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Primo giorno di colloqui ad Astana sulla questione della Siria. Mosca apre agli Usa di Trump. I ribelli rifiutano di dialogare con il governo di Assad.
I negoziati di pace tra le diverse fazioni che da più di cinque anni partecipano alla guerra in Siria sono stati avviati il 23 gennaio ad Astana, in Kazakistan. “La sola strada per trovare una soluzione – ha dichiarato Kairat Abdrakhmanov, ministro degli Affari esteri della nazione ospitante – passa per il dialogo. Questo incontro rappresenta una dimostrazione chiara degli sforzi profusi dalla comunità internazionale per una soluzione pacifica”.
In realtà presso l’hotel Rixos della capitale kazaca non è presente alcuna delegazione dei ribelli. Questi ultimi, infatti, all’ultimo momento hanno deciso di non incontrare i rappresentanti del governo di Bashar al-Assad: “La prima sessione di negoziati – hanno spiegato – non si svolgerà con confronti faccia a faccia, poiché il governo siriano non ha rispettato gli accordi raggiunti lo scorso 30 dicembre”. Il riferimento è al cessate il fuoco raggiunto alla fine dello scorso anno, che secondo i ribelli sarebbe stato violato a più riprese dall’esercito lealista. L’opposizione ad Assad ha inoltre fatto sapere che “se il processo di pace fallirà, continueremo a combattere”.
Altri assenti di spicco sono le forze curde, che nonostante occupino stabilmente importanti porzioni del territorio settentrionale della Siria, non partecipano alla conferenza di pace per il veto imposto dalla Turchia. È presente invece l’inviato speciale dell’Onu Staffan de Mistura.
A sedere al tavolo dei negoziati, in ogni caso, saranno soprattutto la Russia, l’Iran e la Turchia: i primi due hanno sostenuto Assad nel corso del conflitto, mentre Ankara ha spalleggiato i ribelli. “Il formato della ‘troika’ – aveva d’altra parte dichiarato lo scorso 20 dicembre il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov– ha dimostrato di funzionare”. È dunque questa la strada che vuole seguire Mosca in Kazakistan, prima che i negoziati vengano spostati sotto egida Onu, a Ginevra, a partire da febbraio.
Quanto agli Usa, questi siano stati alla fine invitati – con un gesto che appare legato soprattutto al risultato delle ultime elezioni americane – come sottolineato dal quotidiano francese Le Monde. Inoltre, la presenza di delegati di Washington potrebbe porre problemi con l’Iran, i cui rappresentanti hanno già dichiarato di essere “contrari alla presenza degli Stati Uniti”. Lavrov ha tuttavia ribadito che “gli obiettivi della conferenza di Astana comprendono, da una parte, il consolidamento del cessate il fuoco. Dall’altro l’ottenimento di un accordo per la redazione di una Costituzione e l’organizzazione di un referendum e di nuove elezioni”.
In termini politici, il dato nuovo è rappresentato dal cambiamento di rotta proprio della Russia, che per la prima volta è sembrata distaccarsi parzialmente da Assad. La sorte di quest’ultimo sembra dividere le parti in causa, con ribelli, occidentali e paesi arabi che esigono le sue dimissioni. La loro posizione, tuttavia, è ormai politicamente (e militarmente) debole, e anche la Turchia sembra rassegnata al mantenimento al potere in Siria dell’attuale governo.
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