizzate prevalentemente energie sporche”.
Con Netflix è aumentato lo streamig video
Ma il grosso dei consumi proviene e proverrà dallo streaming video. Secondo Greenpeace infatti “nel 2015 lo streaming di video ha pesato per il 63 per cento sul traffico totale internet, cifra che secondo le previsioni 2016 di Cisco Network Traffic nel 2020 dovrebbe raggiungere l’80 per cento”.
E tra le piattaforme di streaming non si può non citare Netflix, una delle più importanti al mondo e in continua crescita, anche in Italia. La società ingloba un terzo del traffico internet in Nord America e contribuisce in maniera significativa alla domanda di dati per lo streaming video. “Nel 2015 – scrive Greenpeace – l’azienda aveva annunciato l’intenzione di controbilanciare completamente le proprie emissioni di CO2, ma un’analisi più attenta ha rivelato che sta solamente comprando crediti di compensazione delle emissioni, senza aumentare gli investimenti in energie rinnovabili, l’unico modo per ottenere un futuro pulito”.
“Al pari di Apple, Facebook e Google, Netflix è uno dei più grandi attori della galassia di internet e gioca un ruolo chiave nel decidere con quale energia questo settore vada alimentato”, ha commentato Iacoboni. “Netflix deve dunque prendersi la responsabilità di assicurare che la sua crescita sia alimentata da energia rinnovabile, non da combustibili fossili, e deve porsi come capofila su questo tema”.
La rete cinese va a carbone
C’è poi il web asiatico, nel quale esistono servizi fotocopia di quelli occidentali, che per lo più risultano vietati in terra cinese. Da Alibaba a Baidu, le percentuali di rinnovabili cadono drasticamente (5 per cento tra solare ed eolico) mentre cresce l’utilizzo del carbone, che si aggira intorno al 67 per cento del totale. Non se la passa bene nemmeno Samsung, con una quota di carbone al 29 per cento.
Motivo in più per l’ong per chiedere “alle grandi aziende IT di sviluppare strategie che incrementino l’offerta di energia rinnovabile, sia attraverso investimenti diretti che tramite azioni di pressione sui fornitori di elettricità e sui decisori politici”.
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