Pezzi unici che conservano la patina del tempo e la memoria della loro storia con legni e metalli di recupero: è il progetto di design sostenibile di Algranti Lab.
Scraps, il riuso creativo degli scarti tessili in mostra a New York
La mostra Scraps, Fashion Textiles and Creative Reuse (ritagli, tessuti di moda e riuso creativo) al Cooper Hewitt Museum di New York fino a aprile 2017 affronta il tema degli scarti dell’industria tessile attraverso il lavoro di riuso creativo di tre artiste internazionali: Luisa Cevese, italiana, Christine Kim, americana e Reiko Sudo, giapponese. Protagonista della mostra
La mostra Scraps, Fashion Textiles and Creative Reuse (ritagli, tessuti di moda e riuso creativo) al Cooper Hewitt Museum di New York fino a aprile 2017 affronta il tema degli scarti dell’industria tessile attraverso il lavoro di riuso creativo di tre artiste internazionali: Luisa Cevese, italiana, Christine Kim, americana e Reiko Sudo, giapponese.
Protagonista della mostra curata da Matilda McQuaid e Susan Brown è il cosiddetto “preconsumer waste”, gli scarti postindustriali, ovvero gli scarti tessili prodotti dalle aziende manifatturiere prima che i prodotti raggiungano i consumatori. Si tratta di un’immensa quantità di materiale che comprende fibre troppo corte per essere tessute, avanzi di fine tessitura, cimose di tessuti, scampoli, errori nella tintura o nella stampa, scarti del taglio degli abiti, prodotti difettosi, avanzi di magazzino invenduti. Materiali nuovi, quindi, che l’industria non utilizza.
L’industrializzazione e gli scarti tessili
Quando era in uso confezionare in proprio o farsi fare dalla sarta gli abiti, gli scarti tessili raramente andavano persi: servivano per rammendi o sostituzioni, o si trasformavano in cuscini e coperte patchwork. Questo panorama è radicalmente cambiato nel mondo occidentale con una forte accelerazione dalla fine degli anni Cinquanta e ora la manifattura degli abiti è diventata quasi totalmente industriale, spostandosi nei paesi in via di sviluppo dove i costi di produzione sono inferiori. Così il potenziale creativo degli scarti si è trasformato in un potenziale fortemente inquinante dell’ambiente.
Gli scarti inquinanti
Seconda solo al petrolio, la produzione tessile e di abbigliamento è l’industria più inquinante nel mondo. Si stima che i soli Stati Uniti producano quindici milioni di tonnellate di scarti solidi all’anno (dati del 2013). L’industria tessile ha la più lunga e complessa catena di produzione di tutti i settori manifatturieri e produce scarti in ogni fase di lavorazione: dalla filatura delle fibre alla tessitura per la produzione dei tessuti, dalla tintura alla stampa, fino alle operazioni di taglio e cucito necessarie per trasformare i tessuti in beni di consumo come abiti o tessuti per l’arredamento.
Il 93 per cento degli scarti “preconsumer” potrebbero essere riciclati, secondo diversi studi, ma nei paesi in via di sviluppo i materiali di scarto vengono mandati alle discariche o agli inceneritori perché risulta economicamente più vantaggioso. Negli Stati Uniti i produttori tessili riciclano il 75 per cento degli scarti di produzione, che vengono trasformati in prodotti di valore minore, come feltro per l’isolamento e imbottiture per l’industria dell’arredamento. La sfida è quella di riuscire a riutilizzare questi scarti trasformandoli in prodotti di alto valore e quindi incentivare i produttori a cambiare rotta.
La mostra Scraps
Attraverso più di 40 opere la mostra esplora gli aspetti chiave della sostenibilità, come l’uso efficiente di materiali e risorse, la conservazione delle tradizioni artigianali locali e l’integrazione delle nuove tecnologie nel processo di riciclo. Le opere in mostra includono accessori da tavolo e borse rimodellate da scarti di seta e cimose da Luisa Cevese, pannelli prodotti da sari jamdani riciclati da Christina Kim, e una varietà di tessuti creati con “kibiso”, una fibra di lusso sviluppata da Reiko Sudo utilizzando parti scartate del bozzolo di seta.
“Raccontare le storie ispiratrici di tre designer donne imprenditrici che provengono da tre continenti diversi aiuta a mettere a fuoco il punto critico dei costi umani e ambientali del consumo di moda”, racconta Caroline Baumann, direttore del Cooper Hewitt Museum. “Offrendo anche soluzioni praticabili per ridurre i rifiuti ed accrescere la sensibilizzazione”.
Luisa Cevese, dare un aspetto umano alla plastica
Luisa Cevese dà nuova vita agli scarti, inglobati in poliuretano trasparente, per creare pezzi unici e accessori per la casa con il marchio Riedizioni, fondato nel 1996. Designer autodidatta, capo della ricerca per un’importante azienda tessile italiana, Cevese ha iniziato a creare tessuti per la moda e gli interni nel 1984, lavorando per aziende come Dolce & Gabbana, Hermès, Chanel e Comme des Garçons. Dopo aver acquisito una certa conoscenza del settore della plastica e della tecnologia ha iniziato a coniugare gli scarti tessili con la plastica di diversi tipi e così è nato Riedizioni.
“Amo lavorare con i rifiuti. Quando ho creato Riedizioni nel mio immaginario c’era il fatto che la plastica fosse un materiale eterno per cui avevo deciso di impiegarla per dare più lunga vita a un prodotto, e in qualche modo scoraggiare il consumismo. E, allo stesso tempo, volevo dare alla plastica un aspetto più umano, più unico. La qualità del materiale plastico impiegato è importante per il prodotto finale. Può essere più duro, spesso, sottile, opaco, trasparente, riciclato o no: offre ai prodotti durabilità, resistenza, flessibilità, impermeabilizzazione e struttura”.
Christina Kim, riciclo al 100 per cento
Attraverso il marchio di moda dosa Christina Kim riutilizza e ricicla sistematicamente residui di lavorazione, impiegati per creare nuovi prodotti. Lavora in tutto il mondo, in particolare in India con comunità artigianali che impiegano tecniche tradizionali, collaborando con artigiani locali che impegna in progetti a lungo termine. Riconosciuta per le sue pratiche di progettazione globale e sostenibile, Kim è stata nominata dalla rivista Time come uno dei migliori innovatori dell’anno nel 2003 e ha ricevuto il premio Innovazione in Craft di Aid to artisans nel 2006.
Reiko Sudo, tecnologia per il riciclo dei tessuti
Nel 1984 Reiko Sudo ha fondato Nuno, un’azienda di design tessile in prima linea sul tema dell’innovazione che unisce la tradizione artigianale giapponese con tecnologie avanzate. I suoi progetti per ridurre i rifiuti includono il riciclo di capi di poliestere per creare nuovi tessuti. Questi sono stati oggetto di mostre in tutto il mondo, dal Museum of modern art di New York, al Museo nazionale d’arte moderna di Tokyo, il Museo del tessuto di Washington e il Fowler museum dell’ateneo Ucla di Los Angeles.
La mostra Scraps celebra la bellezza e la creatività del reinventare i materiali di scarto che non hanno valore economico, sostenendo anche le tecniche tradizionali di lavorazione tessile e il valore della manodopera. E attraverso le storie di successo delle imprese delle tre artiste dimostra che anche economicamente, riciclare conviene.
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