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La morte che ha invaso le strade della città al confine col Ruanda per mano dei miliziani dell’M23 ha origini lontane, ma un movente sempre più attuale: la competizione per materie prime critiche, cruciali per la transizione.
L’attentato dell’11 settembre 2001 raccontato da chi l’ha vissuto: le storie di Joan Mastropaolo, Theresa Creedon e Paul Veneto.
Joan Mastropaolo abita nel quartiere di Battery Park, pochi isolati a ovest del World Trade Center. L’11 settembre 2001, come ogni mattina, aveva preso proprio da lì il treno che collega le due sponde del fiume Hudson ed era arrivata in ufficio, a Jersey City. Dalla sala conferenze vedeva chiaramente i grattacieli di Manhattan che si stagliavano contro un cielo limpido, di un azzurro cristallino.
Alle 8:46, la vita di Joan è cambiata: sotto i suoi occhi increduli, con un boato devastante il volo American Airlines 11 si è abbattuto contro il complesso delle Torri Gemelle, a pochi chilometri di distanza dalla sua finestra. “Ricordo il fumo nero che usciva dalla Torre Nord, e le urla dei miei colleghi” ha raccontato Joan a LifeGate in occasione del ventesimo anniversario dell’attentato. “In quel momento, la mia più grande paura era diventata realtà: eravamo sotto attacco”.
Nelle ore successive Joan ha contattato il marito Frank che, come altre migliaia di persone, stava lasciando Manhattan per mettersi in salvo quando il secondo aereo ha colpito la Torre Sud, ricoprendo la città di polvere. I due si sono ritrovati diverse ore dopo, senza parole per ciò che avevano vissuto.
Nel giorno del ventesimo anniversario dell’attentato alle Torri Gemelle, l’America mostra una versione di sé che raramente siamo abituati a vedere: una nazione enorme, ricca e potente improvvisamente toglie la maschera e diventa fragile, vulnerabile. Le bandiere si abbassano a mezz’asta e il Paese si prepara a commemorare le 2,977 persone che hanno perso la vita quel giorno di vent’anni fa.
I sentimenti di unità nazionale, di tristezza ma anche di speranza che avvolgono l’area dell’ex World Trade Center in questi giorni traspaiono nell’infinita lista di eventi, locali o nazionali, che vengono organizzati per ricordare i fatti.
Uno dei tanti esempi è la parata che si è tenuta il 5 settembre a Morristown, cittadina di 20 mila abitanti del New Jersey. Motivo dell’incontro era l’arrivo in città di Frank Siller, rappresentante dell’organizzazione benefica Tunnel to Towers dedicata a supportare le famiglie delle vittime dell’attacco e, più in generale, dei caduti dell’esercito.
Stephen Siller, fratello di Frank, era uno dei 343 vigili del fuoco che l’11 settembre hanno dato la vita per salvare quella degli altri. Quest’anno, per ricordarlo, Frank ha camminato per 800 chilometri dalla Virginia fino al World Trade Center.
Nonostante la giornata di pioggia, gli abitanti di Morristown e delle località circostanti hanno partecipato con entusiasmo alla cerimonia portando con sé grandi bandiere a stelle e strisce e cartelloni con il motto “Never Forget”, un invito a non dimenticare mai ciò che è successo.
Alcuni tra i presenti avevano perso familiari o amici nell’attentato, altri erano vigili del fuoco o pubblici ufficiali in pensione che per l’evento hanno indossato nuovamente la divisa. La maggior parte dei discorsi pronunciati dal piccolo palco allestito nel centro città terminavano con la celebre frase: “God Bless the United States of America”, “Dio protegga gli Stati Uniti d’America”, e quando infine è risuonato l’inno tutti hanno portato la mano sul cuore e hanno tolto il cappello, noncuranti della pioggia che continuava a cadere.
Morristown non potrebbe essere più diversa da New York: distante appena un’ora e mezza di treno, è ricca di spazi verdi e di grandi villette private con portico e giardino. Gli scuolabus passano a prendere i ragazzi, compensando la quasi totale mancanza di trasporti pubblici, e i vicini di casa si conoscono da anni.
Eppure, le storie delle persone che hanno partecipato alla parata sono le stesse dei residenti del West Village o dell’Upper East Side. Per chi è stato testimone dell’attacco, l’11 settembre segna un prima e un dopo, una fine tragica seguita, necessariamente, da un nuovo inizio.
Per Theresa Creedon, anche lei presente alla parata di Morristown, l’attacco dell’11 settembre è stato molto più che una serie di immagini passate in televisione o un articolo su qualche giornale.
