Politiche frammentarie, discontinue e incerte. Così sull’elettrico l’Italia fa peggio persino della Grecia. Ne approfitta la Cina, che allarga l’offerta; ultimo caso la BYD Sealion 7.
10 buone (e meno buone) notizie sull’auto successe nel 2024
Il 2024 è stato un anno difficile per l’auto e in genere per la mobilità. Notizie per la maggior parte negative. O forse no? Questa è la nostra lista di cose buone (e meno) successe quest’anno.
Che l’auto stia attraversando uno dei momenti più complessi della sua intera esistenza è sotto gli occhi di tutti. Quando ci si informa sull’auto (elettrica o meno) e sulla mobilità, talvolta si ha l’impressione di confrontarsi con una serie interminabile di notizie negative e previsioni sconfortanti. Ma la realtà è fatta anche di altro: progressi tecnologici, transizione ecologica, innovazione, riduzione emissioni, più sicurezza. Per questo, abbiamo scelto di chiudere il 2024 con 10 buone (e meno) notizie sull’auto e la mobilità per riflettere su quel che di positivo abbiamo fatto e su quello che invece ci resta ancora da fare.
Gennaio: l’annuncio degli incentivi per l’elettrico
Parliamo degli incentivi auto previsti per il 2024. L’anno si apre con una possibile good news attesa da chi ha in programma di cambiare l’auto, per passare magari (e finalmente) a un’elettrica. Già, il “se” per ora è d’obbligo, almeno fino al primo febbraio, quando in un incontro presieduto dal Ministro per le Imprese ed il Made in Italy, Adolfo Urso, verrà illustrato il nuovo piano sugli incentivi per il settore auto. Se tutto venisse confermato, in caso di rottamazione di una vettura fino a euro 2 potrebbe arrivare un contributo pari a un massimo di 13.750 euro per l’acquisto di un’auto elettrica con un tetto di spesa massimo di 35mila euro esclusa iva. A fare la differenza sarà anche la fascia di reddito di appartenenza, fino a 13.750 euro per chi ha un reddito familiare inferiore a 30 mila euro, 11mila euro se l’Isee supera i 30 mila euro. Insomma, un meccanismo che (finalmente) intende sostenere il passaggio all’elettrico delle famiglie a reddito medio-basso, sperando che non finisca come nel 2023, quando 320 milioni di incentivi sono rimasti inutilizzati… Se state pensando di cambiare auto e volete trarre i maggiori benefici, tenete presente che la misura tende a premiare le minori emissioni di CO2, con i maggiori incentivi a partire dalle già citate elettriche, passando alle ibride plug-in nella fascia di emissioni tra 21 e 60 g/km, infine le full hybrid, mild hybrid e le termiche che emettono da 61 a 135 g/km di anidride carbonica con contributi variabili da 8 a 10mila euro, con i maggiori benefici economici dedicati alle persone fisiche e a chi rottama un’auto.
Febbraio: Bologna diventa la prima grande “Città 30” d’Italia
Da quando, il 16 gennaio Bologna è diventata Città 30, la seconda in Italia dopo Olbia, l’iniziativa ha diviso l’opinione pubblica, la politica e l’informazione. Ma proviamo a fare il punto. Il progetto Città 30, ossia il limite di 30 chilometri orari per la maggioranza delle strade cittadine, con multe per i trasgressori che vanno da un minimo di 30 euro ad un massimo di 845 euro, è stato voluto dal sindaco di Bologna Matteo Lepore. A una settimana circa dall’entrata in vigore ufficiale (e a sei mesi dall’avvio della sperimentazione), se sono state poche, almeno per ora, le sanzioni emesse, molte di più sono state le polemiche. Diciamo subito che Città 30 non riguarda solo il limite di velocità, ma include un ripensamento della segnaletica verticale e orizzontale, oltre agli interventi di messa in sicurezza di marciapiedi, strade e aree pubbliche. Insomma, un’iniziativa a favore delle persone.
