Il dramma risale alla notte tra martedì e mercoledì. Allertati da AlarmPhone, organizzazione di volontari che riceve le chiamate delle imbarcazioni alla deriva nel Mediterraneo, i membri della nave di soccorso Ocean Viking si lanciano alla ricerca di tre gommoni. Sono situati al largo della Libia, ma a più di dieci ore di navigazione da dove si trova la nave gestita dall’associazione Sos Méditerranée.
Il tentativo disperato di salvataggio in mare
Durante il viaggio, l’equipaggio viene informato che la prima delle tre imbarcazioni in difficoltà è stata intercettata dalle autorità libiche. Impossibile localizzare la seconda, così la Ocean Viking si lancia alla ricerca della terza: un piccolo gommone grigio con 130 persone a bordo. Ma il mare è grosso, con onde alte sei metri.
Independent rescue groups say that more than 100 Europe-bound migrants are feared dead in a shipwreck off the Libyan Mediterranean coast. https://t.co/EFwf69aZ7o
“All’alba veniamo informati da un’imbarcazione che pattuglia sul posto che sono stati avvistati tre cadaveri”, ha raccontato al quotidiano francese LibérationMorgane Lescot, che cura la comunicazione sulla nave di Sos Méditerranée. La Ocean Viking si avvicina e la scena che si trova di fronte è sconcertante. Il gommone è rovesciato. Decine di corpi galleggiano attorno. Non c’è neanche un sopravvissuto.
“Questo mare è una fossa comune a cielo aperto”
Lescot non trattiene la rabbia: “Con le autorità libiche non c’è alcun coordinamento. Ci sono troppe poche navi di ricerca a salvataggio nel Mediterraneo. Questo mare è diventato una fossa comune a cielo aperto, la gente annega a un passo dall’Europa e la politica non fa nulla”.
Quello del 21 aprile è solo uno dei tanti drammi che si producono quasi quotidianamente. Ma che ormai quasi passano inosservati, mentre il mondo dell’informazione è invaso da notizie sulla pandemia. Secondo la portavoce dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), Safa Msehli, sono “almeno 172 le persone morte nei tre naufragi”.
Dal 2014 più di 20mila i migranti morti nel Mediterraneo
Il 15 aprile, altri 40 migranti sono morti al largo della Tunisia: “Ciò porta il totale dall’inizio dell’anno a quasi 500 persone, ovvero il triplo di quanto registrato nello stesso periodo del 2020”.
States stood defiant and refused to act to save the lives of more than 100 people.
They pleaded and sent distress calls for two days before they drowned in the blue #Mediterranean cemetery.
La stessa Msehli si è accodata di fatto alle critiche mosse da Lescot: in un tweet ha affermato che “gli stati si sono rifiutati di agire per salvare le vite di oltre 100 persone. Queste hanno implorato aiuto per due giorni, prima di annegare nel cimitero del Mediterraneo”. Dal 2014 sono più di 20mila le persone morte in mare nel tentativo di raggiungere l’Europa dall’Africa.
Con il veliero Trotamar III si allarga la flotta di navi civili di ricerca e soccorso di persone migranti nel Mediterraneo. “Navighiamo contro la fortezza Europa”.
Undici persone sono morte in un naufragio al largo delle coste della Tunisia. 12 invece i dispersi. Una ricerca denuncia il “razzismo” delle istituzioni.
Un nuovo naufragio di migranti nel Mediterraneo è avvenuto al largo della città libica di Homs. Dall’inizio dell’anno sono 896 le persone annegate in mare.
La Louise Michel è la nave della missione umanitaria nel Mediterraneo finanziata dall’artista Banksy. Ha già salvato 89 vite e ora cerca un porto sicuro.
“Ci sentiamo scogli, baluardi dello stato di diritto”. L’intervista a Riccardo Gatti, a bordo con l’ong Open Arms per una nuova missione per salvare i migranti nel Mediterraneo centrale.