Profilazione razziale, xenofobia nel dibattito politico e omofobia nel report dell’Ecri. Tra le sue richieste c’è quella di rendere indipendente l’Unar.
Le 50 persone che possono cambiare il pianeta (secondo The Guardian)
Il quotidiano inglese The Guardian ha affidato a un comitato di esperti il compito di elencare, tra molte nomination, le figure chiave per cambiare il mondo. Per salvarlo.
Imprenditori, politici, attivisti, studiosi. Sono loro le persone che – secondo un ampio sondaggio condotto da The Guardian – col loro lavoro concreto stanno contrastando le immagini che hanno un po’ contrassegnato il 2007: scioglimento dei ghiacci, indondazioni, siccità.
Nella lista un agricoltore indiano, il più grande genetista del mondo, un romanziere, un regista, ingegneri e architetti, nonché uno scienziato che ha persuaso un presidente africano a far di un decimo del suo paese un parco nazionale.
19 le nazioni rappresentate. Uno su cinque è statunitense, uno su tre da un paese in via di sviluppo. E c’è un italiano.
Molti dei nomi in elenco si caratterizzano per l’impegno specificamente ambientalista.
Paul Watson è l’uomo che le baleniere
giapponesi, i cacciatori di foche canadesi e i pescatori di frodo
di mezzo mondo temono di più: cofondatore di Greenpeace, ha
fondato Sea Sheperd ― una società di vigilanti pattugliatori dei mari.
Angela Merkel, cancelliere tedesca: “la
velocità con cui la Germania sotto la Merkel sta perseguendo
gli obiettivi contro il cambiamento climatico è imbarazzante
per gli altri paesi”.
Il finanziere Bob Hertzberg, 53 anni,
capostipite di una nuova generazione di investitori (la sua
Renewable Capital finanzia produttori d’auto elettriche, aziende
d’energia solare e wind farm).
Amory Lovins, fisico americano, teorico col suo
Rocky Mountain Institute dell’efficienza energetica e della
riduzione dell’impatto ambientale.
I ministri dell’ambiente brasiliano, Marina
Silva per la sua fermezza contro la deforestazione, e
quello australiano, l’ex rocker Peter Garrett
(come primo atto del nuovo governo, pochi giorni fa l’Australia ha
aderito al protocollo di Kyoto).
La premio Nobel Wangari Maathai, che ha fondato
il movimento della Green Belt facendo piantare un milione di alberi
in Africa dalle donne, unendo la loro emancipazione
all’ecologia.
Ci sono gli americani Al Gore e anche Leonardo Di Caprio – uno, portavoce simbolo delle preoccupazioni per il clima, fresco di vincita prima dell’Oscar poi del Nobel, l’altro ha fatto nascere una fondazione ambientalista, è andato agli Oscar con la Prius e ha prodotto un sorprendente documentario (Eleventh Hour) sullo scioglimento dei ghiacci polari.
C’è il regista cinese Jia Zhangke, autore di un documentario sulla devastante diga delle Tre Gole, e – sempre cinesi – un ingegnere autore di uno studio sul Fiume Giallo e uno scrittore nel cui sito Internet si trovano nomi e cognomi delle società che inquinano di più.
Il sindaco di Londra Ken Livingstone, che vuole tagliare del 60% le emissioni di CO2 della città ma anche un giovane attivista inglese, 22enne, arrestato più volte per
le manifestazioni.
L’architetto Ken Yeang, il maggiore ideatore di “grattacieli verdi”, cioè energeticamente autosufficienti, al mondo.
C’è anche il nome un po’ sorprendente di Bjørn Lomborg, statistico, l’ambientalista
scettico del 2004, visto come un salutare contrappeso all’entusiasmo (a volte fanatico) degli ambientalisti.
L’italiano in lista è Carlo Petrini – il fondatore del movimento internazionale Slow Food, segnalato da Vandana Shiva. Non si tratta, conclude The Guardian, solo di difendere le piccole produzioni tipiche, la sardina o il parmigiano: “il movimento Slow Food oggi è presente in 100 Paesi e sta combattendo la cultura del fast food e delle multinazionali del settore agroalimentare, responsabili di gravi danni per l’ambiente”.
The Guardian: 50 people who could save the planet
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