E invece… Il ministero dei Trasporti, dopo aver finanziato l’iniziativa, ha preso una posizione di netta contrarietà: “Costringere un’intera città a bloccarsi a 30 all’ora rischia di essere un danno per tutti, a partire da chi lavora, senza benefici proporzionali in termini di sicurezza ed emissioni – ha detto il ministro Matteo Salvini. Ma chissà se a Salvini sono chiare finalità e vantaggi delle Città 30? Il provvedimento, che non serve certo a dar risalto al cinguettio degli uccellini (come ha ironizzato Salvini sui social), si è dimostrato in molti casi la strategia migliore per ridurre gli incidenti stradali e la loro gravità. Da quando un limite analogo è in vigore a Londra, la capitale britannica ha ottenuto risultati positivi: -25 per cento di collisioni, -25 per cento di morti e feriti gravi, -36 per cento le collisioni con utenti vulnerabili, -63 per cento i pedoni investiti.
Marzo: per Eurostat siamo il Paese con il più alto livello di motorizzazione d’Europa
L’Italia è il Paese ad avere il più alto livello di motorizzazione dell’Unione europea. Un primato non esattamente felice, come vedremo a breve. A dirlo è Eurostat, l’Ufficio statistico dell’Unione europea, che ha pubblicato la classifica relativa alla densità di autovetture rispetto alla popolazione per l’anno 2022. Una classifica in cui l’Italia compare al primo posto, con un numero da record: 684 auto per 1.000 abitanti, a fronte di una media europea di 560 auto. Sul podio, per così dire, dei paesi più affollati di auto, insieme all’Italia troviamo Lussemburgo al secondo posto, seguito dalla Finlandia.
A titolo di curiosità, la Germania è al 9 posto e la Francia al 13esimo. Ma quali sono gli effetti negativi legati all’alto numero di auto? Diciamo che una situazione di forte dipendenza dalle auto come quella italiana va ad impattare negativamente su vari aspetti. Dal tema delle emissioni alla quantità di spazio pubblico occupato dalle vetture parcheggiate (che rimangono immobili per oltre il 90 per cento del tempo), alla congestione del traffico; pensate che nelle ore di punta, la velocità media è di soli 20 km/h, e poi ci si preoccupa se città come Bologna scelgono di andare a 30 km/h…
Aprile: l’Italia ospita il G7 dei trasporti
Prima di entrare nel merito, un veloce ripassino. Mai sentito parlare del Gruppo dei Sette? Per tutti più semplicemente G7, è un forum che riunisce Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti d’America, oltre all’Unione Europea. Per l’Italia questo è l’anno della presidenza del G7, e il 12 aprile, a Milano, è stata la volta del G7 dei ministri dei Trasporti, con la prima sessione in particolare incentrata sul futuro della mobilità.
All’evento, presieduto dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, si è parlato di temi sì legati ai trasporti, spesso in relazione ai conflitti, alle tensioni geopolitiche, alla cybersecurity. Si è parlato di una mobilità che secondo Salvini e l’Italia deve essere “priva di ideologia, improntata al buon senso, alla neutralità tecnologica, una mobilità che deve lasciare spazio anche al motore a combustione interna, se no, ha spiegato Salvini in conferenza stampa, nei prossimi anni sarà un suicidio economico, ambientale, sociale e industriale”. Insomma, sembra già di vederli svanire i buoni propositi dell’Europa per il 2035.
Il G7 Trasporti avanza promesse ma manca di concretezza. Manca un supporto concreto alle nazioni più vulnerabili per agevolarne un’accessibilità e una vera transizione ecologica. E manca una road map precisa sulla decarbonizzazione dei trasporti. Dai “sette grandi” ci si aspettava un piano Marshall per la mobilità, mentre gli impegni appaiono – almeno per ora – soltanto parziali. Peccato.
