Dopo l’era del carbone e l’era del petrolio, ora ci stiamo muovendo a velocità sostenuta verso l’era dell’elettricità. Grazie all’energia rinnovabile.
Negli Stati Uniti il nucleare è in rosso, per sopravvivere ha bisogno di incentivi pubblici
Negli Stati Uniti il nucleare subisce la competizione del gas naturale e delle rinnovabili. L’unica possibilità per continuare a mantenere impianti obsoleti e fuori mercato rimane quella di ricorrere ai finanziamenti statali.
Il nucleare è sempre più in crisi. Negli Stati Uniti sono attualmente in funzione 99 reattori nucleari distribuiti in 30 Stati. L’energia nucleare contribuisce al 60 per cento dell’energia carbon-free americana ma è sempre più fuori mercato. Nelle ultime settimane, un altro annuncio dimostra le difficoltà del settore. Il proprietario dell’impianto “Three Mile Island”, la Exelon Corporation, ha rivelato l’intenzione di chiudere i battenti entro il 2019 a meno che lo Stato della Pennsylvania – dove ha sede la centrale – non decida di metterci i soldi per finanziare il salvataggio.
Chiude la centrale protagonista del più grave incidente nucleare americano
Più di cinque anni di perdite hanno spinto la società energetica con sede a Chicago ad annunciare la chiusura del Three Mile Island, centrale nota alle cronache per l’incidente nucleare del 28 marzo 1979, il più grave avvenuto negli Usa. Alla decisione di chiudere l’impianto ha contribuito anche il fatto di non essere stato selezionato come fornitore garantito di energia alla rete regionale. Questo avrebbe permesso alla società di ricevere il tipo di trattamento e di pagamenti preferenziali che sono applicati in Pennsylvania alle rinnovabili, come l’eolico e il solare. Caduta questa possibilità, ad Exelon non rimane che ricorrere a un salvataggio con soldi pubblici su cui però il Governatore della Pennsylvania Tom Wolf non ha preso alcun impegno nonostante si sia detto preoccupato per i licenziamenti: l’impianto occupa 675 persone e la maggior parte, in caso di chiusura, rimarranno senza lavoro.
La caccia alle risorse pubbliche per mantenere il nucleare
In alcuni Stati americani, ad esempio in Ohio o in Illinois, la caccia alle risorse pubbliche da parte delle società che gestiscono impianti nucleari ha dato buoni frutti. Exelon, il più grande proprietario nucleare della nazione, ha recentemente ottenuto quasi 2,5 miliardi di dollari dal legislatore dell’Illinois per mantenere in attività tre reattori nucleari nonostante non siano più competitivi nel mercato dell’energia. In Ohio, FirstEnergy sta chiedendo al legislatore di investire 300 milioni all’anno per far continuare l’attività attualmente in perdita dei rettori di Perry e Davis Besse, afflitti anche da gravi problemi strutturali. Un piano di salvataggio che dovrà fare i conti con l’annuncio di FirstEnergy che, sull’orlo del fallimento, ha già detto che venderà i reattori in ogni caso. A peggiorare le cose, i legislatori dell’Ohio hanno bloccato circa 1,6 miliardi di investimenti destinati a costruire otto parchi eolici che ora sono stati messi in attesa non pensando che lo sviluppo di questi parchi potrebbe fornire nuovi posti di lavoro proprio a coloro che inevitabilmente li perderanno con la chiusura delle centrali nucleari di FirstEnergy.
I nuovi posti di lavoro possono arrivare solo dalle rinnovabili
In tutti gli Stati Uniti, le centrali nucleari sono in crisi e subiscono la competizione degli impianti che generano energia elettrica utilizzando il gas naturale, una risorsa abbondante e poco costosa. Negli ultimi anni, un altro concorrente sta diventando sempre più forte: le energie rinnovabili. Eolico, solare e le altre fonti pulite sono sempre più affidabili e a basso costo e creano nuovi posti di lavoro. Alla chiusura degli impianti nucleari, fanno da contro altare gli investimenti di società come Tesla, azienda che sta rivoluzionando il settore dell’energia americana. Dopo aver inaugurato a fine luglio 2016 appena fuori Sparks, in Nevada, una Gigafactory che produrrà batterie al litio per le auto di casa, Tesla sta investendo circa 700 milioni di dollari americani nella costruzione di una nuova Gigafactory nella costa est americana, a Buffalo, nello Stato di New York. Il nuovo impianto che produrrà tegole solari, creerà almeno 500 nuovi posti di lavoro, puliti, remunerativi e sicuri. Altri 1.440 posti sono attesi da spin-off che si prevede nasceranno intorno alle attività di supporto all’impianto.
Nello Stato di New York, l’impegno sul solare macchiato dal salvataggio del nucleare
La nuova Gigafactory a Buffalo è solo una parte di quanto sta accadendo nello Stato di New York che, nonostante il forte impegno sul solare cresciuto di quasi l’800 per cento tra il 2011 e il 2016, ha ceduto alle richieste dell’industria dell’energia nucleare. Il Governatore Andrew Cuomo ha stanziato 7,6 miliardi di dollari nei prossimi 12 anni per mantenere in vita quattro reattori obsoleti di proprietà di Exelon. Il piano di salvataggio è stato duramente contestato in tribunale dai gruppi ambientalisti insieme agli operatori industriali che hanno accusato l’intervento di introdurre concorrenza sleale nel mercato e di alzare il costo finale dell’energia. Se il Governatore Cuomo avesse investito i 7,6 miliardi nelle fonti pulite, avrebbe potuto creare sette gigafactories come quella di Buffalo e New York ne avrebbe ricavato migliaia di nuovi posti di lavoro oltre a mantenere le tariffe elettriche più basse. Un investimento che avrebbe potuto garantire energia pulita e sicura ai cittadini e trasformare la situazione energetica dello Stato oltre a migliorare la situazione occupazionale.
powered by Behind Energy
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Dopo Microsoft, anche Google stringe un accordo energetico con il settore nucleare. Intanto, il fabbisogno dell’ia continua a crescere, crescere, crescere.
Le principali compagnie petrolifere abbandonano l’obiettivo di ridurre la produzione di petrolio e gas. L’ultimo annuncio in questo senso arriva da Bp.
La capacità rinnovabile globale crescerà di 2,7 volte entro il 2030, superando le ambizioni dei Paesi di quasi il 25%. Ma è ancora lontana dal triplicarsi.
Dal 15 ottobre al 1 dicembre, i riscaldamenti si potranno accendere ovunque in Italia. Troppi ancora gli impianti a metano, meglio le pompe di calore.
Si punta arrivare al net zero del 2050 con almeno l’11 per cento di energia prodotta dai nuovi reattori, tutto fermo però sulla gestione delle scorie.
Il 30 settembre, la Ratcliffe-on-Soar, la 18esima centrale più inquinante d’Europa, ha smesso di bruciare carbone. D’ora in poi produrrà idrogeno verde.
L’energia solare continua a battere tutti i pronostici. Per Ember, il fotovoltaico supererà, a livello globale, la maggior le previsioni del settore nel 2024.
Il leader dell’Azerbaigian, che a novembre ospita la Cop29, è stato accolto in Italia come un partner strategico. Cruciali le intese sul gas. Ma non sono mancate le critiche degli attivisti per la linea dittatoriale che continua a perseguire.