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La salvaguardia del lupo in Italia inizia da qui, dal Wolf Apennine center
La salvaguardia e la protezione del lupo in Italia inizia con l’opera di centri come il Wolf Apennine Center.
Il lupo, il grande predatore, è tornato. E lo ha fatto di prepotenza, come è nell’indole e nell’attitudine di questo abitante dei boschi e delle foreste il cui cammino a fianco dell’uomo ha percorso secoli e civiltà, leggende e tradizioni. Forse non tutti sanno che, nel nostro paese, esiste un centro di riferimento per la sua salvaguardia e per la gestione su scala interregionale: il Wolf Apennine center (Wac) – che fa capo a un ente pubblico (il Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano) ed è dotato di un proprio personale specializzato operante sul territorio con attività di monitoraggio, ma anche di consulenza per altri enti.
La rinnovata presenza del lupo sul territorio nazionale ha sollevato non pochi problemi gestionali, soprattutto per quel che riguarda l’attività predatoria nei confronti del bestiame domestico. La confusione spesso operata verso questo predatore da parte di un’opinione pubblica abituata a vederlo con connotazioni negative e di pericolosità ha ulteriormente contribuito ad avvallare persecuzioni e prese di posizioni nei confronti di una specie per sua natura timida, schiva e decisamente non aggressiva. Ed è stato proprio l’acuirsi del conflitto sociale, l’analisi delle dinamiche locali e il richiamo da parte delle stesse istituzioni che ha portato i componenti del Servizio per la conservazione della natura e delle risorse agro-zootecniche del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano a sviluppare la proposta di istituire un centro permanente di riferimento sul lupo su scala interregionale. Il Wac appunto.
Il Wolf Apennine center e la salvaguardia del lupo
“L’istituzione del Wolf Apennine center, centro permanente di riferimento istituzionale per la gestione del lupo su scala interregionale, si propone di rispondere e riparare ai vari problemi gestionali che coinvolgono questo animale e la sua presenza sul territorio”, spiega Mia Canestrini, zoologa, che con Willy Reggioni, forestale, Francesca Moretti, zoonoma, Luigi Molinari, zoologo e i veterinari Francesca Orsoni e Mario Andreani, compone lo staff del Wac. “La convivenza del grande predatore con il bestiame da allevamento, ma anche con le persone e i centri abitati, deve essere monitorata e rilevata, favorendone l’inserimento e conservandone la specificità”.
Il problema degli ibridi, incroci di cani con lupi che possono “alterare” il patrimonio genetico del lupo, è uno dei tanti aspetti che il centro si è trovato e si trova a dirimere. Il Wac collabora, inoltre, con i centri di recupero degli animali selvatici della regione Emilia-Romagna, come il centro del monte Adone, proprio per quel che riguarda il recupero di lupi feriti, animali vittime di bracconaggio o, ancora, cuccioli orfani o separati dal branco.
“Di questi ultimi – aggiunge Canestrini – seguiamo anche il reinserimento in natura attraverso l’uso di collari gps”. Uno degli ultimi progetti che il Wac sta portando avanti è Mirco Lupo (ovvero, minimizzare l’impatto del randagismo canino sulla conservazione del lupo in Italia) che si propone di assicurare migliori condizioni di conservazione per il lupo agendo, in particolare, sui cani vaganti e randagi che alimentano gravi minacce per la specie. Questo progetto coinvolge cinque partner: il Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano, il Parco nazionale del Gran Sasso e dei monti della Laga, il Corpo forestale dello Stato, la società Carsa edizioni e comunicazione di Pescara e l’associazione Istituto di ecologia applicata di Roma.
Il progetto “si propone di proteggere il lupo dall’ibridazione con una campagna di controllo e trattamento sanitario dei cani vaganti, e con la cattura, la sterilizzazione e il successivo rilascio nel territorio degli ibridi. Il tutto con la collaborazione delle Asl”, continua Canestrini. Il progetto si avvarrà di campagne di informazione e sensibilizzazione sul territorio e dell’istituzione di un comitato consultivo con tecnici, gruppi di interesse e autorità istituzionali. Sempre nelle finalità di Mirco Lupo c’è anche la creazione di una banca dati nazionale per registrare i casi di ibridazione lupo-cane e l’istituzione di una squadra cinofila.
Storie di lupi e di salvataggi
Ma il Wac non è solo questo. Sulla pagina Facebook del centro si leggono le storie degli animali seguiti e aiutati. Ed ecco il cucciolo ritrovato e allattato per un mese e seguito passo passo fino allo svezzamento. Il piccolo – aveva meno di 15 giorni di vita e necessitava ancora dell’allattamento con il biberon – è stato chiamato Muso ed è andato a vivere con un altro cucciolo (Achille) il cui reinserimento non è stato possibile attuare. “Il salvataggio di Muso e Achille è stato un successo per noi che amiamo e difendiamo la natura e i suoi abitanti, ma anche qualcosa che lascia l’amaro il bocca, perché i lupetti saranno destinati a vivere in cattività, anche se protetti e monitorati costantemente nell’arco della loro vita”.
E, fra le storie di ordinaria follia umana, troviamo ancora il ritrovamento della giovane lupa ferita da un colpo d’arma da fuoco, e il cucciolo rinvenuto in una busta di plastica e gettato via come un rifiuto. In ognuno di questi eventi, i ragazzi del WAC – perché poi ragazzi sono, giovani ed entusiasti del loro, spesso, misconosciuto lavoro – erano presenti. Per sostituire l’azione alle parole e contribuire a diffondere conoscenza e informazioni anche con una foto, un filmato, un momento di tenerezza per animali che dell’uomo hanno conosciuto solo il lato peggiore. Perché il fiero esemplare che vediamo svettare sullo sfondo di una luna al suo fulgore e che si prepara a ripopolare i boschi con la sua progenie, è spesso il risultato del loro lavoro e della loro abnegazione. Ricordiamolo quando passeggiamo in un bosco o quando, pieni di rispetto e ammirazione, riusciamo a sentire l’ululato di un lupo in lontananza, più forte e prezioso dello stridore molesto della nostra civiltà.
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