Maggio: Usa, una ricerca mostra i vantaggi dell’auto elettrica sulla salute
Mentre in Italia siamo ancora fermi agli annunci (il Governo sugli incentivi aveva dichiarato quasi 800 milioni di contributi a fondo perso per l’acquisto di mezzi a basso impatto ambientale) e non è ancora chiaro quando e con che variabili gli incentivi diventeranno operativi, negli Usa il dibattito sull’elettrico si sposta altrove. Secondo l’ultimo rapporto dell’American Lung Association, attiva nella ricerca sulla salute e la prevenzione connessa alla qualità dell’aria, una massiccia adesione alla mobilità elettrica avrebbe nei soli Stati Uniti enormi vantaggi in termine di salute, in particolare per i bambini, soprattutto per quelli vulnerabili alle malattie respiratorie.
Il rapporto, che fonda le sue conclusioni su un modello che prevede che entro il 2035 negli Usa tutti i nuovi veicoli venduti saranno a emissioni zero (e alimentati solo da fonti rinnovabili), giunge alla conclusione che grazie alla transizione elettrica ci sarebbero 2,7 milioni di attacchi d’asma in meno tra i bambini, 147mila casi in meno di bronchite acuta. Numeri che impressionano. Ma non finisce qui. Perché la ricerca dimostra come una massiccia transizione elettrica avrebbe impatti positivi anche sulla prevenzione, con una riduzione di 2,67 milioni di casi di sintomi respiratori nella popolazione, 1,87 milioni solo nei bambini, con un notevole impatto positivo sulla mortalità infantile.
Giugno: la Formula E dice addio all’Italia
Londra, martedì 11 giugno: “La Formula E, il campionato di monoposto elettriche, annuncia il calendario per la Stagione 2025. E per la prima volta l’Italia non c’è. Brasile, Messico, Arabia Saudita, Stati Uniti, Principato di Monaco, Giappone e Cina, Indonesia, Germania e Regno Unito. Stop. Goodbye Italia! Proprio così, dopo la recente sostituzione di Roma a favore del circuito di Misano Adriatico, il campionato mondiale di Formula E dice addio al Belpaese.
Abbiamo chiesto un commento ufficiale alla FIA, ed ecco cosa ci hanno risposto: “L’Italia è stata un mercato chiave per la Formula E. Tuttavia, con le prestazioni in continua evoluzione delle auto e la programmazione serrata del calendario, trovare la sede e il momento giusti per ospitare un E-Prix per la prossima stagione non è stato purtroppo possibile”. Queste le ragioni ufficiali. Ma per capire se ne esistano altre, dobbiamo fare un passo indietro. Tornare, cioè, a quel 2014, quando una delle principali aspirazioni della Formula E era quella di “accelerare le vendite di veicoli elettrici, correre nelle grandi città del mondo per dimostrare che proprio lì, nelle metropoli più popolose (e inquinate) del mondo, la mobilità elettrica nella sua massima espressione potesse diventare un vero manifesto per il futuro, l’elettrico come contributo alla qualità della vita nelle città.
“La Formula E è una battaglia per il futuro” citava uno dei primi comunicati stampa, 10 anni fa, “le nostre monoposto elettriche apriranno la strada all’auto del futuro”. Nel 2018 scende in campo anche l’Italia, con il primo e-Prix di Roma. La città eterna sulle prime rapisce. Il Palazzo dei Congressi, il Colosseo Quadrato, il Parco del Ninfeo… Il sogno dura, fra alti e bassi fino al 2023, quando sul circuito della Capitale arriva un duro verdetto: “Non è più adatto alle più potenti auto Gen3”. La Formula E prima trasloca nel Circuito di Misano Adriatico. Poi annuncia l’addio. Non a Roma. Nemmeno a Misano. Ma all’Italia.
Una perdita economica. Ma anche di immagine per un Paese che deve colmare un divario culturale e infrastrutturale sulla mobilità sostenibile. D’altro canto la Formula E ha da sempre l’obiettivo di accelerare le vendite di veicoli elettrici, sostenere l’innovazione e la diffusione della mobilità sostenibile. Voi lo fareste in un Paese dove l’elettrico è considerato “un suicidio economico, ambientale, sociale e industriale” (come ha sottolineato più volte ministro dei Trasporti Salvini)?