In quel periodo John Gorman, fratello di minore di Theresa, lavorava all’ottantunesimo piano della Torre Nord del World Trade Center. Thomas Gorman, un altro fratello, era parte del dipartimento di polizia di Port Authority, con base nel New Jersey. Quando il primo aereo si è schiantato contro le Torri Thom aveva quasi finito il turno, ma è stato richiamato in servizio e ha raggiunto l’area dell’attentato.
“Quando la Torre è caduta è stato come ricevere un pugno nello stomaco, istintivamente ho avuto la sensazione che qualcuno, in famiglia, non fosse più tra noi” ha detto Theresa a LifeGate. Il corpo di Thom non è mai stato ritrovato, e la famiglia ha avuto indietro soltanto la sua fondina e qualche altro oggetto personale.
Nelle ore di terrore seguite all’attacco la famiglia di Theresa si è riunita a casa delle moglie di Thomas, nella speranza di ricevere presto buone notizie. “Non dimenticherò mai il momento in cui, insieme a mio marito, ho dovuto dire ai miei genitori che con tutta probabilità Tom era rimasto vittima dell’attacco. Mio padre si è alzato, ha abbracciato mia madre… è un’immagine forte” ha raccontato.
John Gorman, invece, è sopravvissuto, ma Theresa si riferisce a lui come a uno dei tanti “eroi non celebrati” dell’11 settembre. Nel 2015, infatti, gli è stata diagnosticata una forma di cancro particolarmente aggressiva, che l’ha strappato alla vita nel dicembre del 2016.
Più di 2 mila persone, tra soccorritori e impiegati che lavoravano nel complesso del World Trade Center, sono morte negli ultimi vent’anni a causa delle malattie legate al loro coinvolgimento nell’attacco. Secondo uno studio del network ospedaliero Mount Sinai, per le persone direttamente coinvolte nell’attentato il rischio di contrarre il cancro alla prostata è superiore del 25 per cento rispetto alla popolazione generale, del 41 per cento per la leucemia e del 219 per cento per il cancro alla tiroide.
La causa principale sta nei fumi tossici sprigionati in seguito al collasso delle Torri, carichi di amianto, metalli pesanti e benzene. Joan Mastropaolo ricorda bene la polvere spessa che avvolgeva ogni cosa nel suo appartamento nei giorni successivi alla tragedia. “Le finestre erano distrutte, e tutto era coperto da quasi quattro centimetri di polvere. L’odore era terribile, e l’aria era tanto carica che si poteva tagliare con un coltello” ha detto a LifeGate durante un incontro al 9/11 Tribute Museum, per il quale è volontaria e Board Director.
Secondo Paul Veneto, tra gli eroi non celebrati dell’11 settembre 2001 rientrano anche tutti gli assistenti di volo che erano a bordo degli aerei dirottati. Paul avrebbe potuto essere tra loro: al tempo lavorava come steward per United Airlines, e proprio la sera precedete aveva compiuto la tratta Boston – Los Angeles che si sarebbe poi schiantata contro la Torre Sud.
Per ricordare i colleghi che non ce l’hanno fatta, dal 24 agosto all’11 settembre Paul ha percorso a piedi i più di 500 chilometri che separano Boston e New York, spingendo un carrello portavivande. “Conoscevo tutto l’equipaggio. Dopo quel giorno, il mio lavoro non è mai più stato lo stesso” ha detto a LifeGate una volta arrivato ad Harlem, nel nord di Manhattan.
“Quando le Torri sono cadute, tutti hanno dimenticato ciò che è successo prima, e il ruolo dell’equipaggio di volo. Voglio riconoscere il lavoro di questi ragazzi, far sapere alle loro famiglie che noi li ricordiamo come eroi”.
Oggi la città di New York, e soprattutto la parte sud di Manhattan, è rinata dalle ferite dell’11 settembre 2001. Il luogo in cui un tempo sorgevano le Torri Gemelle è occupato da un Memoriale, inaugurato nel 2011, con un due piscine ai lati delle quali sono incisi i nomi delle vittime. Dal 2014 queste sono affiancate da un museo dedicato agli eventi.
L’area è tornata a vivere anche grazie alla costruzione dell’ormai iconico hub commerciale e ferroviario progettato dall’architetto Santiago Calatrava, e del One World Trade Center, l’edificio più alto degli Stati Uniti.
Passeggiando per Battery Park si vedono banchetti per il cibo da strada, orde di turisti e uomini d’affari in giacca e cravatta che entrano ed escono dagli uffici di Wall Street. Avvicinandosi al luogo del Memoriale, però, tutto diventa più silenzioso, le guide parlano a bassa voce e i turisti camminano lentamente, abbandonando la frenesia che caratterizza le strade circostanti per immergersi nelle migliaia di storie che tengono in vita quel luogo imponente e carico di significati. Nessuno, a suo modo, potrà mai dimenticare.
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