La struttura attorno alla centrale nucleare di Chernobyl dovrebbe garantire la tenuta per un secolo. Ma la bonifica resta ancora un miraggio.
Quanta energia nucleare ci arriva in bolletta, a più di trent’anni da Chernobyl
Chernobyl ha dato una scossa alla politica energetica, ma ancora oggi paghiamo energia nucleare in bolletta. Ecco come tagliare con l’energia più pericolosa
La ricorrenza dell’incidente di Chernobyl ha dato l’occasione di ricordare un momento terribile per la memoria di molti, di riflettere sulle conseguenze di una tecnologia intrinsecamente pericolosa, sulla fallibilità umana, di ripensare alle politiche energetiche nazionali.
Se l’Italia, con ben due referendum nel 1987 e nel 2011 ha tirato un sospiro di sollievo sulla localizzazione di centrali termonucleari per produrre energia sul suolo nazionale, molti di noi devono fare ancora i conti, in bolletta, con l’energia atomica. Che ancora paghiamo, direttamente o indirettamente. Chi ha un contratto che prevede esclusivamente l’uso di energie rinnovabili, no. Chi non ce l’ha, sì, ed ecco i due modi in cui ancora paga per l’energia nucleare.
Paghiamo una piccola percentuale di energia nucleare in bolletta
Una quota della bolletta dell’elettricità, se non è certificata da fonti esclusivamente rinnovabili, proviene da impianti nucleari in Svizzera e Francia. Quanta? Dipende dalle oscillazioni del mercato, dalla richiesta interna, dall’importazione. A seconda dei periodi e delle stime. Per esempio nel 2012 la Fuel mix disclosure pubblicata dal Gse (Gestore dei servizi energetici) indicava che il 4,8% dell’energia elettrica immessa nel sistema elettrico italiano era da fonte nucleare, pari a 130 kWh sui 2700 consumati ogni anno dalla famiglia tipo italiana.130 kWh è il consumo annuo, circa, di una lavatrice. L’anno prima era il 3% in meno, cioè dalle centrali atomiche francesi l’Italia aveva importato solo l’1% dell’elettricità totale che consumò. Nel 2013 è balzato al 4,2% e nel 2014 – ultimi dati disponibili – il mix nazionale utilizzato per la produzione dell’energia elettrica immessa nel sistema elettrico italiano ha compreso un 4,6% di fonte nucleare.
Paghiamo aziende che investono nel nucleare
Le maggiori aziende energetiche operanti in Italia hanno tutte investimenti in corso su centrali nucleari. Indirettamente, dunque, i loro clienti sovvenzionano queste politiche industriali, contrarie al volere politico degli italiani.
La tedesca Eon dichiara “Accettiamo la decisione della maggioranza politica della Germania di accelerare l’abbandono dell’energia nucleare e di trasformare il sistema energetico tedesco. Ma anche sotto le attuali circostanze, il nucleare rimarrà nel nostro mix energetico per oltre un decennio – e, sottolineano a malincuore – altri Paesi, non come la Germania, continuano a vedere il nucleare come un’opzione attuale ed economicamente sostenibile”. Noi no.
La francese Edison, della Edf, ha sempre visto il nucleare come una fonte energetica da affiancare alle rinnovabili e al risparmio energetico e, prima del provvidenziale referendum del 2011, avrebbe voluto impiantarci tra cinque e dieci centrali nucleari in Italia, a casa nostra.
L’episodio più clamoroso è dell’Enel, che dieci anni fa ha pensato bene acquistare due vecchi reattori nucleari VVER 440-213, tecnologia sovietica di progettazione ‘ante-Chernobyl’ per 1,6 miliardi di euro. Soldi, manco a dirlo, provenienti dalle bollette della luce degli italiani.
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L’impianto di Chernobyl era composto da quattro reattori da 1000 MW ognuno, che producevano un decimo di tutta l’energia elettrica ucraina. Il primo reattore fu commissionato nel 1977, il secondo nel 1978, il terzo nel 1981, il quarto (quello che subì l’incidente) nel 1983. Si trattava di reattori del tipo Rbmk-1000 (РБМК – Реактор Большой
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