Luglio: l’Ue approva la Dichiarazione europea sulla ciclabilità
L’Europa approva la Dichiarazione europea sulla ciclabilità. Anche se la notizia non ha avuto molto rilievo, si tratta di un passo fondamentale per la mobilità attiva e sostenibile. L’Europa riconosce infatti per la prima volta la bicicletta come “mezzo di trasporto sostenibile, accessibile, inclusivo, economico e salutare”. Ma vediamo di cosa si tratta. Firmata da Consiglio, Commissione e Parlamento europeo, per la prima volta l’Europa adotta ufficialmente una politica a livello europeo, riconoscendo alla bicicletta un forte valore per l’economia dell’Unione”. Otto i principi fondamentali che le istituzioni possono attuare per sostenere la diffusione dell’uso della bicicletta.
Fra i punti più rilevanti: il ruolo centrale di aziende, istituzioni e organizzazioni nel promuovere l’uso della bicicletta con incentivi al bike to work, fornendo bici/e-bike al personale, parcheggi e servizi; l’uso della bici come vantaggioso per la salute fisica e mentale, che va garantito anche alle persone con disabilità o a mobilità ridotta; la realizzazione di infrastrutture ciclabili, migliori e più numerose; l’incremento degli investimenti; l’aumento della sicurezza stradale. Insomma, anche se la dichiarazione non ha un valore giuridico vincolante, è un passo importante per orientare politiche e investimenti a favore della ciclabilità. Speriamo in un’adesione corale dei paesi dell’Unione
Agosto: gli italiani passano ogni giorno 45 minuti al volante di un’auto
Vi siete mai chiesti quanto tempo passate al volante ogni giorno, magari bloccati nel traffico? Circa 45 minuti. A dirlo una ricerca che stima che il 90 per cento degli italiani si sente “costretto” a usare l’auto quotidianamente a causa di un trasporto pubblico ritenuto poco efficiente. Insomma, più che una scelta, l’amore per l’auto degli italiani sarebbe una costrizione, in controtendenza rispetto agli altri paesi europei, dove l’utilizzo quotidiano del mezzo privato è in calo costante da anni. I dati emergono da una ricerca realizzata per conto di Uber dalla società di ricerca Swg, che lo scorso febbraio ha intervistato 3.800 nostri connazionali per fotografare i principali limiti che frenano la piena adozione di una mobilità sostenibile del nostro paese.
La conseguenza è che in Italia si trascorrono in media 45 minuti al giorno in mezzo al traffico, che salgono a oltre un’ora nelle città più congestionate, come Roma e Napoli; va meglio a Milano, dove il trasporto pubblico soddisfa maggiormente le esigenze dei cittadini, che trascorrono 3 ore in meno in auto a settimana rispetto gli abitanti del capoluogo campano. Cosa potrebbe convincerci ad usare meno l’auto? Una maggiore efficienza dei servizi urbani, un risparmio economico, il desiderio di voler ridurre il proprio impatto ambientale o quello di condurre uno stile di vita meno sedentario.
Settembre: addio incentivi auto. Niente più ecobonus per il 2025
Il Governo, prima annuncia il piano pluriennale per il sostegno all’acquisto di auto sostenibili, poi fa marcia indietro. Proprio così. Dopo il successo degli incentivi per l’acquisto di auto sostenibili dell’estate scorsa, esauriti in 24 ore, il Governo annunciò un piano pluriennale di sostegno. E invece, dalla Nuova Legge di Bilancio la voce incentivi è scomparsa. Che coerenza! Per capirci. Gli incentivi erano stati introdotti per cogliere gli obiettivi di riduzione dell’inquinamento e per contenere la CO2 e sostenere la transizione ecologica dell’auto, nelle sue forme più virtuose, dall’ibrido all’elettrico. Una cosa appare evidente. La transizione energetica non può subire arresti, oggi ci credi, domani non più, vi pare?
