Nel suo primo giorno da premier britannico, Keir Starmer boccia il piano per deportare i richiedenti asilo in Ruanda

Il piano per trasferire i richiedenti asilo in Ruanda era “morto e sepolto prima ancora di cominciare”, ha dichiarato Keir Starmer appena insediatosi come premier del Regno Unito.

  • Nella sua prima conferenza stampa come premier britannico, Keir Starmer scrive la parola fine sul piano per trasferire i richiedenti asilo in Ruanda.
  • La misura era diventata una bandiera dei vari governi conservatori succedutisi nel tempo, ma era andata incontro a grosse controversie politiche e legali.
  • Pur non essendo mai decollato nemmeno un volo, il costo a carico dei contribuenti britannici è stimato in oltre 360 milioni di euro finora.

Dopo mesi di dibattiti infuocati dentro e fuori dal Parlamento, battaglie legali, appelli delle organizzazioni non governative e costi che nel frattempo aumentavano senza che cambiasse nulla, il piano del Regno Unito per deportare i richiedenti asilo in Ruanda non si farà. Lo ha annunciato Keir Starmer, durante la sua prima conferenza stampa da premier britannico.

Il piano per deportare i richiedenti asilo in Ruanda

Introdotto inizialmente da Boris Johnson durante il suo mandato, il progetto prevedeva – sulla base di un accordo economico stretto con il governo di Kigali – di inviare in Ruanda i richiedenti asilo arrivati nel territorio britannico, indipendentemente dal loro paese di provenienza. E indipendentemente anche dalle motivazioni che li avevano spinti a emigrare: motivazioni che sarebbero state prese in esame direttamente in Ruanda, chiudendo le porte a qualsiasi possibilità di accoglienza nel Regno Unito.

manifestazione invio richiedenti asilo in Ruanda
Una manifestazione contro l’invio dei richiedenti asilo in Ruanda © Dan Kitwood/Getty Images

Il “piano Ruanda” voleva essere un deterrente nei confronti delle migliaia di persone – 120mila dal 2018, di cui oltre 13mila nel primo semestre del 2024 – che attraversano il canale della Manica a bordo di imbarcazioni piccole e insicure, per cercare opportunità di vita migliori nel Regno Unito. Da subito le organizzazioni non governative lo hanno duramente contestato perché, a detta loro, contraddice gli obblighi del Regno Unito ai sensi del diritto internazionale e della Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati.

L’iter della legge è stato estremamente travagliato, sia in Parlamento – dove l’ok, tutt’altro che scontato, è arrivato solo il 22 aprile – sia nelle aule dei tribunali, con le sentenze contrarie da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo e della Corte suprema. Ma i vari esecutivi conservatori succedutisi nel tempo – guidati prima da Boris Johnson, poi da Liz Truss e Rishi Sunak – ne avevano ormai fatto una loro bandiera.

Il “no” del nuovo premier britannico Keir Starmer

Con le elezioni generali anticipate del 4 luglio, nel Regno Unito è cambiato tutto. Perché, dopo quattordici anni consecutivi al potere, i conservatori hanno incassato il loro peggior risultato dal 1832, con appena 120 seggi contro i 412 del Partito laburista.

“Il cambiamento inizia ora”, ha promesso il nuovo premier Keir Starmer, ex-avvocato che ha lavorato a lungo nel campo dei diritti umani. E l’ha voluto dimostrare già nel corso della sua prima conferenza stampa dopo l’ingresso al numero 10 di Downing Street, decretando la fine del piano per trasferire i richiedenti asilo in Ruanda. “Era morto e sepolto prima ancora di cominciare”, ha dichiarato. Il piano Ruanda – ha aggiunto – sarebbe stato comunque inefficace anche come deterrente, perché era applicabile soltanto all’1 per cento delle persone arrivate a bordo di piccole imbarcazioni.

Anche il nuovo governo laburista, nel suo manifesto elettorale, ha promesso di affrontare l’emergenza immigrazione, ma andando piuttosto alla ricerca delle organizzazioni criminali che gestiscono le rotte. Quello che rimane a carico dei contribuenti britannici è il conto da pagare, stimato finora in oltre 360 milioni di euro, pur non essendo mai decollato nemmeno un volo diretto verso il paese africano.

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