Pezzi unici che conservano la patina del tempo e la memoria della loro storia con legni e metalli di recupero: è il progetto di design sostenibile di Algranti Lab.
La casa dei runner
Praticare assiduamente uno sport come la corsa implica il visualizzare se stessi come soggetti essenzialmente dinamici, avvezzi ad abitare il mondo, ad esplorarne i variegatissimi scenari naturali, a comportarsi come ospiti provvisori di habitat mutevoli, ancor prima che come inquilini stanziali delle quattro mura domestiche. Ecco perché la categoria sociologica dei runner appare contraddistinta innanzitutto
Praticare assiduamente uno sport come la corsa implica il visualizzare se stessi come soggetti essenzialmente dinamici, avvezzi ad abitare il mondo, ad esplorarne i variegatissimi scenari naturali, a comportarsi come ospiti provvisori di habitat mutevoli, ancor prima che come inquilini stanziali delle quattro mura domestiche.
Ecco perché la categoria sociologica dei runner appare contraddistinta innanzitutto da una visione rilassata, minimalista e per lo più intimista dei propri spazi casalinghi, spesso e volentieri vissuti con un elevato tasso di consapevolezza ecologica e ambientale.
Eleggere domicilio nel luogo in cui si andava a correre
“Dedicarmi alla corsa mi ha indotto innanzitutto a riappropriarmi del mio corpo e ad acquisire coscienza dei suoi meccanismi”, racconta Beppe Scotti, promotore del Gruppo Ethos Running Team, squadra podistica che si prefigge l’obiettivo di incoraggiare, sia presso gli agonisti sia rivolgendosi a esordienti o semplici curiosi, l’attività fisica sportiva, accompagnata da un adeguato stile di vita anche alimentare. “Prima di questo percorso introspettivo iniziato nel 2006, avevo giocato per vent’anni a rugby, che dal punto di vista dell’autopercezione corporea equivaleva piuttosto a una sorta di autoscontro.
Al contrario praticare la corsa indirizzandola non solo su strada ma anche e soprattutto ‘off road’, crea l’occasione di addentrarsi in deserti, montagne e paesaggi talvolta impervi attraverso i quali riscoprire e vivere la natura come una sorta di ancestrale ritorno alle origini.
Ne deriva un globale mutamento di prospettiva che pian piano coinvolge ogni aspetto della propria esistenza, e dunque perfino quello abitativo: oggi infatti io non vivo più a Milano, bensì nella campagna vicino a Lecco, in una casa situata proprio nel luogo in cui inizialmente andavo a correre.
È una residenza che mi soddisfa pienamente, concepita privilegiando scelte ambientali sostenibili, come l’edilizia biologica e il recupero degli edifici. In generale prediligo le tonalità tenui e le tinte pastello, ma soprattutto una visione funzionale dell’arredamento, poiché anche rispetto ad esso ho sviluppato un approccio non possessivo ma piuttosto utilitaristico“.
I trofei delle competizioni sportive al posto dei soprammobili
Una forma mentis sostanzialmente condivisa anche da Giorgio Calcaterra, maratoneta pluripremiato capace di aggiudicarsi per ben tre volte il titolo di campione del mondo nei 100 km di ultramaratona.
“Vado a correre due volte al giorno, per un’ora e un quarto al mattino e altrettanto al pomeriggio, sapendo che ogni domenica mi attende una gara”, rivela l’atleta. “Tendo a concepire la corsa non solo come una disciplina che incoraggia il rapporto con la natura e l’attitudine a ricavare da se stessi la propria energia, ma anche come un vero e proprio mezzo di trasporto, che in quanto tale può orientarci verso un mondo più pulito ed ecologico.
Abito a Roma, in città, e, pur essendo personalmente incline ad uno stile di arredamento molto semplice ad essenziale, devo ammettere che in casa mia abbondano sia i trofei delle competizioni sportive vinte, sia gli attestati di partecipazione o i tanti oggetti, dai quadri alle suppellettili, che vengono regalati o conquistati in occasione delle varie gare”.
Per i runner, dinamismo, apertura e condivisione degli spazi
La tempra dello sportivo emerge anche, a sorpresa, dietro l’immediata e collaudatissima verve umoristica di Giovanni Storti, noto attore del trio comico “Aldo, Giovanni e Giacomo”, nonché convinto e documentato sostenitore dei benefici della corsa.
“Ho cominciato a praticarla a cavallo dei cinquant’anni”, spiega Giovanni, “e ritengo mi abbia reso non solo più capace di affrontare il dolore e la fatica, ma anche molto più efficiente nel gestire gli imprevisti e nel distaccarmi da alcuni ingorghi mentali, quali ad esempio la competizione o l’ansia da prestazione sul lavoro.
Io abito a Milano, in un’ex-casa di ringhiera, della quale apprezzo soprattutto la vocazione di spazio dinamico e aperto, in cui la vita del vicinato interagisce tranquillamente con la propria.
L’edificio è abitato da sette-otto famiglie che si frequentano e circolano liberamente, in un’atmosfera di tranquillità scandita da tre grandi terrazze popolate di alberi e fiori. Sul pavimento apprezzo le sfumature, tipicamente italiane, del legno di rovere e di ciliegio, mentre le pareti sono bianche ma adorne di quadri, manifesti, locandine e simili”.
Restare “nomadi” anche da stanziali
Dunque chi ha optato per la corsa come stile di vita e pratica autointrospettiva difficilmente cederà al disagio di luoghi troppo vincolanti ed angusti e soprattutto mai si rassegnerà a circoscrivere alle pareti di casa le coordinate del proprio spazio vitale.
Per chi ha scelto di percorrere il mondo a piedi, o di misurarlo a falcate, l’intimità di un’abitazione potrà rappresentare sempre e solo l’anticamera di un altrove molto più ampio.
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