Le tematiche ambientali sono una priorità, come stiamo vedendo in questi giorni dagli eventi catastrofici che si stanno registrando. Il dramma vissuto dalla città di Valencia è soltanto un assaggio di ciò che rischiamo senza un’azione immediata e drastica sul clima. L’eliminazione degli incentivi, non solo rallenta la transizione ecologica dell’auto, ma impatta pesantemente anche sulla filiera, facendo aumentare lo spettro della disoccupazione e delle prospettive negative dell’industria nazionale, che invece necessita del pieno sostegno delle Istituzioni per poter innovare e affrontare le sfide del futuro.
Insomma, fra la rielezione di Trump, fortemente scettico sull’elettrico, le tensioni Italia-Europa per rimandare a data da destinarsi quel 2035 che dovrebbe segnare lo stop all’auto benzina e diesel, il crollo di marchi come Volkswagen e i dazi sulle auto elettriche cinesi, non è un bel momento per l’auto.
Ottobre: l’Unione europea conferma i dazi contro le auto elettriche cinesi
Lo avevano detto e alla fine l’hanno fatto. Il 4 ottobre gli stati membri dell’Unione europea hanno confermato il via libera ai dazi doganali sulle importazioni delle auto elettriche cinesi. Fra i paesi contrari anche la Germania che teme una guerra commerciale con Pechino; timore comprensibile, visto la forte presenza di marchi come Bmw, Mercedes e Volkswagen, per i quali la Cina rappresenta il più grande mercato del mondo. Insomma, alla fine, dopo l’annuncio il giugno scorso, la Commissione europea ha deciso di confermare il significativo aumento dei dazi sulle importazioni di auto elettriche prodotte in Cina. Parliamo di un importo fino al 35 per cento, variabile a seconda dell’azienda a cui dovrà essere applicato e che si aggiunge ai dazi già esistenti del 10 per cento. “Balzelli” che complessivamente potrebbero arrivare al 45 per cento sul valore dell’auto e che entreranno in vigore alla fine di ottobre.
Per capire quali saranno gli esiti dei possibili effetti servirà tempo. Chi ne pagherà le conseguenze? I consumatori con tutta probabilità. Ma una riflessione però va fatta: l’obiettivo comune dovrebbe restare la transizione energetica dei trasporti, di cui l’auto elettrica è un tassello fondamentale. La verità è che la Cina, in attesa che l’industria automotive europea si attrezzi con una proposta più ampia e più accessibile di modelli elettrici, potrebbe accelerare la transizione ecologica dell’auto, soprattutto sui segmenti più economici, oggi i più richiesti, magari stimolando proprio l’industria europea. Siamo certi che difendere l’industria automobilistica europea dall’ondata elettrica cinese non finisca proprio per trasformarsi in un clamoroso autogol, rallentando la transizione ecologica dell’auto? Il protezionismo, l’isolamento, le barriere – come abbiamo più volte ribadito qui – non hanno mai sortito effetti positivi. Confidiamo in un ripensamento.
Novembre: il nuovo Codice della strada è legge. Mentre negli Usa il futuro per l’elettrico dopo la rielezione di Trump è incerto
Multe salatissime per chi sgarra al volante. Ma anche molte limitazioni alla micromobilità, e ai sindaci che vogliano istituire le zone a 30 km orari nelle proprie città. Il nuovo Codice della Strada da oggi è legge in via definitiva, dopo essere stato varato come dal Consiglio dei ministri un anno fa e approvato in prima lettura dalla Camera a fine marzo. Un lungo iter che non è servito a porre rimedio ad alcune delle tante critiche mosse da subito da cittadini e associazioni che propugnano una mobilità più sostenibile, soprattutto in città, ma anche a volte dagli automobilisti stessi.
Molti gli aspetti discutibili: dalla stretta (inutile) sui monopattini elettrici che di fatto segnerà l’addio alla micromobilità urbana (che invece ha molti vantaggi, ambientali e non) alle zone a 30 km/h, che in molte città europee sono diventate un simbolo di sicurezza e sostenibilità e che con la nuova legge rischiano invece di rimanere un miraggio in Italia.
