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Howard Gardner ha dato una concezione dell’intelligenza, che rispetta le peculiarità dei bambini. L’intelligenza è considerata composta dalle varie Intelligenze Multiple
Howard Gardner, noto ricercatore di Harvard, insoddisfatto dall’ortodossa concezione dell’intelligenza come funzione quantificabile, presente in una misura ben definita fin dalla nascita e misurabile in una superficiale mezz’oretta di test, ha dimostrato che la mente è formata da un certo numero di fattori relativamente indipendenti e che l’abilità in una certa area non è predittiva dell’abilità in un’altra.
A partire da ricerche su bambini dotati in una o più forme di arte e su adulti colpiti da ictus che avevano compromesso capacità specifiche lasciandone intatte altre, ha cercato e trovato una definizione migliore di intelligenza umana, ponendo l’accento sulla costruzione di prodotti e di valori cultuali, più che sul concetto standard di intelligenza logico-razionale, intesa come capacità di analisi, calcolo, comprensione dei nessi causa-effetto. A partire da più ampi criteri di osservazione e di misurazione dell’intelligenza, nel 1983 Gardner arriva a una sua definizione più ricca e complessa che include le ormai ben note sette abilità di quella che prende il nome dei teoria delle Intelligenze multiple.
Le intelligenze diventano così sette:
L’intelligenza interpersonale e quella intrapersonale stanno alla base dell’intelligenza emotiva. Mentre le misurazioni standard dell’intelligenza misurano soprattutto l’intelligenza logica e quella linguistica e, a volte, l’intelligenza spaziale, gli altri quattro tipi di intelligenza sono quasi ignorati.
Dopo aver incluso, recentemente, anche quella naturalistica (abilità nella classificazione di oggetti naturali e sensibilità nei confronti delle problematiche ambientali) tra le diverse sfumature di intelligenza, Gardner ne sta prendendo in considerazione una nona, l’intelligenza esistenziale, relativa alla tendenza umana a elevarsi e a riflettere sulle questioni fondamentali che riguardano l’esistenza, la vita e la morte. “Pensatori come il Dalai Lama e filosofi come Sören A. Kierkegaard sono rappresentanti di questo tipo di abilità”, scrive il ricercatore.
L’intelligenza esistenziale è la premessa del pensiero filosofico, l’attitudine al ragionamento astratto, all’analisi delle implicazioni etiche. Si manifesta nella scienza, nella mitologia, nella religione, nell’elaborazione di sistemi filosofici e nelle varie forme d’arte. Gardner fa risalire questa capacità all’età della pietra, quando l’uomo si interrogava sulla realtà cercando di dare risposte in grado di placare il timore nei confronti di ciò che non capiva e di confrontarsi con ciò che sentiva più grande di sé.
Il concetto di intelligenza esistenziale è connesso, da una parte, alla pluralità delle intelligenze e alla capacità di usarle e coordinarle consapevolmente nella vita quotidiana e, dall’altra, dal superamento stesso dei limiti del quotidiano per affacciarsi al trascendente. Non a caso Gardner ha ipotizzato, pur se di sfuggita, anche l’esistenza di una intelligenza spirituale, nel suo ultimo libro Intelligence reframed, riedizione non ancora tradotta in italiano del suo classico Frames of the Mind, scritto nel 1983 e conosciuto in Italia come Formae mentis.
Con la sua Teoria delle Intelligenze Multiple, Howard Gardner ridà dignità e importanza a tutti i diversi aspetti dell’essere umano. Privilegiando solo l’aspetto razionale dell’individuo e le sue capacità quantitative e produttive, infatti, si finisce col perdere il senso della propria identità e del senso stesso della vita, perché privati di tutte quelle componenti affettive, corporee, immaginative, intuitive, etiche e spirituali, che – tutte insieme e insieme a quelle razionali – costituiscono la complessa e ricca totalità del nostro essere.
La sua teoria è diventata ormai una teoria generale dell’educazione che influenza la didattica in molti paesi. Le implicazioni pratiche, e in un certo senso rivoluzionarie di questa concezione dell’intelligenza, sono due: una è che tutti gli uomini possiedono queste intelligenze; e l’altra è che siamo l’uno diverso dall’altro e abbiamo personalità e temperamenti unici perché sono diversi i profili delle intelligenze. Questo si traduce in un invito agli educatori e alle istituzioni scolastiche a guardare gli studenti nella loro unicità, prima di tutto, e nella loro poliedricità; aiutandoli, quindi a sviluppare la capacità di “comprendere”, collegando tra loro informazioni, piuttosto che limitarsi a memorizzarle.
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