Usa: che l’azione sul clima non sarebbe stata al centro dei programmi del 47esimo presidente degli Stati Uniti lo si era compreso già prima del risultato delle elezioni che ha sancito il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump. Già durante la campagna elettorale il leader repubblicano aveva promesso di voler trivellare ovunque, al grido di “Drill, baby, drill!”; “Abbiamo più oro liquido a disposizione di qualsiasi altra nazione al mondo”, aveva dichiarato, alludendo ai giacimenti americani di petrolio.
Una cosa è certa; con la vittoria di Trump l’auto elettrica negli Stati Uniti si prepara a un periodo di grande incertezza. Trump non solo ha promesso di annullare o eliminare molti standard sulle emissioni. Ma nel mirino ci sarebbero anche i crediti federali al consumo che attualmente offrono fino a 7.500 dollari per l’acquisto di un veicolo elettrico. Si annuncia una battaglia contro le politiche di stati come la California che si sono dati l’obiettivo di vendere auto esclusivamente elettriche al 2035, analogamente a quanto deciso dall’Europa. Poi ci sarà il protezionismo con la questione dazi contro le auto elettriche cinesi e chissà, forse anche contro quelle costruite in Europa.
Dicembre: il caso Stellantis, la crisi Volkswagen e la fusione (a sorpresa) fra Nissan e Honda
Cosa sta succedendo nell’industria dell’auto? Prima Carlos Tavares numero uno di Stellantis si dimette. Un’uscita che indica quanto l’intero settore dell’auto sia in difficoltà. Poi gli scioperi alla Volkswagen, dove a inizio dicembre i lavoratori in Germania sono entrati in sciopero, per protestare contro l’annuncio di migliaia di licenziamenti. Infine, Honda e Nissan annunciano la fusione (con annessa, apparente, sorpresa di Renault, prima azionista di Nissan che annuncia di voler “valutare tutte le opzioni in base al miglior interesse suo e dei suoi stakeholder”); le due Case giapponesi hanno firmato un memorandum d’intesa per avviare le trattative su “un’integrazione aziendale” al quale potrebbe aggiungersi Mitsubishi; se fosse potrebbe nascerne il terzo polo auto mondiale dopo Toyota e Stellantis.
Ma la crisi della Volkswagen e del gruppo Stellantis (a cui fanno capo marchi come Fiat, Citroen, Peugeot, Alfa Romeo, Opel e molti altri) e le fusioni a “sorpresa” non sono casi isolati. Anzi, sono il simbolo di una crisi che richiede risposte urgenti a livello politico e industriale. Secondo Bloomberg, le principali case automobilistiche europee, tra cui appunto Volkswagen, Stellantis ma anche l’alleanza Nissan-Renault, stanno affrontando una crisi senza precedenti, con un calo delle vendite del 20 per cento rispetto ai livelli pre-pandemia e una trentina di impianti che operano in perdita.
In troppi hanno guardato per anni l’auto elettrica con sufficienza. Dimenticando che dietro quella difficile transizione c’è un mondo che invece stava cambiando. Manager, e governi, che non hanno visto un altro cambiamento, quello dei giovani, che nell’auto (elettrica o no) non vedono più il simbolo di un passaggio all’età adulta. In tanti, troppi, davanti a un’Europa che parlava con lungimiranza di mobilità sostenibile (noi nel nostro piccolo lo facciamo da oltre 20anni), hanno preferito concentrarsi su quel 2035 che vieta la vendita di auto con motori a combustione, magari sperando in un rinvio, piuttosto che in una soluzione. Il risultato? Oggi i costruttori sono disorientati. E a cascata i consumatori. L’industria dell’auto europea è smarrita. E i governi, quello italiano incluso, non hanno capito che l’auto elettrica non è solo un motore, ma una filiera da valorizzare, fatta di colonnine, produzione di energia, batterie, riciclo. Di sicuro, senza un piano europeo organico, il rischio è che l’industria automobilistica diventi sempre più dipendente da altri paesi, più lungimiranti, come l’Asia appunto. Confidiamo in un veloce ravvedimento; il 2025 si annuncia come uno degli anni più complessi per il futuro dell’auto.
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